Ancora un film di genere per la competizione di Cannes 2019, Bacurau – diretto da Kleber Mendonça Filho e Juliano Dornelles – che mescola horror, fantascienza, western, cangaço (tipico genere brasiliano, legato al banditismo sociale) e tradizioni popolari, producendo una singolarissima allegoria di un Paese complesso (il Brasile): formalmente un film difficile e misterioso, forse anche ridondante.
Bacurau, un piccolo villaggio situato nella regione brasiliana del Sertão (una zona semi-arida e molto povera del nord-est brasiliano), piange per la morte della sua matriarca Carmelita, spentasi a 94 anni. Il giorno dopo il villaggio sembra scomparso dalle carte e, mentre i suoi abitanti affrontano compatti il sindaco corrotto che taglia l’acqua potabile e promette di non riallacciarla se non sarà votato alle elezioni, avvengono misteriosi omicidi con improbabili prede e predatori.
Dopo il ben riuscito film Aquarius (in competizione a Cannes 2015), Kleber Mendonça Filho sceglie di raccontare una storia sicuramente meno realistica ma con intenti analoghi: denunciare la spietatezza e la follia dei leader politici nel perseguimento dei propri fini, insieme all’abbandono dei luoghi lontani e isolati per i centri di potere. Al tempo stesso, arriva allo spettatore la forza del magico e delle tradizioni, incarnati nel femminile, e la determinazione del ‘pueblo unido’ a volersi liberare dalla soggezione di pochi e vivere pacificamente. Vengono in mente registi come Carpenter e Peckinpah, che raccontano province di confine ed umanità desolate. Molto interessante il personaggio di Lunga, che simboleggia il mito e le storie popolari, che va e viene come un’apparizione, ricercato dalla giustizia, eroe regionale, dall’identità ambigua e stravagante, una sorta di ‘trickster’ buono in terra brasiliana.