Presentato in anteprima italiana al Biografilm Festival nella sezione Contemporary Lives, il danese Cannon Arm and the Arcade Quest è un bizzarro documentario su una passione condivisa. La storia di un gruppo di amici patiti di videogames arcade alle prese con un’impresa assurda e apparentemente impossibile. Ma anche un inaspettato inno pop al valore del tempo e dell’amicizia.
Cannon Arm and the Arcade Quest – Trama
Pac-Man, Donkey Kong, Double Dragon, Puzzle Bobble, Gyruss. Al Bip Bip Bar di Copenaghen gli arcade games non sono mai passati di moda. Ne sa qualcosa Kim Cannon Arm che proprio allo sparatutto spaziale Gyruss ha dedicato tutta la vita e con cui ora, alle soglie della terza età, decide di battere un nuovo record: 100 ore ininterrotte di gioco per entrare nell’olimpo dei grandi giocatori di videogames. Un’impresa che ha dell’incredibile e che coinvolgerà tutte le persone che gli stanno intorno.
Suicide Squad
Potrebbe essere una sgangherata storia di supereroi, in fondo, quella dei protagonisti di Cannon Arm and the Arcade Quest. O, almeno, è così che ci viene presentata da Mads Hedegaard, giovane regista desideroso di introdurci nel suo gruppo di amici fuori dal comune con uno sguardo nerd carico di empatia.
Qualcosa di eroico, del resto, ce l’ha indubbiamente l’impresa di Kim Cannon Arm, gamer ben determinato a entrare di diritto nella leggenda sfrecciando e sparando nello spazio per il maggior tempo possibile.
Ma da dove deriva tanta passione e tanto sprezzo (anche fisico) per il pericolo? Cosa muove quei personaggi improbabili e fuori dal tempo, a metà strada tra Il grande Lebowski e una commedia anni 80? È cercando la risposta a queste domande che il regista danese si addentra nelle vite di questo gruppo accanito di giocatori. Vite profondamente segnate dalla filosofia videoludica in ogni loro aspetto, da quello lavorativo a quello esistenziale, tra trattati di fisica quantistica, teorie musicologiche e reading di poesia.

Nostalgia canaglia
In anni in cui la patina nostalgica della cultura eighties si è depositata un po’ ovunque, condizionando il nostro rapporto con un passato visto come mitico e inalterabile, era inevitabile che si esplorasse anche uno dei suoi aspetti più iconici. Quello degli arcade games. Eppure, in questo piccolo documentario pieno di pixel e luci al neon – nato dall’onda lunga di Ready Player One – pare non esserci nessuna reale barriera tra passato e presente. Niente che giustifichi realmente un vero e proprio senso di nostalgia.
Guardando al fondamentale documentario The King of Kong di Seth Gordon, Hedegaard ne riprende infatti le dinamiche per ribaltarle e costruire un film sospeso nel tempo. Una vicenda dove la rivalità tutta americana tra giocatori lascia il posto a una solidarietà e a un sostegno reciproco fuori da qualsiasi storia o dinamica.
Una storia esistenziale
Il risultato è così un’opera che parte dal documentare un fenomeno ben circoscritto nel tempo e finisce per parlare di altro. Di amicizia, soprattutto, ma anche di sogni e di quel desiderio tutto umano di voler lasciare un segno, anche nel modo più assurdo.
In fondo, per Kim e compagni, contano poco le gesta quasi sovrumane del campione Billy Mitchell o il Walter Day di “Twin Galaxies”, qui ridotti a comparse. Quello che conta è la passione per qualcosa di condiviso, un rifugio dalla dittatura del tempo e dal suo scorrere, prima di tornare a essere particelle che vagano nello spazio.
Una imprevedibile riflessione esistenziale, insomma, quella di Cannon Arm and the Arcade Quest. Fermo immagine ironico e affettuoso su ciò che si è perso e su ciò che è rimasto. Tra 8 bit o tra migliaia di stelle, poco importa.