Sono molti i film che, nel corso dei decenni, hanno denunciato l’orrore dei vari regimi dittatoriali e, più in generale, dei totalitarismi. Lo hanno fatto utilizzando svariati generi e stili, dal grottesco al drammatico, dal documentario alla fiction, senza tralasciare l’animazione. Tutti però funzionali ad evidenziare, grazie alle immagini, il male profondo perpetrato ai danni dell’umanità.
Questo breve elenco di dieci film non vuole essere altro che un piccolo spunto per affrontare il tema, con l’auspicio che, da queste idee, possa nascere la voglia di andare a ricercare altre opere cinematografiche che qui sono rimaste escluse.
I film, tutti di facile reperimento, sono stati elencati in un ordine cronologico basato sugli accadimenti storici, anziché sulla base dell’anno di produzione.
Dieci film che parlano di dittature
Nazismo
Il grande dittatore (The Great Dictator), Charlie Chaplin, 1940
Uscito negli Stati Uniti nel 1940, l’anno precedente all’ingresso degli Americani in guerra, Il grande dittatore è tra i film più famosi di Charlie Chaplin.
Satira feroce e, al tempo stesso, tremendo atto d’accusa alla barbarie nazista, Il grande dittatore è il primo film parlato realizzato da Chaplin, che, avendo ben presente la tragedia a cui si stava andando incontro, ridicolizza sia Hitler – che nel film diventa Adenoid Hynkel, dittatore di Tomania – sia il suo patetico sodale Mussolini, a cui Chaplin affibbia il nome di Bonito Napaloni, dittatore di Batalia.
Il ritratto che Chaplin fa di Hitler – celeberrima la scena in cui il dittatore gioca con un grande pallone a forma di mondo che, alla fine, gli scoppia in mano – è impietoso ed evidenzia in maniera esemplare tutta la follia, la megalomania e la vanagloria del dittatore del Terzo Reich. Oltre a lanciare, con il lungo monologo finale, un monito al mondo intero. Un discorso che dura ben sette minuti con il quale Chaplin esprime tutto il suo disprezzo contro ogni forma di totalitarismo.
Fascismo
Una giornata particolare Ettore Scola, 1977
Famoso film, tra i migliori di Ettore Scola, con due affiatati interpreti quali Sophia Loren e Marcello Mastroianni.
Ambientato durante il ventennio fascista, Una giornata particolare si svolge nell’arco di qualche ora, il 6 maggio 1938, giorno della storica visita di Hitler a Roma.
La vicenda, magistralmente diretta da Scola, narra dell’incontro fra una donna, Antonietta, madre di numerosi figli e sposa di un uomo convintamente fascista, e Gabriele, che si scopre essere una voce dell’EIAR, l’ente radiofonico nazionale, sospeso dall’incarico e in procinto di essere accompagnato al confino per il suo antifascismo e per le sue tendenze omosessuali.
Quando Antonietta e Marcello, che sino ad allora non si conoscono, vengono per caso in contatto, stabiliscono un rapporto tanto intenso quanto fugace e senza futuro, frutto delle loro solitudini e della loro emarginazione. In una società che non tollera la diversità e il dissenso, relegando la donna a mero strumento di procreazione al servizio dell’uomo che, per contro, non è ammesso possa essere omosessuale.
Franchismo
La trincea infinita (La trinchera infinita), Jon Garaño, Jose Mari Goenaga, Aitor Arregi , 2018
Ispirato a una storia vera, il film, diretto a sei mani da tre registi baschi, ripercorre la drammatica vicenda di un oppositore al regime franchista che, per paura o viltà, sceglie di rimanere nascosto, per tutti i lunghi anni della dittatura, in un luogo segreto presso la sua abitazione.
Siamo nell’Andalusia del 1936, anno di inizio della guerra civile spagnola. Higinio (Antonio de la Torre), a seguito di una denuncia, viene catturato dai miliziani franchisti. Sfuggito all’arresto si rifugia a casa propria, in una intercapedine invisibile dall’esterno: una prigione nella quale trascorrerà oltre trent’anni, sempre accudito dalla moglie Rosa (Belén Cuesta). Sino a quando, nel 1969, il Generale Franco, per celebrare l’anniversario della sua salita al potere, concede un’amnistia a tutti gli oppositori politici.
Il film si snoda lungo due binari contrapposti: da un lato lo scorrere del tempo all’esterno, con i lenti mutamenti degli usi e costumi della società, che avvenivano anche nella Spagna chiusa e arretrata del periodo franchista. Dall’altro l’immutabile condizione di prigionia auto-imposta da Higinio, metafora di un paese incapace di alzare la testa e ribellarsi a uno stato dittatoriale fra i più lunghi della Storia.
Una sconfitta di un’intera nazione riassunta nelle parole che Higinio dirà a un amico del figlio, oppositore clandestino del regime e nascosto per un breve periodo con lui nel rifugio: “lascia perdere la politica e dedicati alle ragazze e al divertimento”.
Dieci film che parlano di dittature
Grecia: regime dei Colonnelli
Z – L’orgia del potere (Z), Costa-Gavras, 1969
Ambientato nel 1963, il film di Costa-Gavras si ispira all’assassinio del deputato socialista greco Gregoris Lambrakis, traendo spunto per la sceneggiatura dal libro “Z” di Vassilis Vassilikos, pubblicato nel 1966.
Nel film non viene mai esplicitamente citata la Grecia del regime dei colonnelli. Tuttavia, la trama, i personaggi e le situazioni che il regista di origine greca porta sullo schermo, con un montaggio estremamente serrato e alternato, volto a provocare uno stato di crescente ansia e inquietudine nello spettatore, descrivono chiaramente la progressiva perdita dei diritti democratici nel paese mediterraneo, a seguito dell’ascesa al potere dei militari dopo il golpe fascista del 21 aprile 1967.
In Z – L’orgia del potere (il titolo prende il nome dalla lettera “Z” che in greco antico sta a significare “è vivo”) troviamo un cast d’eccezione, con Yves Montand, Irene Papas, Jean-Louis Trintignat, Jacques Perrin e Renato Salvatori fra gli altri.
La colonna sonora è affidata al musicista e cantautore greco Mikīs Theodōrakīs, imprigionato e torturato durante gli anni della dittatura.
Uruguay
Una notte di 12 anni (La noche de 12 años), Álvaro Brechner, 2018
Il regime dittatoriale sotto il quale cadde l’Uruguay negli anni Settanta fu fra i più feroci di quel periodo nell’America latina. Molti leader e attivisti Tupamaros, formazione di ispirazione marxista-leninista che si opponeva al regime, vennero arrestati e sottoposti a un regime carcerario durissimo.
Fra questi José Mujica, detto Pepe, che sarebbe diventato presidente del suo paese molti anni dopo e altri due compagni, Mauricio Rosencof ed Eleuterio Fernández Huidobro.
Il film di Brechner racconta i dodici, terribili anni di prigionia dei tre attivisti. Una carcerazione durissima con un trattamento disumano. Privati della luce del sole, in celle minuscole spesso sottoterra, ostaggi di uno stato totalitario che, non potendole sopprimere, sottoponeva le proprie vittime a forme di tortura fisiche e psicologiche tali da condurle alla follia.
Una notte di 12 anni è un film che, pur nella sua linearità e, a voler essere pignoli, nel suo eccesso di didascalismo, è in grado di toccare corde particolarmente delicate che ne rendono la visione estremamente coinvolgente dal punto di vista emotivo.
Tratto dal libro “Memorie del calabozo” scritto dagli stessi compagni di prigionia di Pepe Mujica Maurizio Rosencof ed Eleuterio Fernández Huidobro, il film di Álvaro Brechner rende onore al futuro presidente dell’Uruguay, fra le più belle figure politiche e umane degli ultimi cinquant’anni. Un uomo che ha fatto della coerenza il proprio stile di vita.
Cile: dittatura di Pinochet
Post Mortem (Post Mortem), Pablo Larraín, 2010
Nella vicenda di Mario (uno strepitoso Alfredo Castro), sta tutto il dramma del popolo cileno che, dopo il golpe del 1973, sprofonda in un incubo fatto di morte, violenza e affossamento di ogni diritto umano.
Mario, impiegato presso l’obitorio di Santiago del Cile dove trascrive a macchina i risultati delle autopsie e vede, improvvisamente, arrivare centinaia di cadaveri morti a seguito del colpo di stato.
Quando giunge anche il corpo privo di vita del presidente Salvador Allende, Mario, diviso fra il suo triste lavoro e l’amore che prova per Nancy (Antonia Zegers), diventa testimone muto della tragedia di un intero popolo che muore sotto i colpi dei militari o nelle prigioni sotto i ferri delle torture.
Il film di Pablo Larraín è un film cupo, che colpisce lo spettatore con una violenza silente ma, non per questo, meno impressionante. Un film imprescindibile per capire ciò che è stata la feroce dittatura di Pinochet.
I generali argentini
Garage Olimpo Marco Bechis, 1999
Marco Bechis, con questo suo secondo lungometraggio, realizza un film assai crudo su ciò che è stato il regime dittatoriale argentino dal 1976 al 1982.
Garage Olimpo nasce dalla diretta esperienza dello stesso Bechis, sequestrato dalla polizia argentina nel 1977 e rinchiuso per qualche mese in un carcere clandestino.
Attraverso la dolorosa vicenda di Maria (Antonella Costa), una giovane donna prelevata dall’esercito dalla propria abitazione con l’accusa di essere una sovversiva, Bechis mostra le efferatezze compiute dalla dittatura militare. E attraverso la figura di Maria che, dopo l’arresto, viene rinchiusa nel cosiddetto “Garage Olimpo” e sottoposta a numerose torture fisiche e psicologiche, descrive la sorte dei molti uomini e donne arrestati, torturati e poi fatti sparire nell’oceano attraverso i tristemente famosi “voli della morte”.
Un tema quest’ultimo che ricorrerà anche nel successivo lungometraggio di Bechis Figli/Hijos (2001), basato sulle vicende dei figli dei desaparecido, strappati alla nascita alle madri per essere dati in adozione alle famiglie dei militari.
Dieci film che parlano di dittature Khmer rossi e regime di Pol Pot
L’immagine mancante (L’image manquante), Rithy Panh, 2013
Realizzare un documentario sul genocidio perpetrato dalla sanguinaria dittatura di Pol Pot in Cambogia non deve essere stato facile, in quanto non esistono immagini se non quelle di propaganda realizzate dal regime.
Eppure il regista cambogiano Rithy Panh, è riuscito nell’impresa utilizzando un particolarissimo, quanto curioso, escamotage: realizzare alcuni diorami con statuine che simulano le varie situazioni, mescolandole sapientemente, con un grande lavoro di montaggio, ai video ufficiali realizzati dagli Khmer rossi.
Il risultato finale è un interessantissimo documentario che racconta quell’orrore, andando così a ricostruire l’“immagine mancante”, cioè quella che non è mai stata realizzata e che permette di far comprendere al mondo cos’è stato quel regime sanguinario.
Un regime al quale Rithy Pahn ha pagato un prezzo enorme, poiché, figlio di un intellettuale, si è visto sterminare l’intera famiglia in un campo di lavoro quando era poco più che un bambino.
Regime saudita
La bicicletta verde (Wadjda), Haifaa Al Mansour, 2012
La bicicletta verde è, senza dubbio, un film coraggioso. Per due motivi: innanzi tutto perché è il primo film mai realizzato da una regista saudita, Haifaa Al Mansour, che lo ha girato direttamente nella capitale dell’Arabia Saudita Riyadh. In secondo luogo perché tratta un tema molto delicato, quello della negazione dei diritti alle donne nel paese saudita e dei soprusi ai quali vengono quotidianamente sottoposte.
Haifaa Al Mansour riesce a fornire un’idea della condizione femminile nel suo paese attraverso la storia di Wadjda (Waad Mohammed), una dodicenne il cui sogno è quello di guadagnare i soldi per acquistare una bicicletta (ovviamente proibita per una donna) con cui gareggiare con il suo amichetto Abdullah (Abdullrahman Algohani).
La bicicletta verde è un’opera critica verso il regime e che utilizza sapientemente lo strumento della satira, mostrando, al contempo, un profondo rispetto per la cultura islamica, come sta a dimostrare, simbolicamente, il colore della bicicletta di Wadjda, che è il colore sacro dell’Islam in quanto simbolo del Paradiso.
Dieci film che parlano di dittature Regime dei talebani
I racconti di Parvana (The Breadwinner), Nora Twomey, 2017
Il film d’animazione di Nora Twomey, tratto dal libro di Deborah Ellis “Sotto il burqa”, è ambientato nella Kabul del 2001, durante il regime dei talebani. Una dittatura che vieta alle donne i diritti fondamentali e le reprime, obbligandole a scomparire sotto il burqa.
Nella vicenda di Parvana, una ragazzina ribelle di undici anni che, quando il padre viene arrestato, decide di travestirsi da maschio per poter lavorare e sfamare, così, la sua famiglia, c’è tutto il dramma e, allo stesso tempo, il desiderio di riscatto delle donne afghane.
I racconti di Parvana, ben realizzato e disegnato con un tratto essenziale ma efficace, è uno strumento utile per insegnare ai bambini cos’è l’odio in una società in cui viene negata ogni espressione di libertà.