fbpx
Connect with us

In Sala

The Artist

Michel Hazanavicius realizza una delle opere più originali ed ardite degli ultimi tempi, già in odore di cult, oltre che di Oscar

Pubblicato

il

 

Anno: 2011

Distribuzione: BIM Distribuzione

Durata: 100’ (B/N)

Genere: Drammatico

Nazionalità: Francia

Regia: Michel Hazanavicius

 

Rendere parlante e sonoro un film muto non è impresa da tutti: ma è proprio quanto riesce a fare il regista francese Michel Hazanavicius, ideatore e realizzatore di una delle opere più originali ed ardite degli ultimi tempi, The Artist, lungometraggio in bianco e nero sulla Hollywood degli anni Venti/Trenta, già in odore di cult, oltre che di Oscar.

Lo spunto è la storia di George Valentin, divo incontrastato ed amatissimo del cinema muto che, giunto all’apice della carriera (bella casa, bella moglie, autista privato), inizia una rapida decadenza con l’avvento del sonoro, al quale rifiuta, per narcisismo o paura, di sottomettersi. Al suo destino s’intreccia quello della giovane e seducente Peppy Miller, aspirante ballerina ed attrice, che riesce a farsi fotografare con Valentin sulla copertina di Variety, dando così inizio ad una fulgida carriera da star, senza però dimenticare l’amico George ed il suo decisivo aiuto nella scalata alle vette hollywoodiane. Il regista non nasconde di essersi ispirato, per il soggetto, alla storia di amicizia/amore che legò, nella realtà, Greta Garbo a John Gilbert,  sostenuto dall’attrice e da lei imposto ai produttori quando, nel passaggio al sonoro, la voce dell’attore fu ritenuta inadatta allo schermo. L’ascesa e la caduta delle stelle del cinema, meteore adorate e dopo poco destinate all’oblio, dalla grande macchina tritacarne del divismo, è uno dei temi sottesi in The Artist, che è però anche un atto di reverente e romantico amore al cinema degli anni Venti e non solo.

Coltivavo da anni il desiderio di fare un film in bianco e nero – ha affermato il regista – forse perché i cineasti che ammiro di più vengono dal cinema muto (Hitchcock, Lang, Ford, Lubitsch, Murnau). Trovo che sia un cinema molto emozionale, eccitante, di narrazione pura, dove la storia si racconta tutta attraverso le immagini e l’organizzazione dei segni e delle sensazioni che il regista riesce a trasmettere, il resto lo fa l’immaginazione di ciascuno. Ma per passare dalla fantasia alla realtà serviva un produttore diverso dagli altri, come Thomas Langmann, che ha creduto nel mio progetto, investendo anche soldi suoi.”

Nel film vi sono alcune trovate geniali, come il tintinnio di un bicchiere ed il suono di altri oggetti che, improvvisamente, rompono il silenzio del muto con l’avvento del sonoro, valorizzate dalla brillante interpretazione dei due protagonisti principali, Jean Dujardin, un ammiccante e narcisista Valentin (vincitore a Cannes del premio per il miglior attore) e Bérénice Bejo, una generosa ed affascinante Peppy. Altrettanto interessanti gli attori non protagonisti, in particolare John Goodman, nel ruolo del regista/produttore della Kinograph e Penelope Ann Miller in quello di moglie annoiata e trascurata.

Per girare ho usato la tecnica delle 23 immagini al secondo – continua il regista – tipica degli anni Venti, che rende bene l’atmosfera dell’epoca, ed ho dato una leggera accelerazione, usando la gamma dei grigi per potenziare le sfumature del b/n, quando le vicende della storia erano negative, ed aumentando il contrasto quando nella storia tutto andava bene. Agli attori ho chiesto una recitazione il più possibile naturale, non volevo ‘clown’, ed ovviamente avere ottimi attori come i miei aiuta molto. Credo che con l’arrivo del sonoro abbiamo guadagnato nella complessità dei personaggi e degli intrecci ma si è persa l’utopia. La mia intenzione, con questo film, è quella di sedurre il mio pubblico con una bella storia, non ho pensato né all’Oscar né alle vendite ma spero di portare dentro le sale anche i giovani che di solito rimangono fuori”.

Con il suo The Artist, girato realmente ad Hollywood,  Hazanavicius colpisce al cuore i suoi spettatori: anche i più cinici dovranno fare un notevole sforzo per resistere ai buoni (ma sottili) sentimenti del film, alla sua poetica drammaticità, al ritaglio psicologico dei protagonisti, alle dettagliate e nostalgiche ricostruzioni di un’epoca gloriosa per il cinema e, last but not least, alle arti del buffissimo cane ammaestrato, compagno di set e di vita, nella buona e nella cattiva sorte, di George (alias Rodolfo) Valentin.

Elisabetta Colla

Scrivere in una rivista di cinema. Il tuo momento é adesso!
Candidati per provare a entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi drivers

Commenta