MedFilm Festival: intervista a Giulio Casadei, direttore artistico della manifestazione
Giunto alla venticinquesima edizione, il MedFilm Festival - il festival più longevo della capitale - conferma il suo importante ruolo nella promozione delle cinematografie dell'area mediterranea. Abbiamo incontrato Giulio Casadei, il direttore artistico, che ci ha svelato il ricco programma di quest'anno
Il MedFilm Festival è alle porte ed eccoci a fare qualche domanda al direttore artistico Giulio Casadei.
Il percorso del MedFilm Festival secondo Giulio Casadei
Qual è stato il percorso del Medfilm festival dalla sua nascita ad oggi? Considerando anche che è il più longevo festival di Roma, come si è sviluppato e come si sta sviluppando?
Il festival ha, inevitabilmente, dati i suoi 25 anni di storia, attraversato fasi molto diverse. Si è evoluto molto, è cambiato e sono state introdotte tante sezioni. All’inizio, ad esempio, c’è stato un momento in cui venivano fatte più attività laboratoriali con le scuole. Comunque, al di là dei cambiamenti inevitabili, il festival ha mantenuto un’identità molto forte e specifica: quella di occuparsi di un’area geografica ben precisa. Al massimo, possiamo dire che sono stati i film a raccontarci quelli che sono stati i cambiamenti di questi 25 anni perché quando ci si occupa di festival di cinema sono sempre i film ad essere gli indicatori più importanti delle cose che succedono, più ancora delle strutture dei festival.
Negli ultimi 5-10 anni abbiamo assistito, in generale, al consolidamento e alla diffusione di forme documentaristiche. Pensiamo solamente alle primavere arabe e a come sono state raccontate quasi in tempo reale da cineasti e cittadini. Più in generale l’introduzione del digitale, nei primi anni 2000, ha rappresentato una cesura fondamentale nella storia del cinema. Per quanto ci riguarda, poi, anche la regione, nello specifico la sponda sud, negli ultimi due decenni ha attraversato, e continua ad attraversare una fase storica tumultuosa. L’introduzione di nuovi mezzi di riprese e del digitale ha cambiato completamente il rapporto che c’era prima tra regista e materia ripresa. Ed è per questo che oggi assistiamo sempre più, in particolare in Siria, a documentari fatti direttamente dai cittadini che prendono il cellulare e filmano senza più un filtro o un contesto produttivo solido.
Nel 2011 tanti film hanno cercato di fornire spunti di riflessione da diverse angolazioni riguardo ciò che stava succedendo. Poi, lavorando su questi paesi in 25 anni, si assiste, in certi casi, anche alle fasi di sviluppo e di crescita delle varie cinematografie. Per esempio negli ultimi 5-6 anni si è vista la nascita di un gruppo di nuovi autori dalla Tunisia e dall’Algeria, che sono i più vitali dal punto di vista cinematografico dell’area mediterranea. In particolare l’Algeria, nonostante sia poco conosciuta, in questo ambito, in Italia, e nonostante non abbia strutture produttive forti, perché lo Stato produce pochissimo e sempre sotto stretto controllo, è riuscita ad emergere al punto di far nascere una vera e propria nouvelle vague con una decina di autori importanti, tra cui Hassen Ferhani, Sofia Djama, Karim Moussaoui, Lamine AmmarKhodja, ecc…. Non a caso quest’anno, al festival di Belfort in Francia, faranno un’importante retrospettiva su questa nuova onda algerina. Un lato positivo, quindi, di lavorare in un festival come il Med è anche quello di poter documentare una fase estremamente creativa e vitale in un’area del mondo che nel Novecento era molto meno considerata anche dalle frange cinefile più radicali.
La selezione dei film
Come vengono scelti e selezionati i film del MedFilm Festival e cosa ci può dire in merito il direttore artistico Giulio Casadei? Le scelte sono legate o influenzate anche dall’attualità e dai temi ricorrenti di quest’ultimo periodo?
In realtà no. Anzi, si potrebbe dire che è vero il contrario. Senza volerlo, inevitabilmente, le questioni dell’attualità entrano in gioco all’interno del festival, ma senza che questo sia un criterio di selezione. Il primo parametro che adoperiamo è quello di offrire un panorama ampio del cinema dell’area. Questo vuol dire, in termini espressivi, non restare ancorati ad una sola idea di cinema, ma aprirsi al cinema di genere, documentario, cinema d’autore, offrendo un ventaglio vasto di proposte estetiche e artistiche.
Allo stesso tempo, il nostro compito è anche quello di offrire indicazioni geografiche, per cui anche la scelta di mettere insieme questi paesi è un gesto chiaro, politico. Cerchiamo di offrire visibilità a più paesi possibili. Poi, può succedere, come quest’anno, che venga valorizzato di più un paese rispetto ad un altro. Ad esempio, l’Egitto non aveva film particolarmente forti, mentre li aveva la Tunisia e, quindi, in concorso sono finiti due film tunisini su otto, e nessuno egiziano. Questo a riprova che non facciamo le selezioni col bilancino, ma ci lasciamo guidare anche dai film. Poi, è inevitabile che certe questioni, inerenti l’attualità, entrino in gioco.
Quest’anno molti film riflettono su conflitti e guerre, in particolare sulla Siria, non solo direttamente, ma anche nei riflessi e nei risvolti, ad esempio nel Nord Africa e in Europa. Quindi, ci sono varie tematiche, quali i flussi migratori, il diritto d’asilo, l’esilio, ma anche l’emancipazione femminile, al di qua e al di là del Mediterraneo. Insomma, non scegliamo quasi mai i film in base al tema. Basta prendere in esame il concorso di quest’anno: The miracle of the Sargasso Sea è un noir purissimo con nessuna ambizione dichiaratamente politica, almeno nel senso letterale del termine. Ma anche il film turco, A tale of three sistersdi Emin Alper, è un classico dramma familiare ambientato in Anatolia, ma a suo modo ha anche tocchi di genere, quasi fantastici. Tlamessè un’opera completamente visionaria, quasi senza dialoghi e con diversi riferimenti al Kubrick di 2001. È una vera esperienza sensoriale, visiva.
Sono previsti eventi speciali particolari con focus e personaggi o tematiche specifiche? E per quanto riguarda gli ospiti?
Da qualche anno abbiamo una sezione collaterale dedicata al cinema indipendente italiano che si chiama Le perle, che è diventato quasi un laboratorio di riflessione su quello che succede nel cinema italiano contemporaneo. E ogni anno peschiamo un autore italiano indipendente secondo noi meritevole di attenzione. L’anno scorso, ad esempio, c’era stata la serata evento focus sul cinema di Stefano Savona in particolare sul suo dittico palestinese. Quest’anno, invece, con la stessa formula omaggeremo Pietro Marcello, che sarà ospite giovedì 14 Novembre al Savoy dalle 19.30 alle 21.30. Incontrerà il pubblico e presenterà due film Bella e perduta e La bocca del lupo. Sempre Giovedì, ma la mattina alle 10.30, si terrà anche una masterclass alla facoltà di Filosofia a Villa Mirafiori, a La Sapienza. Avremo altri ospiti di rilievo, tipo Nouri Buzid, considerato uno dei più grandi registi tunisini della storia, che aveva un film fuori concorso a Venezia e che noi abbiamo comunque deciso di prendere e mettere in concorso. Il film è The scarecrow, che proiettiamo Mercoledì. Oltre alla proiezione, anche lui terrà una masterclass al dipartimento di lingue orientali de La Sapienza, sempre Giovedì dalle 15. Il “problema” del Med è che gli ospiti sono spesso poco conosciuti in Italia o in Europa, nonostante siano autori di grande rilievo nel loro paese di provenienza. E il nostro compito è anche questo: ribaltare l’idea secondo la quale un festival debba avere per forza dei divi o dei nomi importanti che facciano da traino. Poi, c’è anche Mario Martone per una presentazione speciale de Il sindaco del rione sanità. E tanti altri ancora.
I consigli di Giulio Casadei per il MedFilm Festival
Se Giulio Casadei dovesse accompagnare lo spettatore all’interno del MedFilm festival, quali sono i titoli che consiglierebbe?
È sempre molto difficile rispondere a questo tipo di domanda.
Il primo titolo che mi viene in mente è For Sama, un documentario che prova a riflettere sulla Siria da un’angolatura leggermente diversa rispetto ai film degli ultimi anni: si tratta, certo, della cronaca di cinque anni di guerra civile siriana, filmata ad Aleppo est, ma anche di un racconto estremamente personale dove l’autrice è anche la protagonista del film, come fossimo di fronte a una specie di diario, ma allo stesso tempo una lettera che lei scrive filmando per la figlia che nascerà. Si tratta di un film molto forte, presentato in anteprima a Cannes quest’anno fuori concorso, dove ha vinto il premio come miglior documentario e, secondo me, finirà nella cinquina degli Oscar.
Abbiamo chiesto alla scrittrice Michela Murgia di introdurlo. Poi, abbiamo ancora diversi film del concorso, in particolare All this victory, ambientato nel 2006 durante la guerra fra Israele e Libano dalla prospettiva dei civili. Poi abbiamo The scarecrows e Giovedì Tlamess, di cui ho già parlato. Il regista è uno dei più grandi talenti del mondo arabo, ha già vinto il premio Luigi De Laurentis come miglior opera prima a Venezia con il suo primo lungo di finzione del 2016, The last of us. Siamo di fronte ad un autore cruciale per il presente ed il futuro del cinema dell’area.
Inoltre, da Lunedì è stata inaugurata una sezione collaterale: quella del premio Lux, Lux Film Days a Roma, che consiste nella proiezione di tre tra i film in competizione o finalisti del premio Lux (un premio annuale attribuito dal parlamento europeo al film europeo considerato più meritevole) e i film di quest’anno sono particolarmente forti e significativi. C’è Il regno, già uscito in sala anche se passato inosservato, che è un thriller politico. Poi Cold case Hammarskjöld, un film documentario virato verso il thriller e l’indagine politica e poi Honeyland, documentario della Macedonia del nord che racconta di un’apicultrice e che sta facendo incetta di premi in giro per il mondo ed è stato appena candidato insieme a For Samaper gli European Film Awards.
Da Martedì 12 c’è il concorso cortometraggi, curato da Alessandro Zoppo, sempre di altissima qualità, che offre indicazioni abbastanza precise sui talenti emergenti nell’area. I corti in concorso saranno 20, programmati in quattro blocchi.
Faremo anche una retrospettiva che proietteremo la settimana prossima all’Apollo 11 in due serate, curata da Roberto Silvestri, dal titolo Med25, nata con l’intento di celebrare questo importante anniversario, ma anche riflettere storicamente sul nostro archivio. Infatti, la selezione attinge da un nostro archivio storico di VHS, che va dal 1996 al 2005, quindi a cavallo dell’11 Settembre 2001, data importante sotto tutti i punti di vista.