“VIAGGIO s. m. [dal provenz. viatge, fr. ant. veiage, che è il lat. viatĭcum […]: spostamento da un luogo a un altro, che si fa per divertimento o per necessità. In altri casi, la parola viaggio ha un significato più specifico: 2. un viaggio può essere, per esempio, un pellegrinaggio 3. uno spostamento verso un luogo non particolarmente lontano ma che per particolari motivi si rivela più lungo o faticoso del previsto.”
Arduo e probabilmente superfluo descrivere puntualmente nero su bianco cosa significhi viaggiare. Questo tipo di esperienza non è circoscrivibile a una sterile definizione Treccani.
È forse questo l’obiettivo primario del cinema: descrivere attraverso gesti, espressioni suoni e colori ciò che le parole non sono in grado di interpretare.
Cinque pellicole, che attraversano differenti epoche raffigurando alla perfezione diverse tipologie di viaggio, ma riflettendo tutte un cambiamento psicologico e una ricerca introspettiva non indifferente.
Stand by me (1986)
Una settimana fuori casa con gli amici può diventare l’ultima tappa dell’infanzia come in “Stand by me”, dove i protagonisti, quattro dodicenni alla ricerca del corpo di un ragazzo morto, crescono per l’ultima volta insieme, prima che le strade si separino. Il film è tratto dal racconto Il corpo di Stephen King all’interno del volume Stagioni diverse.
Into the wild (2007)
“La felicità è tale solo se condivisa”: a volte si capisce cosa si stava cercando quando è troppo tardi. Per Chris di “Into the Wild” è stato proprio così. All’interno del Magic Bus in quella tanto agognata Alaska, aveva inseguito con così tanta ostinazione l’ideale di libertà che quando finalmente l’aveva raggiunto, si era reso conto che non era l’unica cosa che contava davvero.
Un film su un viaggio è sempre una storia di formazione. I protagonisti, giovani o adulti, affrontano delle sfide: prima fra tutte, stare fuori di casa e dunque dalla propria zona sicura, mettersi alla prova. La volontà di adattarsi. Un istinto fondamentale, primordiale, quello della sopravvivenza, che però non sempre risulta affine agli esseri umani, oggigiorno. Istinto che porta con sé inevitabilmente il cambiamento.
Non c’è un periodo preciso della vita in cui avvenga la formazione e dunque il cambiamento dei personaggi, può verificarsi in qualsiasi momento.
Little Miss Sunshine (2006)
Un viaggio che spazia fra tutte le età è quello che compiono i personaggi di Little Miss Sunshine ( in copertina).
Il titolo è il nome di un concorso di bellezza per bambine. Cosa c’entra un concorso di bellezza per bambine con il viaggio e il cambiamento? C’entra perché tutti i personaggi imparano qualcosa.
La protagonista è una bambina di sette anni che desidera più di ogni altra cosa diventare reginetta del concorso di bellezza.
Tutti i membri della famiglia, all’apparenza strampalati, decidono di partire insieme a bordo di un vecchio furgoncino T2 giallo della Volkswagen per recarsi dal Nuovo Messico in California, alle finali del concorso di bellezza.
Nel corso del film i personaggi cambiano. Persino il padre, che rappresenta l’ideale di successo tipico americano in cui vieni messo in continua competizione con gli altri, nel finale si lascia andare, concedendosi il lusso di essere fuori luogo come tutti gli altri familiari.
Un viaggio non deve per forza avere una fine. C’è chi parte senza sapere quando tornerà. E se tornerà.
Chi per scelta, chi perché costretto. L’ostacolo più grande spesso è la partenza. Una volta in gioco, non ci si può più tirare indietro. E anche fermarsi non sempre è così facile.
Nomadland (2020)
Incertezza e precarietà sono i due elementi che si respirano maggiormente nel pluripremiato film Nomadland della regista cinese Chloé Zhao. Il film viaggia per tutto il tempo e non si concede neanche qualche bel paesaggio come ci si aspetterebbe in pellicole di questo genere: la camera rimane sempre bassa, piatta come la storia che viene raccontata e i luoghi che vengono mostrati. La trasferta diventa perenne e si trasforma in una continua fuga. Una storia che cerca le lacrime ma non le trova.
Il tragitto può essere accompagnato, anziché dalle lacrime, spesso e volentieri dalle risate del gruppo. Un famoso trio ha usato l’espediente dei viaggi in auto per i propri film.
Tre uomini e una gamba (1997)
Il primo lungometraggio di Aldo, Giovanni e Giacomo “Tre uomini e una gamba” prende spunto proprio dai lunghi viaggi in auto che compivano ai tempi dei loro spettacoli teatrali.
L’identità del film è prevalentemente quella del road movie, nonostante non manchino rimandi ad altri generi cinematografici come i gangster movie e il neorealismo per i vari sketch.
Nella categoria dei film on the road ci sono diversi mezzi con cui viene narrata l’avventura dei protagonisti: dalle classiche moto di Easy Rider, al più singolare tagliaerba di David Lynch in Una storia vera, fino all’assenza di mezzi se non delle proprie gambe come in Il cammino per Santiago.