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Sergio Citti Un lessico cittiano per conoscerne l’opera

Chi era Sergio Citti? Quale film ha realizzato? Ecco un piccolo glossario per avere un'infarinatura sulla sua opera.

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La 41ª edizione del Torino Film Festival dedicherà quest’anno una retrospettiva a Sergio Citti (1933-2005), per commemorare i novant’anni della sua nascita. Saranno proiettati nove lungometraggi, i due lavori realizzati per la televisione (Il Minestrone e Sogni e bisogni), e alcune chicche rare, come ad esempio il breve “reportage” realizzato all’Idroscalo, dove fu ucciso Pier Paolo Pasolini (1922-1975) pochi giorni prima.

Apprezzato da una parte della critica, quella specializzata, Citti è stato usualmente trattato con sufficienza, e spesso confuso con il fratello Franco (1935-2015). Lo stigma che si è portato quasi fino alla morte, è quello di post-pasoliniano, come diversi necrologi hanno scrtto.

Le sue pellicole, la sua poetica, venivano paragonate all’opera di Pasolini. Citti certamente gli deve molto, ma il “Pittoretto della Maranella”, alunno del Maestro, fu altrettanto fondamentale per lo scrittore friulano. Si conobbero nel 1951, e il loro rapporto di amicizia, di insegnante-alunno e di collaborazione artistica, durò fino al 1975.

Fu Citti, novello Virgilio, a condurlo nei meandri del dialetto romanesco e nelle borgate.

Fu parimenti Citti a fornirgli spunti narrativi, attinti dalla sua vita e/o da quanto ascoltò dal padre o nelle osterie, alla base di alcune opere di Pasolini. Come certi episodi di Ragazzi di vita (1955), Una vita violenta (1959), e soprattutto Accattone (1961), alla cui base c’è anche un sogno di Citti.

A ciò si aggiunge la scena della prostituta con la casa allagata ne La dolce vita (1960) di Federico Fellini, tratta da un fatto realmente capitato a Citti.

SERGIO CITTI da filosofo aiutò

(Titoli di testa, cantati da Domenica Modugno, di Uccellacci e uccellini)

E dopo la morte di Pasolini, Citti divenne una delle memorie dello scrittore, raccontando con affettuose e limpide parole del suo amico e collega. Uno degli omaggi più belli a Pasolini lo si deve a lui.

Ne I Magi randagi (1996), rielaborazione personale del Porno-Teo-Kolossal pasoliniano, una ragazza va a partorire dentro un cerchio di sassi posti su un terreno sporco e ruvido. Il luogo è l’Idroscalo di Ostia, e quel cerchio di pietre rimanda al primitivo monumento che Citti fece qualche giorno dopo l’uccisione di Pasolini.

Questa scena nacque da un sogno, nel quale Pasolini diceva a Citti: “Sergio, vola, vola!”. Dopo vent’anni, Citti si è affrancato dallo spettro del suo mentore/amico, e quel bambino che nasce, forse un Gesù, è la nuova vita.

Per agevolare un approccio all’opera di Citti, a tutt’oggi poco conosciuta, ecco di seguito un lessico cittiano, con alcuni lemmi che possano fungere da vademecum.

Amicizia

Da sempre sono stato affascinato dal sentimento dell’amicizia. Un sentimento antico, che le centinaia di mutazioni (evolutive e involutive) avvenute nella storia dell’uomo non sono riuscite a cancellare.

È una dichiarazione rilasciata da Citti per l’uscita di Fratella e sorello (2005), suo ultimo film, girato nel 2002 ma distribuito soltanto tre anni dopo.

L’amicizia, tra due uomini, è uno dei temi portanti del cinema di Citti. Un sentimento puro, molto differente dall’amore tra un uomo e una donna, che può sfasciarsi. Sono amici Pippo e Peppe in Duepezzidipane (1979), e nemmeno una donna, le zizzanie dei condomini e finanche il destino riescono a spezzare la loro unione.

Sono amici, giustappunto, i due protagonisti di Fratella e sorello, caratterialmente agli antipodi, e si crea rapidamente amicizia nel gruppo de Il minestrone (1981), tutti uniti dalla fame. Amicizia cameratesca anche in Mortacci (1989), con i defunti che ridono del loro nuovo status… vitale. Sono amici i tre saltimbanchi de I Magi randagi, alla ricerca di Gesù, e sono amici il Destino, Dio e il Diavolo in Sogni e bisogni (1985), alla ricerca del quaderno sottratto a il Destino.

È un amicone Salvatore (Fiorello) in Cartoni animati (1998), che aiuta i bisognosi. E nasce un’amicizia tra Rosetta (Annalisa Schettino) e Fortunato (Rosario Ainnusa) in Vipera (2001), che li porterà a vivere nuove avventure.

Bernardino (Ninetto Davoli) e Mammone (Franco Citti) sono due malandri amici, che in Storie scellerate (1973) si raccontano vicendevolmente dei fattacci. Nel medesimo film, c’è anche la sanguigna amicizia tra Peppe Bellomo e Celestino, che non viene intaccata dal tradimento di una donna. Ma allo stesso tempo, in Storie scellerate c’è l’amicizia tradita: Agostino tradisce Don Leopoldo. E sebbene non propriamente amici, Cacchione viene fatto fesso e becco dal compare Chiavone.

Amicizia tradita, per colpa di una donna, in Casotto (1977), quando Gigi (Gigi Proietti), lascia solo Nando (Franco Citti) per seguire Teresina (Jodie Foster) e famiglia. E tradimento anche in Ostia (1970), nel quale il rapporto tra i due fratelli Rabbino (Franco Citti) e Bandiera (Laurent Terzieff) è al contempo fraterno e “omosessuale”. L’arrivo di Scimmia (Anita Sanders) rovinerà il loro solido rapporto.

Borgata

Sergio Citti è stato uno degli ultimi e migliori esponenti della cultura della borgata. Per Pasolini le borgate romane erano mondi astorici, non toccati dall’avanzamento del consumismo, e dove prevaleva la cultura orale.

Se ci sono stati tramandati modi dire, stornelli, gesticolazioni, e anche una visione geografica di certe borgate, è anche merito di Ragazzi di vita, Una vita violenta, Alì dagli occhi azzurri (1965), libri nei quali Pasolini in maniera puntigliosa ha riportato per iscritto quella cultura. Borgate che dalla fine degli anni ’50 verranno lentamente smantellate, in un processo di urbanizzazione capitalista che terminerà nel 1980.

In Accattone vediamo le borgate de il Pigneto e di Villa Gordiani. E in Una vita violenta (1962) di Paolo Heusch e Brunello Rondi, durante i titoli di testa, c’è lo “skyline” del borghetto Prenestino. Villa Gordiani che poi apparirà, rasa al suolo, alle spalle di Sergio Citti nel documentario Pier Paolo Pasolini: Vivre et ancore plus (1974).

Ma nel cinema di Citti non ci sono quelle borgate, proprio perché scomparse. Appaiono nuove “borgate”, da intendere come improvvisati insediamenti di gente povera, soltanto in Cartoni animati. Le baracche in I Magi randagi. Nella già citata scena dell’Idroscalo, sono appunto più un rimando alla scena del delitto Pasolini, che un vero sguardo al presente.

Cantastorie

[…] potrei mettermi […] dentro a un circo con mille persone, e raccontare una storia e sono sicuro che piacerebbe tanto, forse più che andare al cinema, perché quando racconto le storie tutti si innamorano di quello che racconto; raccontando un’idea per un film, e la racconto tante volte agli amici, tutti si mettono lì; la racconto addirittura ad amici pescatori di Fiumicino, eccetera, e si innamorano.

Sergio Citti possedeva il dono dell’affabulazione, e fu questo uno degli aspetti che affascinarono Pier Paolo Pasolini fin dal loro primo incontro. Prima ancora che regista, è un cantastorie. Le sue pellicole hanno una tecnica base, e sono girate come se fossero raccontate a voce.

I personaggi dei suoi film amano raccontare storie. In Ostia Rabbino e Bandiera raccontano a Scimmia il parricidio che hanno commesso. Ne Il fattaccio, 5º episodio di Sogni e bisogni, Amedeo Zampetti (Enrico Montesano) comincia a provare gusto a raccontare agli astanti il delitto che avvenne nell’appartamento dello stabile in cui fa il portiere.

In Mortacci i defunti si raccontano vicendevolmente come sono morti. Ma è in Storie scellerate che la figura del cantastorie che prevale la figura dell’affabulatore. Bernardino e Mammone, alter ego di Sergio Citti, si raccontano delle storie.

Donne

Il cinema di Citti è fitto di figure femminili, a cominciare da Ostia fino a Fratella e sorello. La femminina è tanto angelo quanto diavolo. Tentatrici, frutto irresistibile, paracule… e traditrici. Una visione della donna dettata dal tradimento della madre, che lasciò il padre Santino e i figli per l’amante.

I personaggi maschili cedono facilmente alle grazie delle donne, e poi da esse sono traditi. In Ostia, Scimmia distrugge il perfetto rapporto tra i due fratelli. Nei fattacci narrati in Storie scellerate, la causa è sempre la donna. In Casotto Teresina riesce ad adescare Gigi, lasciando solo Nando.

In Duepezzidipane Lucia (Anna Melato), ama egualmente Pippo e Peppe, però è un’approfittatrice. In Vipera, la donna che dà il nome al film tradisce Leone (Harvey Keitel), che poi farà togliere a Rosetta il bambino che ha partorito. In Fratella e sorello, il “diavolo nero” Andrea cercherà di distruggere l’amicizia tra i due protagonisti.

Epicuro

Ero andato a casa sua, tutta piena di libri. Cominciai a sfogliarne uno. Era Le Massime [capitali, ndr] di Epicuro

Assieme a Platone, Epicuro è alla base del modo di concepire la vita di Citti. Tramite quelle massime filosofiche, il “Pittoretto della Maranella” vide che sebbene il mondo fosse complicato, dove non esiste una sola verità, si può vivere in equilibrio con se stessi e con il mondo circostante.

Benché divenuto regista, quindi un enorme avanzamento di “ceto” rispetto al suo passato di borgataro, Citti è rimasto sempre lo stesso, non cedendo alle corruzioni capitalistiche e consumistiche.

In Cartoni animati omaggerà Epicuro inquadrando il libro [edizione Bur] degli Scritti morali.

Franco Citti

A Franco ho fatto come da tutore. Stavamo sempre insieme. Di me accettava tutto, quasi avesse paura di farmi dispiacere. Pochi fratelli sono andati in giro tanto assieme come noi due.

Il fratello “gemello”, un rapporto tanto stretto quanto diviso. Si sono amati, e per diverso tempo odiati. Gli ultimi anni, quando entrambi furono colpiti da malattie invalidanti (un ictus per Franco, che lo rese muto; due infarti per Sergio, che lo resero sordo e infermo), vissero nella stessa casa di Sergio, a Fiumicino.

Le migliori prove attoriali di Franco, dopo quelle rese nei film di Pasolini, sono quelle nei film di Sergio. È apparso in Ostia, in Storie scellerate, in Casotto, ne Il minestrone, ne I Magi randagi, in Cartoni animati.

Ma il miglior modo per comprendere questo rapporto stretto, è racchiuso nei titoli di testa di Cartoni animati:

“regia di FRANCO CITTI” e sotto “con la fraterna collaborazione di SERGIO  CITTI”

Galera

Sergio Citti è stato in carcere, alcune volte. E anche in riformatorio. Non l’ha mai nascosto. L’ultima volta che fu in carcere, fu nell’estate del 1973, per guida senza patente. Detenzione che non gli permise di presenziare alla proiezione di Storie scellerate al Festival di Locarno.

E la galera appare differse volte nel suo cinema. Luogo non del tutto brutto, perché dentro possono nascere delle amicizie tra uomini. In Ostia i due fratelli finiscono in carcere. In Storie scellerate Bernardino e Mammone  nelle celle di Castel Sant’Angelo. In Duepezzidipane anche Pippo e Peppe vanno in gattabuia, e lì stringono amicizia con gli altri detenuti.

Ne Il minestrone i tre bizzarri protagonisti si conoscono dentro una cella. Nel prologo di Sogni e bisogni, il Destino, Dio e il Diavolo vengono arrestati e messi in carcere, per accertamenti. In Fratella e sorello, in un certo qual modo inno alla vita carceraria, nascono le più sincere amicizie. Anzi, le quattro mura del carcere, sono meglio della vita di fuori.

Hippy

In un certo qual modo, Sergio Citti è stato un hippy. Non ha mai sposato quella controcultura, anche per questioni anagrafiche, ma il suo stile di vita era simile quello degli hippie. Un ritorno alla natura, alla semplicità, alla libertà di pensiero e in certo qual modo una vita comunitaria. Citti aveva la sua comunità di amici a Fiumicino.

Ma la vicinanza con gli hippie a volte era anche per il suo bizzarro modo di vestire. Gianfranco Piccioli, produttore di ben suoi tre film, racconta che si presentò per la prima volta a Philippe Noiret, uno dei protagonisti di Duepezzidipane, con un gilet di pecora, tutto sporco, una maglietta rosa, jeans sdruciti e zoccoli. Alle rimostranze di Piccioli, Citti rispose: “Ma Noiret deve parlare con me o con i vestiti?

In ogni modo, in Duepezzidipane ci sono degli hippie, esponenti della realtà italiana degli anni Settanta, e Citti non li inquadra di buon occhio, anzi li vede come dei bivaccati senza arte né parte. Però in Cartoni animati i baraccati, che vivono in comunità, sono visti con amore.

Idoletto

un ragazzo che aveva dieci o dodici anni nel 1946, quando Roma era come la Sicilia di oggi. «Papà, mamma ti mette le corna». Vola uno schiaffo. Idoletto prende il padre per mano e lo accompagna a vedere la madre che fa l’amore con un altro uomo…

Storia di Idoletto era uno di quei soggetti che Sergio Citti voleva realizzare. Affondava nel suo vissuto personale, ossia il tradimento della madre nei confronti del padre e dei figli. Sarà alla base, in ogni modo, di Vipera.

Jodie Foster

A tutt’oggi, desta sempre sorpresa la presenza di Jodie Foster in Casotto. Anche perché per l’iconica attrice e regista americana, a quel tempo fresca del successo di Taxi Drivers (1975) di Martin Scorsese, sarà l’unica esperienza di cinema italiano.

La presenza della Foster è la sineddoche perfetta per mostrare come Sergio Citti, pur di vedere realizzati i suoi progetti, ha dovuto subire, per voleri produttivi, la presenza di divi nei suoi film di gente semplice.

A volte questi attori famosi hanno funzionato perfettamente, come ad esempio attesta la performance di Jodie Foster come borgatara, altre volte no, come Malcom McDowell, doppiato in veneto, in Mortacci.

Anche Harvey Keitel, altro attore feticcio scorsesiano, non ha funzionato in Vipera. Anzi, sul set ci furono durissimi scontri tra lui e Citti, perché Keitel voleva usare il metodo, per impersonare Leone, mentre Citti non amava queste diavolerie posticce.

Perfettamente in ruolo Roberto Benigni e Francesco Nuti, come ugualmente Maurizio Nicchetti, Sergio Rubini e Silvio Orlando. E finanche Giorgio Gaber, alla sua prima prova attoriale, e Fiorello, a quel tempo mattatore a Buona Domenica, hanno funzionato.

La lista dei divi è cospicua: Catherine Deneuve, Ugo Tognazzi, Mariangela Melato, Vittorio Gassman, Philippe Noiret, Roberto Benigni, Paolo Villaggio, Enrico Montesano, Carlo Verdone, Renato Pozzetto, Carol Alt, Giancarlo Giannini, Claudio Amendola.

Koiné cittiana

C’è un linguaggio cinematografico cittiano. Una lingua tecnica “basica”, simile a quella di Charlie Chaplin o Robert Bresson. Non una totale abolizione della tecnica, ma quando possibile evitare gli arzigogoli visivi.

Inquadrature frontali, interpreti presi dalla strada (quando è possibile), scenografie naturali e non posticce, nessun metodo nella recitazione, dialoghi non intellettualistici. Fino a un certo punto della sua filmografia, c’era anche l’eliminazione dell’Happy end, però i finali di Vipera e Fratella e sorello non hanno più quel beffardo e amaro tocco che chiude le storie.

Laura Betti

Assieme a Sergio Citti, Laura Betti (1927-2004) è stata la custode della memoria di Pier Paolo Pasolini. Fu lei a istituire e poi gestire, fino alla morte, il Fondo Pier Paolo Pasolini. Musa dello scrittore e regista friulano, Betti aveva un carattere forte, e i rapporti con Citti non erano idilliaci.

Nelle diverse commemorazioni realizzate dal Fondo, spesso racchiuse in preziosi tomi, Sergio Citti sovente non veniva contattato per dare anche lui il suo contributo aneddotico. Laura Betti appare in I Magi randagi, nella scena omaggio a Pier Paolo Pasolini, e in Fratella e sorello interpreta il giudice donna che “condanna” i due protagonisti.

Sergio Citti invece è presente, come memoria silente, nel documentario Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno (2001), documentario di Laura Betti co-diretto con Paolo Costella.

Morte

Io vivo un po’ di ricordi, io amo l’oggi ma anche ieri, il futuro non lo amo. L’andare avanti è la morte.

La morte è un altro tema che permea la filmografia di Sergio Citti. Un tema particolarmente presente nelle prime pellicole. In Ostia Bandiera muore per mano di Rabbino, e Rabbino, seppur in vita, è come se fosse morto.

In Storie scellerate Bernardino e Mammone muoiono, ma in ogni raccontano che narrano c’è una morte. In Casotto Teresina ha paura di morire. In Duepezzidipane i due protagonisti muoiono abbracciati e in solitudine. Ne Il minestrone, un ristorante si è convertito in un’agenzia funebre.

In La morte porta consiglio, 4º episodio di Sogni e bisogni, c’è un’allegoria della morte e del gioco al lotto. Nel cortometraggio La partita, episodio del televisivo Quaderni di città, una partita di calcio è equiparata a un cimitero. In Mortacci, c’è un inno beffardo alla morte, molto meglio di certa vita.

In Cartoni animati, il protagonista Peppe (Franco Citti) è un resuscitato, chiaramente un borgataro, che non riesce più a reinserirsi nella società contemporanea.

Naïf

Naif? E mica so’ un fregnone

Una delle etichette appiccicate a Sergio Citti, oltre a quella di post-pasoliniano, è quella di naïf. Uno stigma che gli venne dato con Ostia, esordio registico tacciato di essere al contempo pellicola pasoliniana nei temi e con una regia ingenua.

Essendo di estrazione sottoproletaria, partorito da quel mondo borgataro, e non possedendo che una licenza media, per gran parte degli intellettuali, in particolare di matrice centro-destrorsa, Sergio Citti aveva una visione ingenua del mondo. E ugualmente una tecnica cinematografica ingenua.

Un giudizio tranchant, perché lo stesso Pasolini, al suo esordio alla regia, era tecnicamente un naïf. Citti sapeva quello che voleva, e la sua visione del mondo non era ingenua, ma epicurea.

Ostia

Il folgorante esordio alla regia di Sergio Citti. Come scritto nel lemma precedente, la pellicola venne accolta da gran parte della critica poco positivamente. E allo stesso modo fu un insuccesso, anche a causa di una scarsa distribuzione.

A distanza di anni rimane la sua opera più compatta, e come è successo a molti altri autori, che hanno esordito con un film folgorante, come ad esempio Pasolini con Accattone, o Marco Bellocchio con I pugni in tasca (1965), i film successivi venivano paragonati all’opera numero 1. I successivi film di Citti, anche a causa di compromessi con le produzioni, hanno sempre subito negativamente il paragone con Ostia.

Pier Paolo Pasolini

Se non avessi incontrato Paolo, cosa avrei fatto? Di fare l’operaio già m’ero stancato… Sarei diventato sicuramente un ladro! (E chi lo sa che ancora non faccia in tempo…)

Pier Paolo Pasolini è stato l’incontro fondamentale che ha cambiato la vita di Sergio Citti. Un borgataro semianalfabeta però con un’intelligenza particolare. Se non ci fosse stato uno come Pasolini, che prima ancora che artista e intellettuale era un pedagogo, Citti sarebbe stato soltanto un sottoproletario tra i molti.

Si sarebbe arrabattato con piccoli lavori, avrebbe continuato a vivere in borgata, e al massimo i suoi racconti li avrebbe narrati a quelli del quartiere. Non ci sarebbero stati i suoi film, che nel panorama cinematografico italiano sono un unicum. Fu Pasolini a insistere perché dirigesse Ostia. E fu lo stesso scrittore a consigliargli qualche lettura per fargli scoprire con occhi nuovi la realtà.

La morte di Pasolini fu un duro colpo per Sergio Citti, non soltanto perché perse un amico, ma perché non ebbe più collaboratore che gli facesse capire le cose.

Quaderno

Da quando Citti era diventato sordo, per comunicare con lui era necessario scrivere sui quaderni, perché non era capace di leggere il labiale. Quaderni che spesso Citti usava anche per appuntarsi le idee per un soggetto.

Un quaderno appare in Sogni e bisogni, ed il taccuino che era stato rubato a il Destino. Su questo quaderno, un bambino scrive le storie che gli vengono in mente, che poi sono gli episodi di Sogni e bisogni. Quel bambino altri non è che una trasfigurazione infantile di Citti.

Risata

Infatti questo che farò appresso è proprio sul fatto del ridere, dell’allegria, della pace con se stessi, e a mente, immagino, anche se al cinema ci vado poco, di fare la risata più lunga che sia stata fatta al cinema; non so… cinque minuti di risata.

I personaggi dei film di Citti spesso irrompono in una risata. Benché vivano in una situazione disagevole, il riso è la forma beffarda di reagire. Un riso liberatorio.

Bernardino e Mammone di Storie scellerate muoiono ridendo, come ugualmente Pippo e Peppe in Duepezzidipane. In Casotto Gigi e Nando ridono a crepapelle quando scoprono che hanno i piedi zozzi. E anche i tre protagonisti de Il minestrone, a cui si è aggiunto il cameriere, ridono gioiosamente dopo aver tentato di mangiare delle zolle di terra.

Ridono i defunti di Mortacci, alla faccia dei vivi e della vita, e ridono i 3 saltimbanchi de I Magi randagi. E in Fratella e sorello, ridono i due protagonisti, contenti di tornare in carcere.

Santino Citti

Mio padre non sa né lege né scrive, ma ne sa più di tanti professori, quelli erano omini che vivevano la vera vita umana, altro che i giovani d’oggi.

Sergio Citti aveva una vera e propria venerazione per il padre. Gli farà interpretare il ruolo del Padreterno in Storie scellerate, e quando Sergio è morto, si è fatto inumare nel fornetto del padre.

Santino Citti era apparso anche in Mamma Roma, e in Una vita violenta.

Televisione

Citti ha fatto anche televisione. Per necessità “alimentari”, chiaramente. Il suo primo approccio con il medium di massa, è stato attraverso Carosello, realizzando due pubblicità. Poi c’è stato il serial in tre puntate Il minestrone, realizzato in doppia versione (cinematografica e televisiva).

Sogni e bisogni, composto da ben 11 episodi,  è stato il suo secondo serial, e come il primo, non ha riscontrato un buon successo di audience. Si aggiungono, dei piccoli corti realizzati nel 1987, per dei programmi Rai.

Sebbene ha lavorato su “commissione”, è in questi piccoli corti che Citti ha ritrovato quella semplicità narrativa non intaccata dalle star.

Però il mezzo televisivo, fonte di stupidità umana, è stata sbeffeggiata da Citti in Mortacci, quando Domenico (Vittorio Gassman) vede uno stupido varietà televisivo, e ne I Magi randagi, in cui si vede una fittizia e idiota telenovela.

Uovo

Tra le metafore presenti nel cinema di Citti, una delle più interessanti è quella dell’uovo. In Duepezzidipane l’osteria si chiama Osteria dell’uovo. Al centro di questo ristorante, sul pavimento c’è la raffigurazione di un uovo, dove usualmente si mettono Pippo e Peppe a suonare.

La locuzione latina Ab ovo significa dall’uovo, ossia dall’origine. L’uovo come punto di partenza di tutto, e non a caso questa osteria è gestita da un oste che si rivelerà essere il Destino, che tutto sa.

Vincenzo Cerami

Morto Pier Paolo Pasolini, come collaboratore alle sceneggiature, ossia uno capace di utilizzare la macchina da scrivere e rifinire le storie che Citti raccontava, ci fu Vincenzo Cerami (1940-2013). Rispetto a Pasolini, Cerami è più propenso alla commedia e all’allegoria (sarà lo sceneggiatore vincente di Roberto Benigni).

Cerami ha collaborato a Casotto, Il minestrone, Mortacci e Vipera.

Way of Life

Il modo di vivere e di lavorare di Citti era giusto? Guardando i risultati forse no, ma questo era il suo modo di concepire la vita. Una maniera che si ravvisa anche in determinati personaggi dei suoi film, che vogliono vivere semplicemente, sebbene si scontrino con la durezza e ipocrisia della vita.

In Fratella e sorello, i due protagonisti riescono a ottenere il loro Way of Life, facendosi rinchiudere nuovamente in carcere.

Xeno

Citti era lo straniero del cinema italiano, come anche evidenziava una monografia scritta da Maurizio Benedictis. Straniero rispetto a un cinema nostrano che parlava una determinata lingua comune, e straniero anche rispetto ai tempi in cui l’Italia era già stata fagocitata dal consumismo.

Yes

Citti non parlava inglese, e per comunicare con gli attori stranieri che hanno partecipato in diversi film, aveva bisogno di un interprete. Usualmente era David Grieco, amico e fidato collaboratore per un quindicennio.

C’è però un simpatico aneddoto. In Casotto, durante uno dei primi giorni di riprese, c’erano due interpreti: uno che traduceva in italiano quello che Citti diceva in dialetto romano, e l’altro che traduceva dall’italiano all’inglese per Jodie Foster. Questa articolata comunicazione, si rivelò subito inutile, perché per una strana magia, l’americana Foster capiva direttamente il borgataro Citti.

Ma riguardo l’inglese, soprattutto maccheronico, c’è una divertente scena in Ladri, 6º episodio di Sogni e bisogni. Tra i borgatari c’è uno soprannominato John Wayne, perché parla tutte le lingue del mondo, tra cui l’inglese. Ma quando la ragazza americana investita gli parla, lui non capisce nulla, e risponde sempre “Yes, yes”.

La ragazza sta chiedendo semplicemente un bicchiere d’acqua, e fortunatamente il nonno di uno dei ladri, la capisce. Il nonno aveva vissuto in America.

Zoom

Abbasso lo zoom, viva l’idea

Questo è il titolo di un’intervista fatta a Citti da Dante Matelli. È vero che il cinema di Citti è “avaro”, ma lo zoom apparirà nel suo cinema. Nei suoi lavori per la televisione, lo zoom diventa tecnica necessaria per trasmettere una sensazione di avvicinamento e focalizzazione.