A taxi driver di Jang Hun (L’ultima battaglia – The Front Line) è un film del 2017 con Song Kang-ho (Broker, The Drug King), Thomas Kretschmann (Il pianista, Greyhound: Il nemico invisibile), Hae-Jin Yoo e Ryu Jun-Yeol (Reply 1988, The King) distribuito da Tucker Film in Italia e disponibile per la visione streaming su CHILI.
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A Taxi Driver riprende gli eventi del Massacro di Gwang-ju del Maggio 1980, che sono stati incredibilmente riferiti al mondo grazie (ma non solo) al lavoro del giornalista tedesco Jürgen Hinzpeter.
In questo film, un commosso Song Kang-ho veste i panni del tassista che ha scortato il giornalista fino al cuore delle proteste contro la dittatura e delle atrocità perpetuate dall’esercito sui manifestanti.
A Taxi Driver è un film che non lascia indifferenti.
A Taxi Driver, la trama
Kim Sa-bok (Song Kang-ho), burbero tassista e padre vedovo, fatica a pagare l’affitto e a tirare a fine mese. Per pura casualità, s’imbatte in una corsa molto proficua e la sottrae ad un collega. Si tratta dello scortare un giornalista tedesco (Thomas Kretschmann) fino alla provincia di Jeolla, nella cittadina di Gwangju. Sono gli anni ’80, e nessuno è a conoscenza del fatto che in quei giorni, a Gwangju, sono in corso alcune manifestazioni contro la dittatura e la legge marziale, con gli studenti in prima linea, e poi il resto della popolazione. La rimostranza viene trattata dall’esercito del regime dittatoriale e in un secondo momento, dai paracadutisti, come una rivolta sanguinosa e quindi violentemente soffocata.
Ignaro del pericolo, Mr. Kim porta Hinzpeter fino nel vivo degli scontri, rimanendo fortemente scosso dagli eventi. Se prima Sa-bok segue il suo impeto più codardo, ma responsabile verso la figlia, poi non riesce più a disinteressarsi della tragedia a cui ha assistito e torna a Gwangju. In quel modo recupera Hinzpeter illeso, e gli permette di scappare con il girato della protesta. Grazie a quel gesto, quei video del 5·18 sono ancora oggi la maggiore testimonianza filmica al riguardo.
Quando il colpevole non ha un solo volto
A Taxi Driver è un film che cerca di restituire gloria e onore a due degli elementi che hanno consentito, prima alla notizia della lotta di diffondersi al mondo intero, e poi alla memoria di restare in vita.
Nell’interesse della narrazione, era necessario dare una consistenza a questo “male” che ha condotto alla strage; ciononostante il regista gestisce bene anche l’incredulità e la mancanza di una spiegazione chiara dietro a quell’inferno. Jang Hun, quindi, non consegna al pubblico un colpevole, dato che i responsabili sono stati diversi. Ossessiva ritorna la domanda delle persone coinvolte: “Ma perché l’esercito fa così?”. Emerge piuttosto l’esistenza di un sistema corrotto e completamente scollato dal reale, politicamente intriso di terrore da Guerra Fredda e di una democratizzazione assente, che avrebbe richiesto ancora qualche anno alla Corea in crescita.
D’altro canto, la degenerazione della situazione è rapida, disumanizzante, anche agli occhi di un navigato giornalista come Hinzpeter. Jang Hun ha dipinto le scene della protesta con il cuore, senza temporeggiare indiscretamente sulle vittime, cogliendo gli abusi con campi lunghi sufficienti a farci ricomporre il quadro degli orrori. Oppure stipando l’inquadratura di fumi e nebbia, in un’aura rosso infiammato, che avvolge le strade di Gwang-ju ora diventata l’inferno.
Il film stimola, ma non strattona, e la visione commuove sommessamente.
Gli eroi non eroi
Le anime di Gwang-ju si trovano tutte ad avere la loro occasione per diventare degli eroi. Sopra tutti, Mr. Kim: grottesco, goffo, è un tassista ingenuo in principio, ha un’opinione su tutto e ben poca stima delle proteste in corso e degli studenti che vi prendono parte. Il suo problema maggiore sono i debiti. Ma ad un certo punto, è quella stessa avidità che diventa il motore di un gesto eroico.
Il film non cerca di disegnare Kim Sa-bok come un uomo sopra le righe: è piuttosto un normale codardo, che per buona parte del film non è capace di prendere alcuna decisione valorosa, se non di pensare a sua figlia a casa. Ma l’esperienza che sta vivendo gli insegna la responsabilità, il sacrificio, e l’altruismo disinteressato.
Un film necessario quindi, di cui si consiglia la visione per non dimenticare un momento tragico della storia asiatica, che ha segnato il punto di svolta civile e umano per la Corea del Sud.