Ad Alice nella Città un’altra perla, regalataci stavolta dallo stesso regista che ci aveva stregato con Onde, diversi anni fa: Mi chiedo quando ti mancherò di Francesco Fei.
Non sono state certo poche, anche sul fronte italiano, le scoperte liete e talora persino entusiasmanti di Alice nella Città, rivelatasi pure quest’anno tra le vetrine più ricche della Festa del Cinema di Roma.
Un gradito ritorno
Ed è così, ad esempio, che abbiamo assistito ad un gradito ritorno, quello di Francesco Fei: cineasta dotato di una cifra stilistica assai personale, colui che dopo essersi cimentato a lungo nei videoclip ci aveva già stregato col suo esordio al lungometraggio, Onde, era poi riuscito a catturare di tanto in tanto la nostra attenzione con il documentario Dentro Caravaggio, tanto per dire, come a riaffermare una certa poliedricità.
Ma è proprio grazie a Mi chiedo quando ti mancherò che abbiamo ritrovato quella freschezza stilistica, quelle tensioni emotive, di cui era imbevuto il sorprendente lungometraggio d’esordio.
Ispirato ad I Wonder When You’ll Miss Me, secondo libro della scrittrice americana Amanda Davis, questo nuovo lavoro di Fei ha per l’appunto l’appeal picaresco, le tematiche spigolose, lo sguardo obliquo sul paesaggio e su contesti antropologici morbosi, inquieti, precari, che caratterizzano tanti indie movies stelle e strisce.
Si respira, insomma, un’aria da Sundance, dalla quale però il regista si discosta ogniqualvolta viene impressa al racconto una svolta, un’impronta specifica.
Mi chiedo quando ti mancherò: la dimensione del viaggio
Lo spunto di partenza, uno squallido atto di bullismo compiuto ai danni di una ragazza troppo in carne, si frammenta così nella memoria della protagonista (e nella percezione del pubblico), dando vita a un iperbolico sdoppiamento di personalità che trasforma di continuo la realtà circostante, sia essa l’abbrutita quotidianità da cui ci si è mossi o anche il microcosmo circense che si profila all’orizzonte.
La dimensione del viaggio assorbe così i traumi del passato. Prefigurando la maturazione dell’inquieta Amanda, sulle cui crisi esistenziali è costruita la storia. Tutto ciò mentre il mutare del paesaggio dall’Italia alla Slovenia, dalla desolazione urbana a certi scorci marittimi, con la natura carsica in primo piano, accompagna bene le tensioni sotterranee di un’opera cinematografica che assume strada facendo un ruvido taglio catartico, esoterico. Aurorale ricerca di libertà, da contrapporre a quelle pressioni sociali avvertite con impeto persino maggiore, in ambito giovanile.
E la carica emotiva di Mi chiedo quando ti mancherò si percepisce ancora di più grazie all’affiatamento di un cast giovane, empatico, amorevolmente guidato da Francesco Fei attraverso quei mutevoli scenari, in cui si rispecchiano le tormentate vicissitudini della protagonista, del suo doppio e degli altri ragazzi coinvolti.