Ne La befana vien di notte II – Le origini interpreta la mamma di Fabio De Luigi, ma Guia Jelo ha al suo attivo una carriera ricchissima. Centinaia di ruoli da protagonista (Le buttane, La divina Dolzedia, L’erede) , grandi successi e tanta vera passione, l’attrice originaria di Catania sa come lasciare il segno. E lo dimostrano non solo i suoi lavori, ma anche chi ha avuto il piacere, la fortuna e l’onore di condividere con lei la scena.
Guia Jelo, Fabio De Luigi e Alessandro Haber in una scena de La befana vien di notte II – Le origini
Io non sono un’attrice star, non faccio parte della cerchia dei vip, ma ho fatto centinaia di protagoniste.
Guietta è il vezzeggiativo con cui in tutti la chiamano, amici, colleghi, ma anche semplici conoscenti, conquistati dalla sua personalità travolgente, dal calore e dall’umanità. E tutto ciò non è assolutamente una facciata. Lo dicono i fatti: animalista in un modo tutto suo – come ci tiene a precisare – ha un gatto di nome Gabriele e si indigna quando parla di caccia, corride e macellazione dei cavalli.
Le cose più belle nella mia vita sono la visione dei cavalli, il tempio di Segesta, il David di Michelangelo e i quadri di mia madre, Giovanna Marraro.
Traumatizzata dalla scoperta del suo nome anagrafico (Guglielmina Francesca Maria) e con un passato da «ballerina negata», a scuola di Franco Miseria e Renato Greco, paragona De Luigi a Clodio (per il quale ha una grandissima ammirazione), «persone di temperamento forte, che sono il massimo della bontà». Amante dell’arte in generale – in special modo cita il David di Michelangelo, Leonardo Da Vinci, la storia romana e Shakespeare – e avvocato penalista mancato, ci ha raccontato stralci della sua vita e della sua carriera, da cui è impossibile non trarne spunti di riflessione e ispirazione.
Giua Jelo da piccola con il tutù
In attesa di vederla nel film di Paola Randi, dal 30 dicembre 2021 in sala, e nella serie Prime Video, The bad guy, di Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi, eccone i punti salienti (e illuminanti). Tra ricordi, rivelazioni e un’incredibile energia che si irradia da ogni sua singola parola.
Il rapporto con Mariangela Melato e i significati dell’anima
La Melato si batteva per me.
Insieme abbiamo lavorato sulla stesura di un metodo didattico per insegnare recitazione. Ho avuto questo onore e poi purtroppo non abbiamo potuto aprire questa scuola. Ne avrebbe affidato la gestione a me e a Paola Cortellesi. Avevamo tutte le carte firmate, battute a macchina e preparate da lei, ma un incendio ha distrutto tutto. All’epoca non avevo Internet, parlo di 20 anni fa…
Paola Cortellesi, Mariangela Melato e Guia Jelo
Molti mi dicono che sono brava, alcuni – come la Melato – mi dicono che sono bravissima. Ma tutto viene dai significati dell’anima. Sin da piccola penso di vivere in una dimensione dell’aldilà, dove tutto dev’ssere per forza gestito dall’anima, dal sentimento.
Ci sono significati che vengono dal corpo, significati che vengono dal cuore, ma il significato di ciò che dirò lo prendo dall’anima.
Ciò viene dalla mia spiritualità, pur non essendo praticante. Io professo tutte le religioni, purché ci sia un Dio benevolo. Sono proiettata verso i sentimenti, per esempio amo Platone.
Ecco perché sono così brava, perché sono un’entità. Ma tutto questo pesa sugli altri. Pretendo molto da me stessa, ma quando non si vive in un eremo pesa sugli altri, perché sembra che io possa in qualche modo ingingantire il mio io.
Invece io il mio io lo maltratto.
Siccome pretendo tanto da tutto, come faccio a gestire una cosa fondamentale nella mia vita?
L’incontro con Sironi
Io soffro molto, con il mio senso di responsabilità, nel gestire le aspettative, nel non deluderle. Per me uno degli incontri più belli e significativi della mia vita è stato quello con Alberto Sironi per Il ladro di merendine, il primo episodio de Il Commissario Montalbano.
Quando lo incontrai mi chiese se fossi emozionata e io gli risposi “molto, ma non è per il provino, è che non voglio deluderla maestro”. In realtà non fu un provino, perché il ruolo me lo aveva già dato. Mi ricordo che quando entrai, si alzò e fece il gesto di aggiustarsi la cravatta. Poi mi rispose “chi ti dice che non sono io che non voglio deludere te?”. Non lo dimenticherò mai e questo lo insegno a tutti i miei allievi, perché voglio che capiscano che lì c’è un essere umano che ha le sue insicurezze, le sue aspettative.
La causa animalista di Guia Jelo
Non credo che io possa salvare il mondo, non sono vegana, ma non mangio gli animali, non indosso pellicce. Quello che condiziona molto, ma molto molto, la mia vita è il dolore. A volte non dormo la notte, ma poi mi faccio forza.
Le persone a cui tengo di più al mondo sono gli animali.
Per me non c’è nessuna differenza tra un cucciolo di gatto, un puledro, con quello che c’è stato da parte mia con i miei figli. Ho quattro nipoti e due acquisiti; mi chiamano tutti nonna e sono cresciuti insieme, in una tipica famiglia allargata. Due di loro si chiamano Guia, gli altri Gianfranco, Luigi, Bruno Alessandro. Una volta a una festa, Bruno, il grande, mi ha detto
Nonna Guia ci ha insegnato l’amore.
Questa è una cosa che io mi porto dentro sempre.
Guia Jelo con i nipoti (nell’ordina, da sx a dx) Luigi detto Gigetto, Guia G., Guia B. e Gianfranco detto Puledro
Cosa l’ha portata a intraprendere la strada della recitazione?
La sofferenza, la delusione per una cosa che ero sicura di poter fare. Ero in un collegio femminile con le suore, che mi adoravano, soprattutto la madre superiora. Quando hanno messo in scena Piccole donne, per cui hanno chiamato un regista da fuori e fatto le cose in grande, c’erano molti ruoli, tante protagoniste. Io ero emozionata, sicura, tutta pimpante.
Il destino mi punì, non ottenni il ruolo.
Mi misero una specie di grembiulone. La prima battuta della mia vita è stata l’unica e sola battuta – in uno spettacolo di tre ore, dove c’erano tutti i genitori seduti nelle prime file: “Ohibò, 40!”. Ovviamente si riferiva alla febbre di una delle protagoniste. E se ne cascò il teatro. Tant’è che mi domandai come lo avevo detto…
Avevo 12 anni e pensai che forse avrei fatto l’attrice. Poi subentrò l’opera e lì feci una protagonista a scopo di beneficenza. Avevo già 19-20 anni. Abbiamo fatto delle teche per conservare le candelore di Sant’Agata, santa protettrice della mia città.
Poi con mio zio, Fernando Maria Jelo di Lentini, che già lavorava con i fratelli Taviani, abbiamo fatto uno spettacolo, di cui io ero protagonista. Mi videro Turi Ferro e Ida Carrara, scusate se è poco. Da lì mi sono iscritta prima alla scuola di Teatro dello Stabile di Catania, dove ho preso un diploma di tre anni. E lì studi tutto e non ti inventi attore. Poi ho voluto completare il mio percorso alla grande, con Giorgio Strehler, al Piccolo di Milano.
Diciamo addio allo specismo e aboliamo caccia e corrida
Dobbiamo arrivare un giorno a due cose. Però io voglio morire dopo, me lo voglio gustare. Che nessuno più parli di omosessualità. Finché non si farà questo, vuol dire che c’è diversità. Dev’essere normale. Credo che questo lo insegnasse un grandissimo uomo, nonostante il suo essere costretto a vivere da guerrafondaio: Giulio Cesare. Avrebbe fatto tanto se avesse vissuto altri dieci anni, forse sarebbe risucito a fare ciò che chiedo io.
Quindi bisognerebbe abbandonare lo specismo per quanto riguarda il sesso degli esseri umani. Non si deve più dire sono etero o sono gay.
La seconda cosa che io auguro al mondo futuro è l’abolizione della corrida e della caccia. Provo una rabbia profonda e un dolore, quando passo davanti ai ristoranti che servono carne di cavallo. Il cavallo capisce la lingua dove è vissuto e sa quando lo stanno per uccidere.
La caccia è un business, perché vendono le armi e affittano i terreni, per cui ne dubito, ma pretendo dai politici che vietino la dicitura sport. Perché non lo è.
Io vorrei che in tutte le armi che si comprano per andare a caccia ci fosse scritto “non è a uso sportivo, ma solo ed esclusivamente a uso nocivo, perché procura la morte di un essere vivente”.
Mi fa soffrire troppo.
Il mio difetto principale è l’ansia, anche il mio pregio principale. Perché l’ansia mi porta lealtà, puntualità, correttezza, precisione e mantenimento della parola. Sono molto attendibile, e a volte petulante.
L’appello di Guia Jelo contro i reality sul femminicidio
Un’altra cosa che io odio: i reality sul femminicidio. Non si devono fare, li devono vietare. Siccome sono dei gialli fatti molto bene, curati, con delle regie fatte da colleghi strepitosi, hanno molto audience. Per i canali va benissimo, ma è una vergogna, perché è risaputo dalla polizia postale che molti uomini copiano uguali questi reati.
I reality sono emulativi.
Ma ciò che mi fa ancora più rabbia, sono le interviste alle madri delle donne uccise, dopo appena due mesi dall’uccisione della figlia, con il rossetto e gli orecchini. Io non lo tollero, voglio che questo dolore venga rispettato. E tu, madre di donna uccisa, non mi rispetti, a me società. Dove si capisce che uno soffre?
L’incontro con Michele Placido
Quello che mi fa identificare con Michele Placido (con il quale ha condiviso numerose volte la scena, da Lo sguardo del ponte a Sei personaggi in cerca d’autore, ndr.), è che io sogno una cosa nel mondo artistico, dello spettacolo, che se la avessero tutti ci sarebbe tanto benessere. La riassumo con una semplice frase, che è proprio una frase di Michele Placido:
Bisogna essere contenti del successo di un collega, perché comunque è un successo che ha il nostro settore E più successi ha il nostro settore e più ne possiamo godere anche noi.
Guia Jelo con Michele Placido
Sono un essere umano con le mie debolezze, ma godo del sucesso degli altri, mi piace. Ma la cosa che più mi fa rabbia è che, spesso, i miei colleghi e colleghe sono invidiosi del successo degli altri, anche se comunque non avrebbero potuto ricoprire quel ruolo. Nella mia vita, dentro la mia anima, Michele Placido è la prova lampante, concreta, della certezza dell’esistenza di un amore vero e profondo, anche se platonico.
Non vedo l’ora che la moglie, Federica Vincenti Placido, e i figli leggano questa intervista, sono sicura che ne godranno perché sono delle persone meravigliose. Io sono molto legata, maternalmente, a Federica Vincenti, che è una donna molto speciale, perché regge l’impero Placido – ed è diventato tale grazie a lei – supera ostacoli, crisi, ritrova sempre la strada.
L’amicizia secondo Guia Jelo
Quello che non mi piace del mio ambiente è che non si riesca, almeno vale per me, a stringere amicizie profonde con chi è al mio stesso livello o sotto di me. Le mie amiche più care sono le gemelle Rossella e Simona Izzo, che sono totalmente diverse tra loro. Uguali nella quantità di amore che provano per me, ma diverse nella qualità.
Io credo molto anche nell’amicizia tra uomo e donna. Il mio nuovo amico del cuore è Neri Marcorè (con cui ha da poco finito di girre Le più belle frasi di Ocho, ndr.), che ovviamente mi chiama Guietta.
*Salve sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.