Nel 2013, proprio quando il cinema dei morti viventi sembrava aver detto praticamente tutto sull’argomento, complice soprattutto la riesplosione del filone dovuta al notevole successo ottenuto dalla serie televisiva The walking dead, il canadese Cody Calahan ha pensato bene di dire la sua in proposito debuttando nella regia del lungometraggio con Antisocial, dispensatore di un’originale trovata atta a scatenare la consueta epidemia zombesca.
Già perché, se fino ad allora la Settima arte aveva proposto, per lo più, defunti mangia-carne umana tornati dalla tomba grazie a particolari gas o esperimenti assortiti e comuni mortali mutati in salme ambulanti a causa delle pericolose conseguenze di armi batteriologiche, Antisocial ha deciso di guardare direttamente all’attualità d’inizio terzo millennio.
Al proprio centro, non a caso, troviamo la studentessa universitaria Sam che, interpretata da Michele Mylett, si prende una pausa di riflessione dalla sua relazione con Dan alias Charlie Hamilton, si cancella dal social network Redroom e trascorre il primo dell’anno alla festa organizzata in casa di un amico; rendendosi presto conto, però, del fatto che all’esterno, in tutto il pianeta, la gente sembra essere impazzita.
E, man mano che la situazione si tramuta in un vero e proprio assedio casalingo come, dal 1968, ha provveduto ad impartire la lezione il mitico La notte dei morti viventi di George A. Romero, è quasi unicamente attraverso gli smartphone e i monitor che è possibile vedere cosa sta avvenendo al di fuori delle quattro mura.
In un crescendo che, tutt’altro che privo di splatter e ferocia, porta ad apprendere come l’infezione virale sia dovuta al già citato social network; provvedendo a lanciare in fotogrammi un indispensabile attacco alla dipendenza da tecnologia che ha finito per rendere quasi degli automi i terrestri in seguito all’espansione della comunicazione virtuale.
Un attacco che, non privo di evidenti influenze da parte de Il demone sotto la pelle di David Cronenberg, Koch Media rende disponibile su supporto blu-ray italiano all’interno della propria collana Midnight Factory tramite un cofanetto costituito da due dischi; di cui, se il primo dispensa il film corredato di trailer italiano quale extra, il secondo offre il sequel Antisocial 2, diretto due anni più tardi dallo stesso Calahan.
Sequel che, una volta superato un velocissimo riassunto di quanto visto nel capostipite, regala, però, uno spettacolo completamente differente da quello lì portato in scena, pur essendo ambientato anch’esso quasi del tutto in interni.
D’altra parte, con la Mylett che, incinta, torna nei panni di Sam, si parte direttamente dalla conclusione apocalittica del primo capitolo, per poi spostarci a tre anni più tardi, con la ragazza rinchiusa in una struttura dedicata alla ricerca per trovare una cura al virus Redroom.
Struttura dove, intrappolata e torturata, va alla ricerca del figlio che le venne portato via appena dato alla luce; mentre fa conoscenza con una giovane di nome Bean, dalle fattezze di Josette Halpert.
Quindi, tra incubi, occasionali apparizioni degli infetti e dettagli relativi alla malattia destinati ad emergere durante lo scorrimento dei fotogrammi, ciò che si evolve lentamente tende ad avvicinarsi molto più alla fantascienza non propensa a sfruttare scenari spaziali che ad un classico zombie movie.
Con il sonoro abbondantemente utilizzato per generare in maniera efficace disturbo… e un booklet presente nella confezione.
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