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I Griffin: la recensione della serie capolavoro, scorretta e vera

Peter e Lois sono i capofamiglia di un gruppo sconclusionato e sfrontato fatto da personaggi sgradevoli e irresistibili: vediamo il segreto della loro longevità

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I Griffin (in originale Family Guy, “il ragazzo di casa“) è una serie animata creata da Seth McFarlane e mandata in onda dalla Fox dal 1999. In Italia, dopo essere stata trasmessa dalla Fox di Sky,  attualmente le prime diciassette stagioni sono disponibili su Disney Plus: le ultime due finora sono andate in onda nel 2020 su Italia Uno.

La Storia

Se I Simpson hanno raggiunto lo status di icone, toccando e superando i trent’anni di programmazione ininterrotta, c’è un altro mondo contiguo ma diverso che è tra di noi da più di due decadi: sono I Griffin (titolo italiano per The Family Guy), perché era il 5 novembre del 2000 quando la serie creata da Seth McFarlane sbarcava in Italia.

Per chi li conosce appena, il confronto con la famiglia dei gialli è immediato e naturali, ma non è nell’originalità dello show che vanno individuate le ragioni di un successo e i motivi per cui The Family Guy è un piccolo capolavoro. L’inventiva di Matt Groening ha saputo creare un mondo nuovo dove il quotidiano americano era polarizzato tra ridicolizzazione e denuncia sociale, innovando (e non poco ) il mondo dell’animazione insieme a quello della serialità.

Ma è anche vero che, oltre Homer Simpson, ad osservare gli States e riderci sopra dal 1997ci sono anche i quattro ragazzi volgari, cattivi e maleducati di South Park ideati da Trey Parker e Matt Stone.

Tra le due serie, una tonalità di humor che apre uno squarcio con esalazioni di umorismo nero e cupo, sgradevole e ai limiti della pornografia del linguaggio: ecco, è proprio in quello squarcio, quella divisione e lontananza, in quel terreno divisorio e sfumato che McFarlane ha inserito la sua sitcom ambientata a Quahog, cittadina immaginaria del Rhode Island dove vive la famiglia Griffin composta da Peter e Lois, i loro figli Chris, Meg e Stewie e il cane Brian.

Le vicende dei Griffin scivolano completamente nel grottesco, in una realtà fatta di continui flashback e trame che non seguono un filo logico ma dotate di una vena demenziale irresistibile: e non serve rincorrere l’originalità a tutti i cosi (quello è un primato dove Groening è vincitore indiscusso) né parlare di avanguardia come se fosse un feticcio; The Family Guy ha la forza esplosiva di un progetto che ha sia la forza iconografica dei Simpson sia quella iconoclasta di South Park.

Lo show è stato chiuso da Fox nel 2003, dopo appena tre stagioni, e in seguito riproposto su altre reti come TBS o Adult Swim, costringendo la stessa Fox a riaprirlo nel 2005,  anche con film e videogiochi di derivazione fino allo spin-off del 2009, The Cleveland Show.

La struttura dei Griffin

Dove i Simpson girano intorno alla struttura da sit-com, i Griffin vi si inseriscono a gamba tesa e la sfruttano fino a divorarla, arrivandone all’essenza per riproporla nuda: prendono in giro la psicosi americana dopo l’11 settembre, giocano su sesso, aborto, omosessualità, droga, religioni, disabilità e qualunque altro argomento intoccabile da qualunque altro show seguito in tutto il mondo.

É per questo che I Griffin sono la sintesi della formula sit-com, rivoluzionando la grammatica dell’assurdo, esultando su improvvisi lampi di puro genio comico che vivono come isole all’interno di trame che possono durare anche anni, come delle pop-up stories che possono fermare l’ordinario andamento della trama anche per diversi minuti, fino a monopolizzare l’episodio.

Fin dal ritratto dei personaggi principali si mette in scena un puzzle delle perversioni e delle contraddizioni contemporanee: il capofamiglia è un mediocre impiegato grasso e improduttivo, con un lieve ritardo mentale di cui è consapevole e che usa per i suoi fini; la moglie, figlia di un ricco multimiliardario, è sfuggita al controllo del padre (ovviamente contrario al matrimonio della figlia) e cerca di comporre una famiglia perbene, salvo poi cadere in uno sfrenato menefreghismo verso figli e società; il figlio minore, Stewie, è cattivo, con un enorme complesso di Edipo, violento e perverso, e un’omosessualità latente che sfoga con il loro cane antropomorfo, Brian.

Lo stesso cane è uno scrittore fallito cocainomane, intellettuale cialtrone, progressista a parole (per poi votare Trump di nascosto) e sessuomane; la figlia Meg è acuta ma grassa e sgradevole il primogenito Chris stupido e ingenuo, con una scimmia violenta e minacciosa nell’armadio.

Per finire con tutto il cast di contorno composto da personaggi caratterizzati al limite del macchiettismo ma sempre sgradevoli e negativi, dal vecchio pedofilo alla bionda svampita.

È naturale a questo punto chiedersi come faccia un serial animato a proporre argomenti così caldi in un periodo così delicato; e fin quanto sia giusto ironizzare su alcuni temi.

Per quanto riguarda il come, la risposta è relativamente semplice e immediata: nei grandi capolavori, c’è sempre una sottotraccia intellettuale che giustifica e mette in secondo piano la traccia comica. Family Guy è così, ed è sempre credibile perché quello che dice (in maniera sfacciata, scorretta, a volte volgare, a volte irresistibile e a volte sgradevole, ma sempre con sincerità e urgenza), così come è dichiaratamente un cartone animato per adulti, sviando così dalla necessità di dover dare delle risposte concilianti ma potendo basarsi solo su domande da porre, interrogativi da sollevare.

Il segreto dei Griffin probabilmente risiede proprio dentro di noi: piace e funziona perché si rivolge a tutti coloro (noi) che hanno qualcosa da nascondere, che sia una piccola depravazione o anche quel sottile piacere di essere giustificatamente o meno scorretti.

La satira nei Griffin

Più complicato è invece capire fino a che punto sia legittimo irridere: insomma, fino a dove può spingersi la satira.

”Oggi cominciamo la giornata con una buona notizia. Ricordate la puntata del cartone blasfemo andata in onda in fascia protetta? Bene. L’Agcom dopo la segnalazione della Lega ha sanzionato la Walt Disney company con 60 mila euro di multa, giudicando il messaggio veicolato nocivo per i minori”: sono le parole di esultanza di Simone Pillon, in conseguenza all’azione di alcuni parlamentari della Lega (Calderoli e Belotti avevano annunciato l’invio di un esposto) per la personale reinterpretazione fatta in un episodio dello show sulla nascita di Gesù.

La Walt Disney (proprietaria della Fox) aveva provato a smarcarsi spiegando proprio che Family Guy non ha come target i bambini, e che l’episodio incriminato era andato in onda su un canale Sky dopo il 100 (intorno al 600): nonostante questo, l’Agcom ha stabilito una multa da 62.500 euro.

Ora, quale sia il limite che la satira deve autoimporsi è un argomento tra i più dibattuti di sempre. Anni fa, a Cannes, un Jerry Lewis spazientito dall’ennesima domanda in merito al suo rapporto con Dean Martin, rispose “ma lei lo sa che è morto, vero?”: e fu Alberto Crespi a dire che “Se un uomo arriva a farti ridere alle lacrime parlando della morte del suo migliore amico, quell’uomo è un genio”.

Posizione condivisa da McFarlane, che non si fa problemi ad inserire nel suo serial battute e nonsense sull’AIDS, l’11 settembre, la pedofilia, il cancro. E ancora peggio, la religione.

Quello che non tutti hanno l’intelligenza e la lucidità di vedere è che sotto la coltre di cinismo e cattiveria, I Griffin hanno una consapevolezza di fondo che rende le loro storie mature e riflessive, con critiche acute e mai banali al nostro oggi. La satira fatta quindi non è mai ovvia o scontata, e punta il dito contro l’enstablishment tout court, e più in generale contro chiunque (uomo o entità associativa) che ha perso strada facendo la credibilità a causa di una controproducente saccenza di fondo.

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Family Guy

  • Anno: 1999
  • Durata: 19 stagioni, 363 episodi
  • Distribuzione: Fox
  • Genere: animazione
  • Nazionalita: stati uniti