“Tutte le azioni umane sono manifestazioni contro la morte”.
Con questa meravigliosa citazione di Bjorn Magnussen, “un nome che sa di neve” si apre, oltre alla bocca di un pesce squartato che funge da originale story-teller e menestrello, l’ennesimo capolavoro di un grandissimo regista: Denis Villeneuve.
In una commedia dai toni dark, la visionaria aderenza, anche filosofica, alla realtà del regista canadese, viene qui spolpata da un fantasmagorico racconta-storie: un pesce sul punto di essere tagliato in due dal suo aguzzino.
“E‘ una frase che mi riconcilia con l’umanità! dice la protagonista – salvo apprendere poi che il suo autore si sia ucciso. Ed il cinema di Villeneuve è proprio come questa breve, ma efficace citazione che stordisce. Dice tutto e il contrario di tutto. Per questo le sue dinamiche divengono estremamente affascinanti.
Egli lascia lo spettatore a bocca aperta come uno scacco matto inaspettato. Mai banale, elegante nelle inquadrature, nella fotografia, nei dialoghi potenti e raffinati Villeneuve ha molto da dire e sa come dirlo.
Maelström la storia
Una giovane donna in carriera vedrà smantellarsi tutto quello che ha costruito a causa di errore fatale. Sarà quindi costretta dal fato a dover recuperare ciò che ha “distrutto”, grazie all’incontro della vita, rivedrà se stessa e i suoi precari egoismi.
Maelström cos’è? Nella letteratura e nella cultura di massa
Per chi non lo conoscesse il titolo del film prende spunto da un fenomeno simile a un gorgo, causato dalla marea che entra con prepotenza in passaggi molto stretti e non riesce a fluire agevolmente. È un fenomeno che si riscontra nelle coste di Scozia e Norvegia e nel film inghiotte i protagonisti stessi nei loro piccoli egoismi, nella brama si successo, nell’arrivismo fino a che un grosso cambiamento risucchierà l’esistenza di Bibiane, la protagonista perfettamente interpretata da Marie-Josée Croze e la trasformerà in una persona nuova .
Il maelström in un’illustrazione de A Descent into the Maelström di Edgar Allan Poe
Molto é tratto anche dalla letteratura; Jules Verne parlò del Maelström nel romanzo giovanile Un inverno tra i ghiacci e in Ventimila leghe sotto i mari.
Così come Emilio Salgari nel romanzo Verso l’Artide con la Stella Polare. Viene poi menzionato dal capitano Achab nel romanzo Moby Dick di Melville. Infine Giorgio Bassani nel Giardino dei Finzi Contini lo usa come metafora degli ultimi giorni del 1939, per definire una caduta nel profondo, una discesa lunga e progressiva nell’abisso. un pò come quella della nostra protagonista a cui, per fortuna, è dato risalire.
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