Con questa guida vi segnaliamo 10 film distopici presenti su Netflix che riteniamo interessanti da un punto di vista tecnico, estetico e narrativo.
Akira (1988)
Si tratta di un Cult movie del cinema Nipponico: è un anime per adulti e racconta di un giovane motociclista che entra in contatto con un misterioso ragazzino dalla pelle verde. Dopo di lui, però, arrivano anche dei misteriosi agenti governativi e ovviamente un sacco di guai.
È un film maturo che non ha paura di mostrare la violenza e il sangue e ci sorprende sempre di più ogni minuto che passa.
Evidente l’influenza di Blade Runner, soprattutto per come è disegnata la fantascientifica Tokyo, ma anche per la condivisione del “triste” destino.
Costato un miliardo di yen, forse anche più, (in un’epoca in cui i film giapponesi costavano mediamente 100 o 200 milioni di yen) non riuscì a rientrare nel budget, con appena 700 milioni di incasso in patria. Solo grazie al mercato home video i produttori recuperarono l’investimento.
Tratto dall’omonima Graphic Novel di A. Moore, il film ha al centro un giustiziere mascherato che lotta per riportare la democrazia in un Regno Unito governato da un regime totalitario.
Scritto dalle registe di Matrix (con il quale ha non poco in comune, soprattutto nello stile dei dialoghi) è un film che non ha fretta di far partire l’azione. E, infatti, più che sull’action punta su una trama forte e personaggi ben caratterizzati: le origini del vendicatore ci vengono rivelate pian piano.
E la resa dei conti (con anche un omaggio a Sergio Leone) è veramente girata in maniera ammirevole.
Degne di nota anche l’interpretazione di Natalie Portman (che pare non sia capace di deludere) e le scenografie.
Io sono leggenda (2007)
È il più famoso dei tre adattamenti dell’omonimo romanzo di R. Matherson.
Will Smith è (apparentemente) l’unico essere umano rimasto su una terra popolata da mostri generati da un virus che infetta uomini e animali.
Anche in questo caso, come nei precedenti, è un film che non ha fretta di far partire l’action e lo conserva per il finale. E, per compensarne la carenza durante il film, gli autori hanno abbondato con scene di suspense realizzate magistralmente che fanno rizzare i capelli ogni volta che si vede un’ombra muoversi o che si sente un rumore.
Ottimo equilibrio fra dramma (mai sdolcinato) e speranza e Will Smith è cupo (e palestrato) al punto giusto per essere più che credibile.
Film cupo, sia nella trama che nella fotografia, che tratta di un uomo che intraprende un lungo viaggio per portare un “dono” alla civiltà messa in ginocchio da una guerra nucleare.
A emergere, fin da subito, sono l’influenza di Sergio Leone, quella di Mad Max e la metafora biblica. A proposito di quest’ultima Denzel Washington è, infatti, un futuristico profeta, votato a portare (a suon di botte) la parola del Signore in una terra di peccatori fuorilegge che vivono in una cittadina desolata simile al villaggio di un qualsiasi western.
Anche se a tratti può risultare un po’ scontato, Codice Genesi è un film al quale vale comunque la pena dare una possibilità.
Hunger Games (2012)
Primo di quattro film, Hunger Games è incentrato su una ragazza povera che partecipa a dei “giochi gladiatori” in cui o vinci o muori, realizzati a mo’ di reality televisivo. A seguito della sua partecipazione la giovane diventa un’eroina del popolo.
Scritto in maniera accattivante ma, purtroppo, diretto non allo stesso modo (le scene d’azione non convincono), brilla soprattutto per le interpretazioni di un cast molto ben assortito.
La fotografia è cupa, molto più dei capitoli che seguono, e forse anche questo è un punto di forza. Si tratta di una scelta azzeccata che dipinge quel mondo ingiusto e classista che gli autori volevano raccontare.
Un film che ha dato il via a un vero e proprio fenomeno mediatico che, purtroppo, si è spento prima della fine della saga e gli ultimi capitoli non hanno ottenuto il successo dei primi.
Secondo film del regista di District 9 potremmo quasi considerarlo come un remake di quest’ultimo, solo realizzato con più mezzi (il budget di questo film è 115 milioni di dollari, contro i 30 del primo).
Le tematiche sono uguali tra i due film: diversità tra classi sociali, lotta per l’uguaglianza e spirito di sacrificio. E anche lo stile registico non varia di molto con camera a mano, effetti speciali stupendi, squartamenti e sangue a litri.
Gli attori sono bravi, ma su tutti spicca ancora S. Copley (il protagonista di District 9) che qui interpreta il sadico antagonista.
Questo film, sicuramente non all’altezza dell’opera prima del regista, è comunque un raro esempio di kolossal impegnato che racconta attraverso una metafora spettacolare, tematiche scomode e sempre attuali.
Oblivion (2013)
Si tratta, anche in questo caso, di un’opera seconda. Il regista covava l’idea dal 2005 quando scrisse il racconto omonimo di 12 pagine.
Più che per la regia, il film brilla per la sceneggiatura che sorprende dall’inizio alla fine riuscendo a non risultare quasi mai scontata (cosa non frequente per un film che punta più che altro sull’intrattenimento).
Gli attori sono convincenti, compreso Tom Cruise. E, riguardo gli attori, nota di merito a Morgan Freeman, strepitoso come in ogni altro film.
Menzione anche per gli effetti speciali, talmente veri che neppure si notano.
Anarchia: la notte del giudizio (2014)
È il secondo capitolo di una saga (5 film e una serie TV) ma, non avendo nulla a che fare col primo film, si può procedere a una visione anche senza aver visto gli altri.
Racconta di un’America in cui, una notte l’anno, tutto è consentito (persino l’omicidio) e gli abitanti possono dare libero sfogo ai loro istinti primordiali.
Chiaramente ispirato, soprattutto nella fotografia, a 1997: fuga da New York, ha un tasso di violenza estremamente elevato tanto da poter essere considerato uno Slasher-Horror di ambientazione Noir.
Bisogna ammettere che non è un film che brilla per le interpretazioni, per la trama o per la regia ma, comunque, è una metafora molto ben elaborata di come certe cose vadano in America e si potrebbe, per certi versi, considerarlo un film “Horror-politico”.
Quarto capitolo della celebre saga post-apocalittica, in cui Mel Gibson passa il testimone a Tom Hardy.
È pressoché privo di trama con i protagonisti che devono scappare dai cattivi che li inseguono.
Il regista G. Miller (lo stesso dei primi tre capitoli) lo ha realizzato con il semplice scopo di intrattenerci per due ore. E ci è riuscito.
Le scene d’azione (che coprono circa l’85% del film) sono le migliori realizzate da 20 anni a questa parte e la computer grafica è ridotta al minimo. Le macchine che esplodono, gli incidenti e l’uomo che suona una chitarra che sputa fuoco su un camion che sfreccia a 150 Km orari nel deserto australiano… è tutto vero.
Il comparto di scenografia (che ha disegnato tutti i veicoli del film) e i costumi sono incredibili e il cast vanta una C. Theron che ci regala una delle sue migliori interpretazioni degli ultimi anni.
Piccola curiosità: dopo averlo visto, Quentin Tarantino lo ha eletto come suo film preferito.
L’incipit della trama è pressoché lo stesso di 1997: Fuga da New York. Esiste una zona in cui i criminali vengono isolati e dove possono fare quello che vogliono a chi vogliono.
Non è però ambientato in una New York notturna, ma in un deserto dal sole accecante.
Non c’è molta action, ma la violenza la fa comunque da padrona (la protagonista viene mutilata a pochi minuti dall’inizio) e, oltre a questa, il film non ha paura di mostrare altre “schifezze”, basti pensare all’escamotage che adotta la ragazza per fuggire dai suoi aguzzini cannibali.
È un film Tarantiniano, in cui l’influenza dell’arte Pop è evidente.
E gli attori sono tutti in splendida forma (soprattutto Jason Momoa).