Rounds di Stephan Komandarev ha rappresentato, quest’anno, una delle scoperte più belle del Trieste Film Festival.
Cinema bulgaro sugli scudi
Tra i lungometraggi in concorso al 31° Trieste Film Festival la pattuglia bulgara, decisamente folta anche per via di alcune co-produzioni, ha rappresentato una delle note più liete. Del film vincitore, The Father, che ci ha consentito pure di rivalutare il cinema di Kristina Grozeva e Petar Valchanov, abbiamo già avuto modo di parlare. Ed anche su Cat in the Wall (Kot w scianie) ci sarebbe molto da dire, lo si farà probabilmente in altra sede, a tempo debito, visto che la trasferta londinese delle registe Mina Mileva e Vesela Kazakova non è stata certo avara di spunti, in grado di appassionare lo spettatore tanto alla piccola vicenda narrata che alle sue profonde implicazioni sociali.
Finora, a ben vedere, i cineasti bulgari li abbiamo presentati a coppie, circostanza non così comune. Ce n’è uno però che non soltanto ha fatto tutto da solo, ma l’ha fatto così bene da farci innamorare del suo film più di qualsiasi altra proposta cinematografica del concorso.
Into the Night
Il lungometraggio in questione è Rounds (V krag) di Stephan Komandarev, non un nome nuovo per il Trieste Film Festival: del regista, sceneggiatore e produttore originario di Sofia avevamo particolarmente gradito, appena un anno fa, An Unnecessary Hero, episodio dai toni paradossali del film collettivo Okupácia 1968: un’operazione cinematografica sui generis, tesa a ridestare il doloroso ricordo della repressione della Primavera di Praga, ma dal punto di vista di quei soldati del Patto di Varsavia che, non sempre con entusiasmo, parteciparono all’invasione.
Ecco, già in quella circostanza avevamo colto la bravura di Komandarev nel cogliere la complessità dei processi storici, dei grandi mutamenti sociali, approcciati attraverso vicende individuali la cui traiettoria, oltre a sconfinare talvolta nell’assurdo, rivelava a posteriori qualche fosca, dolente ironia.
Nel tornare a un lavoro di fiction, anche piuttosto ambizioso, il film-maker pare aver riversato certe punzecchiature ironiche e quell’interesse per il versante umano, per le scelte operate dai singoli, in una notte piena di situazioni difficili da sbrogliare e di interventi rischiosi, per le tre coppie di poliziotti di cui si seguono gli spostamenti.
Tre volanti sguinzagliate nelle ore notturne alla periferia di Sofia, tra chiamate d’emergenza, tentativi di corruzione, scandali al cimitero e pietosi casi umani.
L’umanità dei poliziotti
Estremamente maturo, sia a livello registico che di scrittura, Rounds pone l’accento sull’agire concitato dei protagonisti creando attorno a loro una cornice quasi “scorsesiana”, a partire dall’ambientazione notturna e dalla rigorosa unità di tempo: odissee metropolitane, insomma, che possono ricordare Fuori orario come anche il successivo Al di là della vita.
Ma l’accavallarsi di imprevisti e il pazzesco incrociarsi di storie porta pure i soggetti coinvolti ad esplorare determinati ambienti sociali, a confrontarsi con realtà sofferenti, malate, con un verismo di fondo e un rigore stilistico che hanno caratterizzato anche il miglior cinema rumeno degli anni passati, si pensi per esempio a La morte del signor Lazarescu di Cristi Puiu.
Mescolando in modo ancora più ardito black humour e sottotesti politici, teatro dell’assurdo e slanci di pietas, rimembranze della tetra era comunista e sguardi non meno preoccupati sul presente, soluzioni drammaturgiche alquanto farsesche e tragedie dietro l’angolo, Stephan Komandarev ha saputo descrivere in modo efficace ed acuto le convulse parabole dei sei poliziotti in servizio.
Così da creare un affresco vivace, sincero, di quella variegata umanità che in Rounds attrae l’attenzione del pubblico dall’inizio alla fine, nel bene e nel male, dando vita a un’intensa policromia di storie e di caratteri.