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Approfondimenti

Serialità italiana: dalla RAI a Sky

Le serie TV a lungo sono state considerate un prodotto audiovisivo minore, opere di puro intrattenimento con scarso valore artistico. Con il trascorre del tempo e con la nascita di diverse piattaforme streaming hanno acquistato un ruolo di grande importanza. E se in una prima fase il cinema ha influenzato la serialità, oggi sono sempre più frequenti i casi dove si verifica l’inverso.

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Serialità italiana

Nel 1954, con qualche decennio di ritardo rispetto al resto d’Europa, arriva anche in Italia la televisione. Un semplice elettrodomestico, come erroneamente credeva qualcuno. Ma si trattava di un innovativo e rivoluzionario media, il quale ha determinato nuove pratiche di intrattenimento e comunicazione. Nel giro di pochi anni il piccolo schermo si è diffuso in tutto il Paese. Prima nei tanti caffè delle grandi e piccole città e poi nei salotti di ogni famiglia. Nel 1957, il nascente servizio televisivo italiano aveva raggiunto un milione di abbonati, un dato superiore alla media europea. È in questo momento che nasce la Serialità italiana.

Almanacco del giorno: 3 gennaio 1954, la prima trasmissione Rai accende la Tv in Italia

La Televisione in Italia

A differenza di quanto accade oltreoceano, in Europa la televisione venne gestita direttamente dai Governi, creando, con delle sensibili differenze tra un Paese e l’altro, un sistema sostanzialmente monopolista.

In Italia, con l’arrivo della televisione venne creata la RAI, l’erede dell’Ente Italiano per Audizione Radiofoniche fondato durante il regime fascista. La propaganda mussoliniana è ormai una questione del passato, ma negli anni Cinquanta la politica italiana, soprattutto per quanto riguarda i partiti di governo come la Democrazia Cristiana, aveva come obiettivo la volontà di controllare la vita dei cittadini. La televisione divenne uno strumento ideale per mettere in atto una vera sorveglianza politica sulla fruizione televisiva, che nel nuovo contesto democratico si tradusse immediatamente in consensi elettorali.

La nascente televisione italiana, dunque, si sviluppò e consolidò come uno strumento di controllo nelle mani del sistema partitocratico, creando non pochi episodi di conflitto tra lo Stato e i privati. Ma divenne anche un ottimo strumento educativo.

È attraverso la televisione, infatti, che l’Italia riuscì a formarsi una propria identità collettiva, che oggi potremmo definire nazional popolare. Un processo che conserva la volontà di sorveglianza, un’arma a doppio taglio attraverso la quale si mettono in atto svolte progressiste, ma innegabilmente omologanti.

“La televisione non è soltanto un luogo tramite il quale passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi”.

Pier Paolo Pasolini

I grandi classici della letteratura: il primo esempio di serialità italiana

Nonostante queste avvisaglie che rievocano un pericoloso regime di controllo, la televisione ha avuto il merito di diffondere in ogni angolo della penisola la lingua italiana, con trasmissioni come Non è mai troppo tardi, in onda dal 1960 al 1968. E sempre attraverso di essa gli italiani ebbero modo di conoscere i grandi classici della letteratura europea. Così nacquero i famosi sceneggiati, da cui prende piede la serialità italiana.

Produzioni connotate da una forte impronta teatrale traducevano in immagini le pagine della grande letteratura. Lo sceneggiato, infatti, era un adattamento visivo, diviso in puntate, dei più importanti romanzi dell’Ottocento. La RAI, dunque, iniziò a produrre tantissimi sceneggiati tratte dalle opere di Dickens, Balzac, Dostoevskij, Tolstoj, Maupassant e tanti altri scrittori.

In una fase iniziale andavano in onda in diretta, sottolineando la matrice teatrale. Gli interpreti principali provenivano proprio dal teatro, come Giancarlo Sbragia, Giorgio Albertazzi e Bianca Toccafondi.

La prima sceneggiatura scritta appositamente per un sceneggiato porta la firma di Ugo Buzzolan, La domenica di un fidanzato, con la regia di Marco Ferrero. Si tratta di un’opera originale realizzata per la neonata televisione italiana. L’impianto è ancora squisitamente teatrale, come gli attori: Giorgio De Lullo, Italia Marchesini, Guglielmo Bernabò e l’immancabile Bianca Toccafondi.

Sceneggiati Rai degli anni 60 e 70: i più famosi | Accademia Griffith

Il cinema e la televisione

Per tutto il decennio tra gli anni Cinquanta e Sessanta questa forma preistorica della serialità italiana saccheggiò le fonti letterarie e teatrali per adattare le vicende al piccolo schermo. Dopo poco, però, ecco pronto il cinema a far sentire la sua influenza sulla televisione. La prima opera di questo nuovo filone è comunque tratta un classico letterario, l’Odissea di Omero.

La novità di quest’opera riguarda il suo aspetto produttivo. L’Odissea (disponibile su Rai Play), andata in onda sulla RAI nel 1968, fu co prodotta da Italia, Francia, Jugoslavia e Germania. Trattasi della prima produzione della TV di Stato realizzata a colori; per la prima volta, i registi furono dei veri cineasti. Gli otto episodi della serie furono diretti da Franco Rossi, Piero Schivazappa e Mario Bava.

L’Odissea, inoltre, non era interpretata dai soliti attori teatrali. La RAI, infatti, con l’obiettivo di esportare l’opera all’estero, arruolò star internazionali. Ulisse venne interpretato da Bekim Fehmiu, Penelope da Irene Papas e Telemaco da Renaud Verley.

Franco Rossi, Piero Schivazappa e Mario Bava decisero di far rivivere le avventure dell’eroe greco attraverso uno stile cinematografico spettacolare, abbandonando lo studio e girando all’esterno. Un linguaggio nuovo per la televisione italiana.

Odissea - RaiPlay

La serialità italiana con Renato Castellani e Franco Zeffirelli

L’Odissea fu seguita da non pochi altri esempi, dove la serialità italiana si andava sviluppando seguendo le tracce cinematografiche; tra questi vanno ricordati La vita di Leonardo da Vinci di Renato Castellani e Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli. Entrambe le opere furono vendute dalla RAI in molti paesi europei.

Accanto a questo nuovo format di serialità italiana, che impegnava la RAI con altissimi costi produttivi, nasceva nel frattempo un’altra forma meno costosa e spettacolare, il filone poliziesco. Titoli che non hanno lasciato un’impronta nel tempo, ma che all’epoca attiravano una grossa fetta di pubblico televisivo. Aprite: Polizia!, Le avventure di Laura Storm e Qui squadra mobile erano esempi di una serialità italiana ancora acerba, che tuttavia hanno avuto il merito di svolgere il compito di apripista per ciò che sarebbe avvenuto in seguito. Lo stesso vale per i primi esperimenti di sitcom e mistery, come La famiglia Benvenuti e Il segno del comando, entrambe disponibile su Rai Play.

La fine del Monopolio RAI

Si arriva così agli anni Settanta, quando il monopolio della Televisione di Stato iniziò a traballare con la nascita delle emittenti private. La RAI non era più l’unica testata televisiva e la mancanza di regole precise scaturì in un periodo di confusione che influenzerà non poco la qualità della serialità italiana.

La Fininvest di Silvio Berlusconi, ma non solo, iniziò a riempire i palinsesti con serie televisive provenienti dall’estero. Queste opere raramente riuscivano a catturare l’attenzione del pubblico nostrano. Non venivano più realizzate serie italiane e il successo o il fiasco di un’opera straniera era spesso dettato dal caso, fino a che una serie americana come Dallas venne acquistata dalla RAI.

Purtroppo la messa in onda avvenne in modo casuale, senza rispettare l’ordine cronologico degli episodi e la serie fu un vero insuccesso. Dopo poco, la stessa venne acquisita da Canale 5 e questa volta, rispettando l’ordine corretto degli episodi, la serie trionfò.

Il primo successo della serialità italiana: La Piovra

La TV di Stato, però, anche con la nuova concorrenza dei privati riuscì ad ottenere un successo internazionale con una propria produzione. Era il marzo del 1984 quando fu messo in onda il primo episodio de La Piovra (disponibile su Rai Play). È senza dubbio questo l’esempio più celebre della serialità italiana a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta.

La Piovra, ideata inizialmente per una sola stagione, fu inserita nei palinsesti RAI per anni, con una distribuzione non solo europea ma mondiale. La prima stagione, la quale vantava la regia di Damiano Damiani e Florestano Vancini, determinò il successo internazionale di Michele Placido.

Qualche anno dopo e precisamente nel 1987, l’allora Fininvest risponde con una delle sue prime produzioni: I ragazzi della terza C. Il successo della serie, andata in onda su Italia 1 dal 1987 al 1989, non fu paragonabile a La Piovra, ma ad ogni modo riuscì a catturare l’interesse dei più giovani, diventando uno dei primi esempi di serialità ambientata in un contesto scolastico.

La Piovra | Michele Placido | Commissario Cattani | DavideMaggio.it

La nuova serialità italiana: Un posto al sole

La Stagione 1996 – 1997 segnò una nuova svolta nella serialità italiana. La RAI mandò in onda il primo episodio di Un posto al sole, la soap opera italiana più longeva, arrivata alla sua 28esima stagione. Nel corso degli anni, la serie è stata trampolino di lancio di tanti attori, come Cristina Dell’Anna (Gomorra La Serie), Serena Rossi (Beata te), Germano Bellavia (Mozzarella Stories) e Serena Autieri (Tre sorelle).

Il successo di Un posto al sole, adattamento della serie australiana Neighbours, è stato determinato da molteplici fattori. Tra questi, il talento dei suoi interpreti e la capacità degli sceneggiatori di trattare argomenti di stringente attualità. Ma il principale motivo di questa longevità, unica nel panorama della serialità italiana, è da attribuire alla capacità produttiva. Un posto al sole è prodotta dal Centro di Produzione della RAI di Napoli, una realtà consolidata nel tempo e in grado di raggruppare le migliori maestranze televisive e a volte anche cinematografiche presenti nel panorama italiano.

Il modello, attualmente con Cinzia Guzzi come produttrice esecutiva, è stato imitato anche dalla concorrenza. Canale 5, infatti, sulla fine negli anni Novanta ha provato a riprodurre il format della serie ancora in onda su RAI 3, con le serie Vivere e CentroVetrine, entrambe cancellate dai palinsesti dopo le prime stagioni.

Serialità italiana

Serialità italiana con Sky

Con l’avvento del nuovo millennio, alla RAI e alla Fininvest, che intanto aveva cambiato nome in Mediaset, si aggiunse la televisione a pagamento, inizialmente rappresentata dalla piattaforma di Tele +, assorbita dopo poco da Sky. Il gruppo di Rupert Murdoch, in una fase iniziale, si concentrava soprattutto sulla programmazione di sport e anteprime cinematografiche. Dopo poco, però, le serie diventarono le vere protagoniste.

Romanzo criminale

Nel 2008 arriva il primo grande successo di Sky per quanto riguarda la serialità, intitolato Romanzo criminale. La serie, composta da due stagioni, è una produzione di Sky Italia con Cattleya.

Romanzo criminale è il primo esempio di serialità italiana realizzata con un linguaggio tipicamente cinematografico. Il regista Stefano Sollima (Adagio) adotta uno stile audace, insolito per il piccolo schermo, ma senza dubbio affascinante. La prassi cinematografica emerge in tutte le componenti della serie. Ambientazioni ben curate e una colonna sonora d’effetto, firmata da Pasquale Catalano, un nome risonante per quanto riguarda la musica per film.

Gomorra

Il secondo successo di Sky Italia arriva nel 2014 con Gomorra La serie, un prodotto che ha suscitato un vivace dibattito che ha coinvolto non solo esponenti del mondo dello spettacolo, ma anche della società civile e politica.

La serie, come è accaduto per Romanzo criminale, vede anche in questo caso il coinvolgimento di Cattleya. Questa volta, però, il successo è forse ancora più grosso, al punto che, tra la quarta e la quinta stagione, viene realizzato uno spin-off, intitolato L’immortale, diretto e interpretato da Marco D’Amore.

Le polemiche nate intorno a Gomorra riguardano soprattutto la rappresentazione del male. I protagonisti della serie sono gli esponenti del mondo criminale napoletano, già raccontato nel saggio – romanzo di Roberto Saviano e nell’omonimo film diretto da Matteo Garrone.

La serie ha diversi registi, tra i quali figura lo stesso Stefano Sollima, avvicendato da Francesca Comencini, Claudio Cupellini, Claudio Genovese e Marco D’Amore.

Inizialmente il progetto venne affidato a Paolo Sorrentino, che scrisse una sceneggiatura della prima stagione sostanzialmente diversa. Il regista premio Oscar aveva organizzato la narrazione attraverso un lungo flashback di un magistrato impiegato nella lotta contro la camorra. La produzione decise poi di percorrere una strada diversa, inserendo qualche traccia della scrittura di Sorrentino nell’ultima stagione.

Romanzo criminale e Gomorra restano i due più importanti esempi della serialità italiana, entrambe con un prequel in programma.

Gomorra 5

La serialità italiana alla Festa del Cinema di Roma

Le serie tv a lungo sono state considerate un prodotto audiovisivo minore, opere di puro intrattenimento con scarso valore artistico. Con il trascorre del tempo e la nascita di diverse piattaforme streaming hanno oggi acquistato un ruolo di grande importanza. E se in una prima fase il cinema ha influenzato la serialità, oggi sono sempre più frequenti i casi dove si verifica l’inverso.

In molti festival le serie vengono presentate e premiate alla pari dei film. Questa è ormai una costante e non più un’eccezione. È il caso della 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma, che nel suo programma ha inserito la presentazione di svariati esempi di serialità italiana. Si tratta di opere prodotte dalla RAI, da Netflix, Disney + e un progetto rimasto nel cassetto per quasi quarant’anni.

La kermesse romana ospita l’anteprima dei primi due episodi di Mare Fuori 4, una serie che ha ottenuto un grande successo nella passata stagione, raggiungendo il record di visualizzazione su Rai Play.

La seconda serie ospitata dalla Festa del Cinema di Roma è ancora una volta una produzione RAI. Si tratta di La storia di Francesca Archibugi, tratta dell’omonimo romanzo di Elsa Morante. Una serie che si preannuncia come un evento davvero eccezionale, con un cast composto da interpreti del calibro di Valerio Mastandrea, Elio Germano e Asia Argento.

Il camorrista per la prima volta in onda

La terza serie ospitata dalla Festa del Cinema di Roma riguarda un’opera realizzata diversi decenni fa e mai trasmessa, soprattutto per problemi di censura. Si tratta di Il Camorrista, realizzata nel 1985 da Giuseppe Tornatore, contemporaneamente al suo primo film.

Alla Festa del Cinema di Roma trova spazio anche Netflix. La piattaforma della grande N presenta Suburræterna, spin off di Suburra La serie.

Infine, c’è spazio anche per una produzione di Disney +, I leoni di Sicilia. Si tratta di un progetto davvero ambizioso, tratto dall’omonimo romanzo di Stefania Auci.

Con la regia affidata a Paolo Genovese (Il primo giorno della mia vita), I leoni di Sicilia ha un cast composto da Michele Riondino, Donatella Finocchiaro, Vinicio Marchioni ed Eduardo Scarpetta,

Roma e la serialità italiana

Roma è stata spesso e volentieri usata come set per ambientare i migliori prodotti della serialità italiana.

È il caso de I Cesaroni, prodotta da Publispei per RTI e andata in onda su Canale 5 dal 2006 al 2014. Come spesso accade per le serie italiane, I Cesaroni è un adattamento di un format straniero e precisamente della serie spagnola Los Serrano.

Si tratta di una commedia familiare destinata al grande pubblico. Un’opera d’intrattenimento, senza finalità artistiche particolari. I Cesaroni, in ogni modo, ha ottenuto un grande successo, attirando l’attenzione di grandi e piccoli.

Una narrazione senza complicazioni dove tutto scorre in serenità e in armonia, come appare la città di Roma. L’ambientazione non è metropolitana, ma sembra evocare un tranquillo posto di provincia e il quartiere della Garbatella diventa la cornice ideale.

Ne I Cesaroni non esistono cattivi. Tutti i personaggi o quasi sono spinti da un forte buonismo, che spesso appare patetico, ma in sintonia con l’impianto narrativo.

La serie, disponibile su Netflix, ha come interpreti Claudio Amendola, Elena Sofia Ricci, Max Tortora, Alessandra Mastronardi, Matteo Branciamore.

Serialità italiana

La Roma criminale

Una Roma diametralmente opposta è quella che fa da sfondo alla vicenda rappresentata in Romanzo criminale. La serie, andata in onda per la prima volta su Sky, viene riproposta da Italia 1 in seconda serata.

In Romanzo criminale La serie, la quale succede al film diretto da Michele Placido, viene riadattato il romanzo scritto nel 2002 da Giancarlo De Cataldo che racconta il mondo criminale della capitale.

Roma diventa un luogo da conquistare con l’uso della violenza, lo spaccio di droga,  il gioco d’azzardo e la prostituzione. Una città che diventa una giungla pericolosa ed inquietante, dove regna la legge del più forte.

Diretta da Stefano Sollima, Romanzo criminale è interpretata da Francesco Montanari, Vicinio Marchioni, Alessandro Roja, Alessandra Mastronardi.

Disponibile su NOW.

Suburra - Stagione 2 | Trailer Ufficiale | Netflix Italia - YouTube

Suburra

Non si cambia tono in Suburra, una serie composta da tre stagioni, pubblicate da Netflix dal 2017 al 2020.

È sempre Roma a fare da sfondo ai fatti raccontati. Ma se in Romanzo criminale la vicenda si sviluppava tra gli anni Settanta e Novanta, in Suburra la storia si svolge nei nostri tempi.

I protagonisti sono cambiati, ma restano violenza e criminalità a regnare sulla capitale. Non mancano i riferimenti alla corruzione. I palazzi della politica diventano i luoghi dove si intrecciano storie di malaffari e collusioni con la criminalità. Chiunque ha il proprio scheletro nell’armadio, e anche chi sembra credere nella giustizia cade poi nel vortice della malavita.

Suburra è interpretata da Alessandro Borghi, Giacomo Ferrara, Claudia Gerini, Eduardo Valdamini, Francesco Acquaroli.

Attualmente disponibile su Netflix.

Baby

Non è più criminale, ma resta comunque a tratti inquietante la Roma di Baby, composta da 3 stagioni e pubblicata da Netflix tra il 2018 e il 2020.

La serie si ispira allo scandalo delle baby squillo dei Parioli risalente al 2013, il quale travolse anche alcune personalità della politica romana. Quest’ultimo aspetto però in Baby viene messo in secondo piano a favore della descrizione dei sentimenti dei giovani protagonisti.

La città di Roma in questa serie è divisa in due parti. C’è la Roma borghese, quella delle famiglie facoltose che mandano i propri figli in prestigiose scuole private, ma dove i veri sentimenti sembrano sparire dinnanzi agli interessi dei singoli. E poi c’è la Roma popolare, a tratti pericola, forse più umana.

Baby, diretta da Andrea De Sica, Anna Negri e Letizia Lamartire e interpretata da Benedetta Porcaroli, Alice Pagani, Brando Pacitto, Claudia Pandolfi.

Baby è disponibile su Netflix.

Serialità italiana

La Roma di Carlo Verdone

Una Roma solare è invece la coprotagonista della serie Vita da Carlo. Una serie composta da due stagioni, distribuita prima da Prime Video e successivamente da Paramount +. Carlo Verdone è il regista e protagonista della serie.

La vicenda di Vita da Carlo è centrata su un racconto autobiografico dell’attore romano. Verdone gioca e si prende gioco di sé e della sua carriera, affiancato dai suoi amici e colleghi, come Max Tortora.

Ironia è la parola d’ordine dell’intera serie a cui danno il loro contributo molti esponenti del mondo dello spettacolo. Un collage di gag che a volte toccano temi delicati come il rapporto padre e figli. Una serie leggera, a tratti malinconica, come l’intera filmografia del suo protagonista.

Vita da Carlo è interpretata da Carlo Verdone, Max Tortora, Ludovica Martino, Monica Guerritore, Stefania Rocca, Andrea Pennacchi.

Disponibile su Prime Video.

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