Dopo la meritatissima Palma d’Oro al Festival di Cannes vinta con Rosetta, Jean-Pierre e Luc Dardenne firmano Il figlio, film che, come d’abitudine nella filmografia dei due registi belgi, ha per protagonisti personaggi che devono lottare per non soccombere nella vita. Figure poste spesso ai margini di una società che tende a escludere anziché accogliere.
Ora Il figlio è disponibile sulla piattaforma streaming Chili.
Il figlio: La trama
Olivier (Olivier Gourmet) è un falegname che insegna il mestiere in un centro di formazione professionale per ragazzi provenienti dal riformatorio. Il giorno in cui arriva un ragazzo di nome Francis (Morgan Marinne), l’uomo, dopo aver in un primo momento rifiutato di accoglierlo nel suo corso, lo accetta come allievo, iniziando per altro a spiarlo, seguendolo negli spostamenti e introducendosi di soppiatto nella sua abitazione.
Olivier è divorziato da Magali (Isabella Soupart), che aspetta un bambino e sta per risposarsi. Durante un incontro fra i due, che hanno perso un figlio adolescente ucciso da un coetaneo durante una rapina, Olivier mette al corrente la ex-moglie di aver accettato nella sua classe il ragazzo che, come si viene a scoprire, porta con sé un terribile passato.
Francis, dal canto suo, si rivela uno studente modello, accettando i modi bruschi e distanti che Olivier mantiene nei suoi confronti.
Un film stilisticamente perfetto
I Dardenne, con Il figlio, confezionano un film stilisticamente perfetto, con un utilizzo esasperato della camera a mano che segue costantemente i protagonisti, standogli addosso con insistiti primi piani, sia frontali sia, soprattutto, di spalle. In grado di creare un senso di profonda oppressione acuito dagli sguardi che Olivier lancia a Francis, spesso obliqui, quasi mai diretti.
Un film drammatico che si colora di venature thriller e che comunica allo spettatore il dolore profondo che il personaggio di Olivier porta dentro di sé. La perdita del figlio è un macigno che cerca di superare aggrappandosi a un’idea di paternità perduta che tenta di surrogare nella figura del ragazzino, nonostante il drammatico passato che questi porta con sé e che scopriamo verso la metà del film, dopo un drammatico colloquio fra Olivier e la sua ex, Magali.
La mancanza totale di colonna sonora contribuisce a rendere l’opera di Jean-Luc e Pierre Dardenne claustrofobica; un film in cui gli unici rumori sono le note degli attrezzi con cui viene lavorato il legno. Un materiale vivo, di cui possiamo quasi percepire l’odore, ma che, in quel contesto, non riesce a trasmettere nulla di positivo.
Una regia che induce un profondo senso di inquietudine nello spettatore
I Dardenne sono bravi a indurre un forte senso di inquietudine nel pubblico, che si trova spiazzato di fronte ai comportamenti ambigui di Olivier, senza mai essere realmente consapevole di ciò che potrebbe accadere. Infatti, la peculiarità della regia della coppia di registi è quella di non permettere mai di capire fino in fondo quali siano le vere intenzioni dell’uomo nei confronti di Francis, il quale, se da un lato si trova quasi intimidito di fronte al burbero e sfuggente Olivier, dall’altro ne è attratto tanto da chiedere di fargli da tutor nel suo percorso di riabilitazione.
Il figlio si rivela così un film in cui emergere una moltitudine di sentimenti contrastanti: dolore, elaborazione del lutto, perdono (possibile o impossibile?). La ricerca di qualcosa che, sia da parte di Olivier, sia da parte di Francis, possa colmare quel senso di vuoto e di solitudine che li pervade. In definitiva, il bisogno d’amore, di un barlume di affetto a cui appigliarsi per non cadere. E il finale/non finale, con uno stacco improvviso sulle due figure che caricano un furgone con delle assi di legno, lascia aperto uno spiraglio alla speranza.
Un film che si avvale di ottime prove attoriali. Da quella del giovane Morgan Marinne, che tornerà a lavorare con Jean-Pierre e Luc Dardenne ne Il matrimonio di Lorna e, soprattutto, quella di Olivier Gourmet, attore feticcio dei due fratelli, che, con questo film ha vinto il premio per la miglior interpretazione maschile al Festival di Cannes.