La seconda stagione di Andor, creata da Tony Gilroy e interpretata da Diego Luna nel ruolo del ladro e ribelle Cassian Andor, ritorna su Disney+ il 22 aprile 2025, con un blocco di tre episodi che ripristinano immediatamente la tensione narrativa del primo capitolo e segnano l’inizio del capitolo finale della serie Lucasfilm.
Dopo l’acclamazione universale riservata alla stagione precedente, meno sottotono rispetto ad altri prodotti recenti ambientati nell’universo di Star Wars, anche questo nuovo arco narrativo si presenta come un’espansione ambiziosa e più stratificata, con un focus dichiarato sul consolidamento della Ribellione contro l’Impero e sulle scelte personali dei suoi protagonisti.
Un salto temporale nel mondo politico di Cassian
I primi tre episodi, Un anno dopo, Sagrona Teema e Il raccolto, riprendono la storia a distanza di un anno dagli eventi conclusivi della prima stagione, con un salto temporale che vede Cassian (Diego Luna) coinvolto in missioni sotto copertura che evidenziano quanto sia cambiato il suo percorso personale e politico. In parallelo, la narrazione si amplia toccando le dinamiche interne all’Impero, le tensioni tra personaggi già noti e nuove minacce che incombono sulla galassia.
La scrittura di Gilroy sembra attenta a bilanciare le trame multiple: dall’evoluzione politica all’interno della Ribellione, alle manovre dell’Impero per schiacciare ogni focolaio di dissenso, fino alle storie più intime dei singoli personaggi, tutte connesse da una progressiva sensazione di caos incombente, con continui riferimenti all’assalto alla Morte Nera di Una nuova speranza, certamente apprezzati dai fan della saga originale.
Un ritmo più riflessivo
Tutti e tre diretti da Ariel Kleiman, i primi episodi si distinguono per una regia misurata e precisa che privilegia l’atmosfera e la tensione interna alle scene più che la spettacolarità esteriore. La serie mantiene il tono adulto e riflessivo che ha caratterizzato la prima stagione: le sequenze sulla galassia lontana sono intrise di paranoie, pause e scelte difficili più che di facili trionfi eroici, stimolando nello spettatore una maggiore riflessione sul mondo politico di Star Wars. Ciononostante, non mancano i colpi di scena e le sequenze d’azione che hanno sempre caratterizzato la saga creata da Lucas, in particolare sul finale degli episodi, con cliffhanger originali, che riescono nel tentativo di intensificare la tensione.
In particolare, Il raccolto utilizza un montaggio parallelo molto efficace per sottolineare il contrasto tra celebrazione e paura, come nel caso della festa di fidanzamento di Mon Mothma, che diventa teatro di inquietudine piuttosto che di gioia spensierata, mentre le angosce dell’Impero si espandono in modo implacabile.

Un world building coerente e coinvolgente
Diego Luna conferma la sua presenza magnetica nei panni di Cassian Andor, bilanciando vulnerabilità, cinismo e determinazione in maniera convincente, un eroe che è tanto plasmato dalle circostanze quanto dai compromessi morali che è costretto ad accettare. Tra gli altri ritorni, Genevieve O’Reilly, nei panni di Mon Mothma, continua a scandagliare le sfumature del suo ruolo politico: i suoi momenti più personali e riflessivi, anche nelle interazioni familiari e diplomatiche, amplificano lo sguardo sulla Ribellione non più come ideale astratto ma come movimento sempre più cospicuo e consolidato.
Una menzione di merito è doverosa per la ricostruzione dell’universo narrativo, che non solo si inserisce con coerenza all’interno della complessa e longeva saga, ma riesce anche a rinnovarne l’immaginario, rendendolo più credibile e contemporaneo, grazie a una cura meticolosa dei dettagli che spazia dai costumi alle ambientazioni.

L’etica morale come chiave interpretativa della serie
Ancora una volta, è il tema dell’etica morale a dominare la narrazione della serie. Con Andor, Gilroy utilizza l’universo di Star Wars come cornice per una riflessione profondamente politica e morale, in cui la distinzione tra giusto e sbagliato si fa progressivamente più ambigua. La serie mette in scena personaggi costretti a scegliere non tra bene e male, ma tra compromesso e sopravvivenza, mostrando come la nascita di una resistenza passi inevitabilmente attraverso sacrifici, rinunce e atti eticamente discutibili. È proprio in questa tensione irrisolta, tra ideali e necessità, che Andor trova la sua forza più autentica, trasformando il racconto fantascientifico in un discorso universale sul costo umano della libertà.