Sceglie una venatura horror stavolta Bertrand Bonello, per caratterizzare una dimensione autoriale già decisamente non certo ordinaria e fortemente presente nel suo nuovo lavoro Zombi Child, presentato alla Quinzaine des Realisateurs del 72º Festival di Cannes. Unendo, attraverso la sovrapposizione di due piani temporali diversi e mediante l’utilizzo di elementi surreali, dei rimandi alla torbida cultura haitiana e alle sue tradizioni voodoo con la fragilità e l’inconsistenza del substrato giovanile francese dei giorni nostri, il cineasta transalpino confeziona un’opera a tratti angosciante, a tratti confusa, che per quanto carismatica, non è del tutto convincente.
Bonello sembra voler riprendere l’estro e la singolarità del suo precedente Nocturama (2016), con il quale quest’opera ha diversi aspetti in comune, o quantomeno evocativi della stessa: in parte lo fa accentuando la ricercatezza della sua cifra stilistica e aggiungendo elementi di complessità, ma in qualche modo, proprio questa accentuazione, la rende più forzata e meno fluida. Perde un po’ quell’immediatezza che arrivava dritta a segno, a favore di una maggiore complessità che in alcuni punti rende la sceneggiatura farraginosa e meno agevole da seguire, non perché difficilmente comprensibile ma perché più pesante. Probabilmente, a un certo punto del film, è come se i singoli elementi utilizzati che convergevano in modo efficace per costruire un discorso con valenze sociali, politiche e esistenziali, perdessero la loro connessione reciproca, non riuscendo più a rimanere coesi, così che il prodotto finale risulta meno consistente e incisivo. Rimane comunque una mano sicura e affascinante che esprime sempre un’individualità e una personalità artistica molto forti, percepibili chiaramente sia nella constatazione della elevata qualità di interi ambiti tecnici del film, come per esempio la bellissima fotografia, cupa, scura ma molto penetrante, sia nell’osservazione di piccole sfumature, come i fini movimenti dei personaggi o l’energia trasmessa dall’uso della luce nelle scene in esterno sia diurno che notturno, che rafforzano la coerenza degli elementi rappresentati.
Sono diversi, come già accennato, gli elementi che possono rievocare l’opera precedente, primo tra tutti lo sguardo sulla condizione giovanile, della quale il regista denuncia, in modo sempre molto personale, disorientamento e mancanza di identità, ma ci sono anche diversi momenti del film in cui si ricrea un’atmosfera simile a quella di Nocturama, come l’ambientazione notturna all’interno del collegio che rievoca quella del centro commerciale, o alcuni passaggi particolarmente intensi in cui uno dei personaggi femminili si ritrova a vivere con se stessa, accompagnata dalla musica, una sorta di proprio viaggio interiore, che ne ricordano di simili e altrettanto stravaganti a quelli vissuti da uno dei ragazzi del lungometraggio precedente.
Bonello torna a Cannes, anche se non nella selezione ufficiale, a tre anni di distanza, da quando proprio Nocturama era stato respinto dalla manifestazione, in quanto giudicato poco opportuno, a causa dei riferimenti espliciti al terrorismo progettato da giovani francesi. È molto efficace l’utilizzo del genere horror e in particolare della figura dello zombi che, per quanto strasfruttata, in questo caso viene usata in modo alternativo per rappresentare. attraverso le tipiche movenze stanche, alienate e senza vita, la condizione di schiavitù e di sottomissione. Quindi, un prodotto pregevole, seppur con i suoi limiti, Zombi Child, che in ogni caso ci consente di apprezzare il lavoro di un autore le cui opere valgono sempre la visione.