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FESTIVAL DI CINEMA

Berlinale 2021: il cinema puro di Denis Côté in Social Hygiene

In Social Hygiene il regista canadese Denis Côté riporta il cinema alla dimensione del reale.

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In Social Hygiene il regista canadese Denis Côté riporta il cinema alla dimensione del reale.

In un’epoca di budget milionari, i nostri pochi milioni di euro italiani che stanno nelle dita di una mano, che i produttori italiani fanno tanta fatica a mettere assieme per finanziare un film, fanno quasi sorridere i co-produttori internazionali, canadesi compresi. Denis Côté riporta la realtà all’interno del cinema. Il cinema come strumento di racconto, come osservazione del mondo, dell’universo, dei rapporti, della società, dell’uomo. Il cinema si depura di ogni sovra-costruzione data dall’industria e diventa un lavoro di introspezione. Denis Côté non ha paura di fare un film low budget, perché non è questo che da valore al suo cinema.

Nonostante Social Hygiene sia definito una commedia, a nostro avviso non lo è. Il film è quasi un dramma surreale. Definirla commedia è quasi volerlo forzatamente catalogare in un genere, quando il film non risponde alle regole di alcun genere. Il cinema di Côté è un discorso sperimentale, catturato da una macchina da presa.

Il racconto che Côté fa dell’uomo, dei rapporti, della società, dell’uomo e della donna, dell’uomo e delle donne, è un racconto che potrebbe essere un’opera teatrale. Potrebbe essere un dipinto o una fotografia. Non è il mezzo cinematografico che lo identifica nella sua essenza di opera d’arte.

Denis Côté racconta l’uomo nella sua povertà affettiva, nel suo non sapersi relazionare con il genere femminile. Le donne che tengono in pugno Antonin (Maxim Gaudette) sono delle donne che si innalzano ad un quadro superiore. Antonin le guarda dal basso. L’uomo viene dipinto come una macchina stupida, un insulso bipede nonostante le ambizioni intellettuali, privo di qualunque positività.
L’amore che le donne provano per Antonin è un amore falso. E Antonin prova a sua volta una sorta di dipendenza da queste donne. In primis sua sorella, Solveig (Larissa Corriveau), che lo critica costantemente, che non lo accetta. Solveig non vede nessuna positività in lui e nel suo stile di vita. Solveig è il suo giudice più spietato.

Poi sua moglie, Églantine (Evelyne Rompré), che lo tradisce, che lo ama, ma non lo ama. E la sua amante Cassiopée (Eve Duranceau), che anche lei lo illude senza donargli amore. Entrambe queste si relazionano con Antonin, ma ne prendono le distanze. Lo disapprovano, non lo reputano un uomo all’altezza della loro anima.

Antonin fugge anche da Rosa (Kathleen Fortin), spietato volto rosa del fisco, sua persecutrice; che raffigura l’ordine morale della donna schiacciata dal padre padrone, o forse no. Aurore (Eleonore Loiselle) è l’anima più pura in questo scenario di miserabili e sua reale vittima.

Gli uomini sono come i funghi, più sono belli e più sono velenosi.

Antonin rappresenta il genere maschile, quello che tutte le donne vedono oggi nella gran parte degli uomini. Niente di più, niente di meno. Un truffatore, una perdita di tempo, un individuo senza speranza. In questo il racconto di Côté sembra essere nato dalla pancia di una donna. Così denigrano l’uomo che dovrebbe essere l’animale a loro complementare, ma non lo è. Perché le donne si elevano oggi ad uno stadio più alto.  Côté ne è consapevole. Ci illude di raccontarci di un uomo e dell’amore, ma in realtà non è questo quello che vuole fare.

La pulizia, l’igiene che fa Côté non è solo sociale. Non c’è niente di pulito nelle relazioni che il regista ci racconta. L’unica cosa che può ricordarci l’igiene è l’assenza di una densità. Questi rapporti umani sono superficiali.

Il film concepito da Côté è un’opera che rappresenta in maniera perfetta la Pandemia che stiamo vivendo, ma che in realtà è stato concepito ancora prima, durante un suo viaggio a Sarajevo nel 2015. Durante il quale il regista ha avuto modo di fermarsi a riflettere e di immedesimarsi in questo personaggio di Antonin, che è un personaggio che ci fa sorridere.

La cosa curiosa è che il titolo, che può sembrare un titolo perfetto per un film girato in questo momento storico e sociale in realtà era già stato pensato all’epoca. Arriva al pubblico in un momento perfetto per poter essere compreso e assimilato.

Ogni riferimento alla Pandemia è una nostra proiezione, la nostra volontà di trovargli un’attualità che il film ha già nel suo essere senza luogo e senza tempo. Noi che oggi viviamo una distanza fisica e morale e stiamo vivendo una depurazione, un’igiene, della società dopo averne portato la sua tossicità intrinseca ai massimi livelli.

La distanza era già li, ma noi non la vedevamo. È questo quello che ci dice Côté. Questo ci voleva già dire del mondo prima della Pandemia. I rapporti umani, affettivi, familiari, le relazioni e gli amori, vivono una distanza drammatica, una solitudine, che non si rivelava all’epoca, come oggi, nello spazio, ma che si rivela e si rivelava già da prima nelle nostre anime.

I personaggi di Social Hygiene non li vediamo nemmeno, ce li immaginiamo. La camera è talmente lontana che riusciamo a malapena a distinguere i loro volti. Li identifichiamo attraverso i loro abiti, i costumi di scena, le maschere che si mettono addosso per investirsi del loro ruolo nella società. Quando alla fine vediamo in primo piano i loro volti, ci lasciano quasi scontenti. Gli avevamo messo le maschere dei volti che conosciamo, li avevamo rivestiti con i ruoli che a noi ci sono più vicini.

Anche la recitazione minimalista, la staticità dei corpi, l’annullamento del movimento degli attori e della camera lasciano spazio alla nostra immaginazione. Li vediamo muoversi nelle nostre menti, li vediamo agire negli spazi che noi stessi conosciamo, come fosse un nostro sogno o una nostra proiezione. Le voci quasi urlate che rimbalzano nei dialoghi sono talmente armoniose che creano quasi dei monologhi, l’interpretazione è ferma e decisa.

Ma sono dei personaggi senza luogo e senza tempo, che per tutta la durata del film ci fanno sperare che non siano proprio un ritratto di noi stessi.

Lo script è perfetto. Non ha sbavature, è senza debolezze. Un ritmo preciso di frasi brevi, come un metronomo elettronico, che detta il tempo alle parole come note, tutte degne di spazio. Sono parole quasi vuote, superficiali, che racchiudono l’essenzialità dell’esistenza umana.

Solo in un momento Côté ci tradisce. Quando ci rivela la connessione con la realtà che ci circonda. Quando ci frusta con due parole che sono totalmente avulse dal contesto del film: “Volkswagen” e “Facebook”. Il regista accende la luce nella sala buia del cinema (in cui non siamo, ma immaginiamo di essere), per riportarci alla realtà. Per dirci: questo siete Voi! È un colpo al ventre.

I personaggi di Côté sono messi in un ambiente asettico. L’opera potrebbe essere tranquillamente un’opera teatrale. In un teatro vuoto, senza scenografia, in un teatro senza costumi, senza luci, senza pubblico. L’opera di Côté si svolge ogni giorno davanti ai nostri occhi, nei rapporti che vediamo, nei rapporti che viviamo, nei rapporti che conosciamo.

Côté in questo mette i personaggi all’interno di una scenografia che potrebbe sembrare vuota, assente, mancante. Una scenografia che non c’è, ma che in realtà è la scenografia più ricca che ci possa essere: è la Natura. Il mondo in cui viviamo e di cui ci dimentichiamo perché pensiamo di dover costruirci attorno una scenografia e un ambiente artificiale. Quello in cui ci ritrae Côté è l’ambiente naturale dai cui veniamo.

C’è una forte contraddizione tra i personaggi fermi all’interno dello spazio che si parlano a distanza con un tono di voce alto come se dovessero far sentire la propria voce in un teatro e la Natura all’interno della quale sono restituiti. Una Natura viva e accesa, che parla. Si possono sentire i canti degli uccelli, i suoni del vento, dell’erba e del fruscio delle foglie sugli alberi.

Anche se la prima cosa che ci viene da pensare guardando Social Hygiene è: manca la musica, manca la colonna sonora! Perché siamo intossicati dalle chiassose stimolazioni multi-sensoriali che ci circondano e alle quali siamo ormai abituati. Abbiamo dimenticato qual è il piacere del silenzio che ci regala i suoni naturali che sono essi stessi colonna sonora dell’universo in cui viviamo. Allo stesso modo siamo abituati ad una sovra-costruzione artificiale del cinema, ad una ri-costruzione artificiale del mondo che ci circonda, dell’ambiente sociale in cui viviamo, che ci fa dimenticare che quella che abbiamo attorno a noi, pura in sé stessa è già una scenografia.

Social Hygiene (Hygiène sociale): trama

Antonin è un dandy. Così bravo con le parole che avrebbe potuto essere un grande scrittore, invece le usa per tirarsi fuori dai guai. Diviso tra la duplice necessità di essere parte della società e di sfuggirne, viene messo alla prova da cinque donne, che mettono in discussione il suo carisma e il suo senso dell’umorismo, ma in primis la sua aria da vivi e lascia vivere: sua sorella, sua moglie, la donna che ama, una impiegata del fisco e una vittima dei suoi furtarelli.

Social Hygiene: il trailer

Il trailer è molto distante dal film, ricco di parole, ma ne cattura spiritosamente la provocazione di un’inutilità delle parole molto bunueliana.

Social Hygiene (Hygiène sociale): Cast & Crew

Social Hygiene è un film scritto e diretto da Denis Côté. Interpretato da Maxim Gaudette (Antonin), Larissa Corriveau (Solveig), Eleonore Loiselle (Aurore), Eve Duranceau (Cassiopée), Kathleen Fortin (Rose) e Evelyne Rompré (Eglantine).

Prodotto dallo stesso Denis Côté con Annie St-Pierre, Aonan Yang, Andreas Mendritzki

Una produzione Inspiratrice & Commandant in co-produzione con Greenground. Distribuito nel mondo da Inspiratrice & Commandant e Greenground.

Chi è Denis Côté?

Nato a New Brunswick in Canada nel 1973, dopo aver studiato cinema lavora ai suoi primi cortometraggi e come critico cinematografico. Nel 2005 realizza la sua opera prima Drifting States che vince Golden Leopard al Festival Internazionale del Film di Locarno in Svizzera. Carcasses (2009) viene presentato al Festival di Cannes.

Côté si interessa all’esplorazione dei temi della solitudine, le paure più intime, l’alienazione attraverso i documentari e le opere di finzione che confrontano e mettono in discussione i linguaggi del cinema. I suoi film sono mostrati in oltre venti retrospettive in tutto il mondo. Social Hygiene è il suo tredicesimo lungometraggio, che segue i suoi più recenti film: Curling, Bestiaire, Vic+Flo ont vu un ours (Vic+Flo Saw a Bear), Wilcox e Répertoire des villes disparues (Ghost Town Anthology).

Denis Côté: Filmografia

  • 2005 Les états nordiques (Drifting States)
  • 2007 Nos vies privées (Our Private Lives· Maïté; short film
  • 2008 Elle veut le chaos (All That She Wants)
  • 2009 Carcasses
  • 2010 Les lignes ennemies (The Enemy Lines· Curling (Curling – Geheimnisse im Schnee)
  • 2012 Bestiaire
  • 2013 Vic + Flo ont vu un ours (Vic + Flo haben einen Bären gesehen / Vic and Flo Saw a Bear)
  • 2014 Que ta joie demeure (Joy of Man’s Desiring)
  • 2015 Excursões (Excursions); short film · Que nous nous assoupissions (May We Sleep Soundly); short film
  • 2016 Boris sans Béatrice (Boris Without Béatrice)
  • 2017 Ta peau si lisse (A Skin So Soft); documentary
  • 2018 Répertoire des villes disparues (Ghost Town Anthology)
  • 2019 Wilcox
  • 2021 Hygiène sociale (Sozialhygiene / Sociale Hygiene)

Berlinale Encounters

Il lungometraggio Social Hygiene di Denis è stato presentato all’interno della sezione Encounters di una particolarissima 71. Berlinale che si svolge dal 1 al 5 Marzo 2021.

Encounters è una piattaforma che mira a promuovere opere esteticamente e strutturalmente audaci di registi indipendenti e innovativi. Il suo obiettivo è supportare nuove prospettive nel cinema e dare più spazio a diverse forme narrative e documentarie nella selezione ufficiale.

Concepita come contrappunto e complemento alla sezione Competition, Encounters è una sezione competitiva dedicata alle nuove visioni cinematografiche. I film selezionati sfideranno le forme tradizionali e chiederanno agli spettatori di riconsiderare le loro posizioni rispetto ad esse. Essendo uno specchio dei diversi modi di produzione che si sono sviluppati nel 21° secolo e riflettendo questa risonante energia, Encounters diventerà un punto d’incontro per registi e produttori, programmatori e critici cinematografici, cinefili e amanti dei festival.

 

Articolo a cura di Kevin Joiner e Federica Pazzano

Hygiène sociale (Social Hygiene)

  • Anno: 2021
  • Durata: 75'
  • Nazionalita: Canada
  • Regia: Denis Côté
  • Data di uscita: 02-March-2021