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Approfondimenti

Marco Risi sul Punto di rugiada

Intervista a Marco Risi sul suo nuovo film, "Il punto di rugiada"

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Marco Risi, Massimo De Francovich e Michele Paradisi sul set del Punto di rugiada

La genealogia cinematografica di Marco Risi impressiona chiunque si accosti a quel cognome, portando con sé tutta una gloriosa storia, che è stata la fotografia divertita e spietata di un Paese che si ricostruiva dalle macerie della seconda guerra mondiale e si riscopriva ricco e cinico, baro e vacanziero. Quella che fu definita commedia all’italiana, non fu solo una straordinaria stagione del nostro cinema, ma una vera e propria factory di registi, sceneggiatori, attori, produttori, capaci di riempire le sale e costruire una fenomenologia del Paese.

L’esordio di un figlio d’arte come Marco Risi, negli anni ’80, venne visto come un fiacco giovanilistico continuatore dei fasti di una commedia all’italiana ormai sfinita ed esanime, dissanguata da stilemi dettati dalla televisione. Tanto più che gli inizi cinematografici di Marco Risi, dopo le prime due sceneggiature direttamente all’ombra del padre (Caro papà, 1979, Sono fotogenico, 1980), sono legati a quelli dei fratelli Carlo ed Enrico Vanzina, di cui Marco Risi è prima aiuto regista (lo era stato anche dello zio Nelo Risi già nei primi anni ’70, poi di Alberto Sordi e Duccio Tessari). Quindi in continuità con i due figli di Steno per genere, la commedia, attore protagonista dei primi film, Jerry Calà, e la presenza di Enrico Vanzina nella fase di sceneggiatura. «Un’altra grande famiglia del cinema, sembrerebbe, ha prodotto i suoi replicanti in tono minore» (Paolo D’Agostini) è lo sprezzante giudizio che assedia, accumunandole, le scelte di una nuova generazione, sotto l’ombra ingombrante dei padri.

Dino e Marco Risi

Dino e Marco Risi

Diversamente dai fratelli Vanzina, però, che resteranno fedeli a una formula tutta declinata a un cinema leggero e disimpegnato d’intrattenimento popolare, Marco Risi, prima più timidamente con Soldati – 365 all’alba (1987), poi, più decisamente, a partire da Mery per sempre, darà il via a un fortissimo scarto all’interno della sua filmografia, virando verso un cinema di forte impatto emotivo in cui brilla la scintilla della realtà più dura e scomoda, tanto che si coniò per lui l’espressione di neo-neorealismo, dando origine a una tendenza del cinema italiano che superava la palude comico/ombelicale che aveva caratterizzato troppi film.

In questo senso, Marco Risi apparve, dalla fine degli anni ’80, un nuovo alfiere dell’impegno civile sul grande schermo, con un trittico, Mery per sempre (1989), Ragazzi fuori (1990), Il muro di gomma (1991), che sembrava riportare il nostro cinema fuori dalle secche di un decennio culturalmente asfittico e ripiegato su se stesso, come vittima di un principio di rimozione della realtà, dopo il tremendo trauma degli anni di piombo. Marco Risi non era più solo il figlio di Dino.

Instancabilmente innamorato del mestiere del cinema, a trent’anni da allora e dopo altri nove film (e due serie televisive) di alterne fortune, Marco Risi ha appena terminato il suo ultimo lavoro, Il punto di rugiada.

Intervistarlo significa farsi trascinare dall’inesauribile flusso di una vita di cinema che scorre dai suoi occhi alle sue parole.

In una specie di passaggio di consegne generazionale, tu hai vissuto in prima persona e attraverso gli occhi di tuo padre due diverse stagioni del cinema italiano. Quali sono le differenze più grandi tra i due periodi?

La differenza più grande, enorme, era che, anche se esisteva già da parecchio, era come se il cinema iniziasse allora. C’era l’entusiasmo di fare un lavoro che sembrava iniziare con loro, con il dopoguerra. C’erano Roberto Rossellini, Vittorio De Sica, poi Mario Monicelli, Luigi Comencini, Luigi Zampa, Dino Risi, Elio Petri, Pietro Germi… Insomma cominciava il cinema e parlava del nostro Paese e della ricostruzione. Quindi fare il cinema voleva dire anche ricostruire il Paese, anche se raccontava i disastri della guerra, anche se  lavava i panni sporchi in pubblico, come disse Giulio Andreotti a proposito del Neorealismo. Perché lui era dispiaciuto che pellicole come Umberto D., in questo caso il film incriminato, fossero prese in considerazione all’estero, perché davano un’immagine triste del Paese. Questo è un errore che ancora si commette in Italia, è capitato anche a me con alcuni film.

Poi c’è stato l’avvento della televisione, sempre più prepotente, e l’avvento della televisione commerciale, cioè, diciamolo francamente, Silvio Berlusconi. Silvio Berlusconi ha immesso nel cinema un guasto, perché si è cominciato a pensare che i film si dovessero fare non più per il cinema, ma per andare in televisione. Perché la televisione cominciava a finanziare i film, portandoci sempre più a credere che il cinema dovesse in qualche modo assomigliare alla televisione, ma che, per andare in televisione, bisognava rispondere a certi canoni. Era il periodo in cui Silvio Berlusconi aveva grande successo, con trasmissioni come Drive In, quelle cose lì. E, quindi, il cinema ha cominciato a preoccuparsi più di questo e poi si è alleggerito sempre di più.

Cambiare spesso genere cinematografico è stata più un’esigenza personale o produttiva?

Assolutamente personale. Io avrei potuto continuare a fare gli stessi film, come il pubblico forse avrebbe voluto. È stato un errore dal punto di vista del successo dei film, che non hanno avuto lo stesso impatto sul pubblico, che si aspettava, probabilmente, continuamente lo stesso filone di impegno. Ma io non rimpiango le mie scelte, non mi andava di fare sempre la stessa cosa. Però, un film che mi sarebbe piaciuto fare e che non ho girato, che mi consigliò Stefano Rulli, era da un libro che si chiamava Un uomo di rispetto. Poi lo fece Damiano Damiani, ma a me capitò prima tra le mani. Non lo feci proprio perché non volevo essere imbrigliato nel cliché dei film siciliani, un po’ mafiosi, sempre con quel linguaggio. Mi divertivo di più a spaziare, però quel film, sì, lo rimpiango.

Massimo De Francovich e Luigi Diberti in Il punto di rugiada

Massimo De Francovich e Luigi Diberti in Il punto di rugiada

Come nasce Il punto di rugiada?

Dall’incontro con una persona che è diventata anche uno scrittore di successo, Enrico Galiano, che aveva un po’ vissuto l’esperienza raccontata nel film. La cosa mi piacque e per anni ci ho pensato. Sono più di dieci anni che giro intorno a questo film, che parla di vecchi e di giovani. Enrico Galiano andò a fare il servizio civile (allora alternativa al militare) in un ospizio di anziani e mi raccontò quello che gli successe dentro. Dopo abbiamo molto modificato e inventato, ma certe cose sono rimaste. Sentivo che era arrivato il momento di fare una cosa del genere, forse anche l’età, parlare di vecchi. E non bisogna aver paura di farlo, come quando papà fece un film su un cieco e nessuno voleva sentir parlare di un cieco, che poi fosse anche raccontato in chiave di commedia. Poi c’è il fatto che io vado al cinema e vedo soltanto anziani.

Anche Il punto di rugiada, come Profumo di donna, è un dramma travestito da commedia?

C’è una grande componente di commedia nel film, ma anche un’aria un po’ malinconica e non manca il dramma. È un film al quale sono molto affezionato. Racconta di due ragazzi che finiscono in una casa di riposo per anziani, come alternativa al carcere, perché hanno commesso dei reati. All’inizio cominciano quasi con disgusto, fastidio e noia per questi vecchi, perché che ti possono dire i vecchi? Pian piano, però, si creano dei rapporti, soprattutto fra uno di loro e un anziano che si chiama, non a caso, Dino. C’è molto anche del libro che ho scritto su mio padre in questo film. È il confronto fra due generazioni. Mi piacerebbe che la gente fosse incuriosita da questo tema, come è capitato a me, anche perché ci si diverte molto nel film. E ci si commuove. È un po’ questa la chiave del Punto di rugiada.

Eros Pagni in Il punto di rugiada

Eros Pagni in Il punto di rugiada

Quindi anche un confronto con tuo padre, in un certo senso?

Non direttamente. Però so che a lui sarebbe piaciuto fare un film sui vecchi. Voleva girare un film da La morte di Ivan Il’ič di Lev Tolstoj. Secondo me sarebbe stato molto bello. Voleva anche fare un film su Napoleone a Sant’Elena. Sul rapporto fra Napoleone e il bambino figlio dell’ufficiale inglese che lo teneva prigioniero, anche qui c’è il rapporto tra un vecchio e un giovane. Mio padre non ha fatto nessuno dei due film, ma so che voleva fare alla fine della sua carriera un film sui vecchi, come ho fatto io.

Il  titolo è stupendo. È una metafora di qualcosa?

Mi verrebbe da dire che il titolo è bello e basta, ma, in qualche modo, ha a che fare con un cambiamento. Il punto di rugiada è un momento di cambio di temperatura quando si raggiunge una certa gradazione (e questo può portare meteorologicamente anche a una nevicata: infatti c’è una scena del genere nel film, molto forte e molto bella). Però è anche un passaggio dal prima al dopo, cioè, se vogliamo intenderlo così, è come se si fosse superato un certo limite e, dopo, sei vecchio. Poi, a dire il vero, è un’espressione che ho sentito per caso. Io vado spesso a pranzo in un ristorante vicino casa dove ci sono molti anziani e ce n’era uno che vedevo sempre in disparte. È finita che ci siamo conosciuti: lui era un pianista, poi le mani gli sono diventate artitriche e non poteva più suonare, ma era anche un appassionato di meteorologia, si vedeva che se ne intendeva. Io magari gli chiedevo: «Come vedi oggi la situazione?» e lui rispondeva «mah, diciamo che probabilmente verso le 16:30 dovrebbe piovere». E invece c’era stato il sole tutto il giorno e io non gli badavo, poi capitava veramente che alle 16:30 piovesse. Una volta disse: «Sono un po’ preoccupato per il punto di rugiada». Meraviglioso. Questa cosa del punto di rugiada è diventata il titolo del film.

Hai già una data di uscita?

Adesso l’ho finito e non so quando uscirà, probabilmente in primavera.

Lucia Rossi in Il punto di rugiada

Lucia Rossi in Il punto di rugiada

La scelta del cast come è stata? Da quali esigenze è stata guidata?

Per il cast mi sono sentito completamente libero né ci sono state ingerenze da parte di Rai Cinema e neanche Domenico Procacci ha avuto niente da ridire. Anche perché non è un film costosissimo, è un po’ una scommessa. I due protagonisti maschili sono due giovani ragazzi, praticamente delle novità, ma molto di talento. L’infermiera capo è Lucia Rossi, tanto bella quanto brava, non ha fatto molte cose al cinema, ma ha lavorato in televisione anni fa in serie di successo e adesso si ripropone in questa chiave. Poi tutti gli altri sono attori di teatro, strepitosi: Massimo De Francovich, Eros Pagni, Luigi Diberti, Erika Blanc (con e senza denti), Maurizio Micheli, insomma non i volti che vedi solitamente al cinema.

Hai avuto dei modelli in mente nel fare il film? Ultimamente ne sono stati girati diversi sul tema dell’Alzheimer.

Qui c’è solo un personaggio malato di Alzheimer, il personaggio di Luigi Diberti, poi anche un’altra vecchina molto carina. Ma il film non è su quello. L’Alzheimer è qualcosa che viene trattato in maniera molto tangente. Mio padre aveva fatto un film, Primo amore, con Ugo Tognazzi e Ornella Muti, in cui tutta la prima parte era ambientata in un ospizio. Quella parte, secondo me, era davvero molto bella, dopo, quando i due andavano a Roma, il film un po’ si perdeva. Poi c’è un film che ho visto qualche anno fa, diretto da Dustin Hoffman, Quartet, su una casa di riposo per cantanti lirici inglesi. Quel clima lì, con quell’atmosfera, a me è sempre piaciuta. Non a caso, anche Il punto di rugiada, come Mery per sempre e Soldati – 365 all’alba, sono ambientati in una struttura chiusa. Mi piace la descrizione degli spazi chiusi, quando sei costretto a stare in un ambiente.

Ornella Muti e Ugo Tognazzi in Primo amore

Ornella Muti e Ugo Tognazzi in Primo amore

L’utima fatica di Marco Risi, Il punto di rugiada, arriva nelle sale dal 18 gennaio distribuito da Fanfango.

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Il punto di rugiada

  • Anno: 2024
  • Durata: 1h 52m
  • Distribuzione: Fandango
  • Genere: Dramma
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Marco Risi
  • Data di uscita: 18-January-2024