Succession: la seconda stagione del comedy/drama di Jesse Armstrong é una serie che si fa amare anche se i protagonisti sono detestabili
Si può infatti amare una serie dove si odiano tutti i protagonisti?
Inevitabilmente si, se la serie è Succession, uno dei casi più clamorosi di scrittura per la tv degli ultimi anni, purtroppo poco conosciuta ma incredibilmente affascinante e intensa.
Succession é la storia della famiglia Roy e del suo patriarca Logan, in perenne crisi da quando l’uomo ha avuto un infarto e si è scatenata, sotterranea ma non troppo, la guerra per la successione tra i suoi tre figli (più un quarto che invece punta alla Casa Bianca).
L’umorismo dell’ideatore Jesse Armstrong è il collante di Succession
L’umorismo dell’ideatore Jesse Armstrong (di cui qui trovate account twitter) è probabilmente il collante che tiene insieme così meravigliosamente questo progetto.
Rancori familiari così pieni di odio e risentimento da scendere così in basso fino a rasentare l’oscenità, assenza di emozioni o eccesso di emotività non richiesta, intrighi degni dei Dallas migliori e una messa in scena da upper class che neanche Woody Allen e insieme un approccio al dramma e alla tragedia shakespeariano.
Succession é un ensemble apparentemente didascalico che invece risuona fragoroso come un urlo o una risata, forte di una scrittura tagliente come un rasoio e interpreti tutti non meno che eccellenti.
È un mefistofelico Brian Cox che guida la famiglia rivoltandola come un guanto, anaffettivo e ingombrante quanto necessario: da lì in già è una lenta discesa nell’inferno che non lascia scampo, mettendo in fila uno ad uno tutti i protagonisti, uomini senza qualità che si sgretolano al minimo urto.
Al regista Jesse Armstrong non interessa prendere di pancia lo spettatore
Al regista Jesse Armstrong non interessa prendere di pancia lo spettatore.
La storia è fredda e a tratti scostante, ma l’avvilupparsi della trama è così sottile, fascinoso e vistoso che Succession assume dimensioni gigantesche nel panorama seriale attuale.
Con il suo gioco al massacro incorniciato da un tema musicale tra i più azzeccati degli ultimi decenni. La sigla così forte da significare già da sola, in una manciata di secondi, tutto l’impianto emotivo dell’opera.
Succession sta quindi proprio lì, a metà della strada che unisce comedy e drama, muovendosi sapientemente tra i due estremi e disdegnando battute facili o facili argomentazioni narrative.
Felice nella sua messa in scena teatrale e gigiona mentre si costruisce e si alimenta puntata dopo puntata.
Per la seconda volta: applausi.