Accattone, un film del 1961 scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Opera che segna il suo esordio alla regia, Accattone può essere considerato la trasposizione cinematografica dei suoi precedenti lavori letterari. In questa pellicola insegue una sua idea di narrazione epica e tragica. Il film è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare. Il film doveva essere prodotto da Federico Fellini, che tuttavia si tirò indietro all’ultimo momento, preoccupato dall’imperizia di Pasolini con le tecnicità del mezzo, a cui si avvicina per la prima volta con questo progetto. Il film sarà quindi prodotto da Alfredo Bini. Le riprese del film furono effettuate tra l’aprile e il luglio 1961. Presentato alla 22ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia il 31 agosto 1961, il film di Pasolini ricevette dure contestazioni. Alla “prima” del film al cinema Barberini a Roma, un gruppo di giovani neofascisti cercò di impedire la proiezione, lanciando bottiglie d’inchiostro contro lo schermo, bombette di carta e finocchi tra il pubblico. Ci furono colluttazioni e la visione del film fu sospesa per quasi un’ora. La pellicola uscì nelle sale il 22 novembre 1961. Il film sarà bloccato in sede di censura dal sottosegretario al Ministero del Turismo e Spettacolo Renzo Helfer e ritirato da tutte le sale italiane. Nel 1962 viene presentato al Festival Internazionale del cinema di Karlovy Vary (Cecoslovacchia) e vince il Primo premio per la regia.
Con Franco Citti (leggi qui l’articolo sull’attore), Franca Pasut, Adriana Asti, Paola Guidi, Silvana Corsini, Luciano Conti, Luciano Gonini, Renato Capogna.
Sinossi
Storia di uno sbandato, Accattone, che trascina una esistenza vuota nelle borgate romane. C’è una donna che pensa a mantenerlo facendo la prostituta. Quando lei viene arrestata e Accattone si vede privato del suo sostentamento, va in cerca della moglie, abbandonata tempo prima con un figlioletto; respinto da lei trova solidarietà in una ragazza “pulita”.
«Cinematografia sgrammaticata» era una definizione che lo stesso Pier Paolo Pasolini dava del suo cinema, più vicino alla pittura, ai campi visivi di Giotto e di Masaccio, ai manieristi come il Pontormo che al senso moderno del cinema. Lo sfondo è lo scenario sul quale si muovono i personaggi, quasi sempre primo piano contro primo piano, ma anche tra carrelli e panoramiche. Accattone nasce come cinema di attori non professionisti, celebrando uno straordinario Franco Citti nel ruolo della sua vita, che recita in maniera spontanea un ruolo perfetto per la sua espressività. Sergio Citti aiuta Pasolini nella scrittura dei dialoghi, in quel romanesco che lo scrittore ancora non padroneggia, pure se vive a Roma dal 1950, dopo la fuga dal Friuli. Il film esce per merito di Alfredo Bini – che produrrà altri lavori di Pasolini – tra polemiche e assurdi divieti di proiezione in sala, osteggiato persino dal Festival di Venezia che l’accetta solo fuori concorso. Il Ministro dello Spettacolo in persona – Folchi – impone un assurdo divieto ai minori di anni 18 (anziché di sedici) e solo con questa grave limitazione permette l’uscita in sala.
La trama si riassume in poche righe, ma non è la cosa più importante, mentre fondamentale è l’afflato di amore e compassione che unisce Pasolini ai borgatari della periferia romana, un mondo popolato da ladruncoli, piccoli malfattori, prostitute e magnaccia. Accattone è un nullafacente che vive in borgata alle spalle della prostituta Maddalena, che dice di amare. Un giorno la donna viene arrestata, dopo aver subito violenza da una banda di napoletani, e condannata a scontare un anno di galera. Accattone si invaghisce di Stella, in un primo tempo pensa di mandarla a battere come Maddalena, sembra innamorarsene, ma solo come può provare sentimenti un tipo come lui. Accattone tenta persino di lavorare ma non riesce a superare il trauma e la derisione degli amici nullafacenti che bevono vino e passano il tempo al bar. Per mantenere la sua donna decide di fare il salto di qualità nella scala del crimine e di debuttare come ladro, ma il suo primo furto gli costa la vita in un incidente automobilistico. “Mo sto bene”, sono le sue parole terminali rivolte al compagno di sventura che lo soccorre.
Accattone è un perdente, un uomo che dalla vita prende il niente che gli offre, che vive di espedienti e della cosa più bassa concessa a un uomo – sfruttare la sua donna –, che si invaghisce di una cosa, ma la passione dura un istante, poi tutto torna come prima. Accattone ha pure un figlio, al quale ruba una catenina per fare un regalo a Stella, e un’ex moglie che non lo vuole più vedere, perché sa che sa fare solo il mantenuto, non è certo il padre ideale per suo figlio. Nonostante tutto, Pasolini descrive con linguaggio secco e asciutto, privo di retorica, un mondo marginale popolato da persone che non sembrano umane per quanto mancano di possibile redenzione.
Lo stile cinematografico è essenziale, con pochi movimenti di macchina, molti primi piani, brevi zumate, momenti che sembrano prelevati dal cinema muto e dalla miglior cinematografia sovietica. Colonna sonora di Bach, rivisitata da Rustichelli, che adatta La passione secondo San Matteo come sottofondo sinfonico delle gesta di un piccolo malfattore di borgata. Il film è fotografato in un gelido bianco e nero da Tonino Delli Colli; Leopoldo Savona e Bernardo Bertolucci aiutano il poeta nella sua prima regia cinematografica; Nino Baragli realizza un montaggio dai tempi perfetti e Flavio Mogherini una scenografia realistica.
Molti critici hanno detto che Accattone è un film che non ha niente a che vedere con il neorealismo. In parte concordiamo, perché la parte onirica durante la quale il protagonista sogna la sua morte, il suo funerale, la sepoltura al sole, i corpi dei malfattori napoletani trucidati e seppelliti da macerie è fantastica e visionaria. Ma è anche vero che l’attenzione con cui la macchina da presa di Pasolini segue (pedina, per dirla con Zavattini) il protagonista lungo le strade polverose di un’estate romana bruciata dal sole, nella borgata composta di baracche, case diroccate e macerie è evidente eredità del neorealismo.
Gordiano Lupi
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