Un omaggio al nonno del regista, ma anche una ricerca che va oltre nel mediometraggio In search of Averroes in concorso al Festival dei popoli 2022.
Un vero e proprio viaggio è quello che, attraverso elementi tipici del documentario riesce a fare João Cristóvão Leitão.
La sinossi di In search of Averroes
Il film si apre su una casa che, a partire da alcune foto in bianco e nero, si materializza in uno spazio presente e insieme ancorato a un’altra epoca, quella del nonno Aníbal, di cui l’autore non ha quasi ricordi. Qui inizia la ricerca del film, intento a ricostruire una figura sfuggente del passato attraverso l’accumulazione delle immagini familiari. In questo processo emerge per associazioni mentali un racconto di Jorge Luis Borges (In cerca di Averroé): un testo che si fa riflesso della ricerca dell’autore, declinata attraverso il visuale piuttosto che attraverso le parole della traduzione. (Fonte: Festival dei popoli)
La recensione di In search of Averroes
Un’intima condivisione quella che João Cristóvão Leitão ha realizzato con il suo In search of Averroes. E soprattutto un prodotto inevitabilmente soggettivo. Raccogliendo determinate informazioni, il regista non solo racconta il nonno, ma racconta anche Borges, la sua opera e qualcosa di universale.
Al centro c’è anche l’elemento dello specchio, importante perché alla fine il regista parla più di sé stesso che di suo nonno.
Un doppio binario
A colpire profondamente nel mediometraggio In search of Borges c’è anche il discorso della memoria. Una memoria che va a intersecarsi perfettamente con tutto ciò che il regista ha raccolto. Immagini e testo vanno di pari passo in quest’opera. Le immagini (cinematografiche e fotografiche) e il testo (scritto e parlato) sono la vera chiave di lettura del film.
Nel momento in cui smetto di credere in loro Averroè, Borges e Anìbal scompaiono.
Il lavoro su Borges
In search of Averroes è, come detto, anche un lavoro di ricerca e di studio su un autore. Un autore con il quale il regista era già entrato in contatto e con il quale ha lavorato partendo prima dalle immagini e poi dal testo, rendendosi conto che la spiegazione delle immagini sullo schermo era già presente. Pur comprendendo l’impossibilità di realizzare un ritratto del tutto oggettivo, João Cristóvão Leitão capisce che la descrizione migliore di ciò che ha realizzato sono le pagine di Borges.
La tecnica
João Cristóvão Leitão fa suoi due elementi del documentario rendendoli quasi elementi di finzione, oltre che narrativi. E lo fa con estrema attenzione e cura nei dettagli. Le foto sovrapposte l’una sull’altra con una ripresa ferma, immobile, statica e la voce narrante che racconta e spiega quello che stiamo vedendo è il punto di forza di un’opera solo in apparenza personale, ma che in realtà è indirizzata a chiunque.