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L’amica geniale: i colori dell’amicizia

La serie tratta dai romanzi di Elena Ferrante parte con due episodi eccellenti

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Storia di amicizia e paura. Storia di due bambine, del loro sguardo nel quadro di uno schermo. Storia del movimento di due identità nel perimetro della Storia. Storia di Lila e Lenù, voci racchiuse in corpi rinchiusi nel corpo del mondo. Storia di piccole donne negli anni ‘50 in crescita nell’alveolo claustrofobico di un rione di periferia napoletano senza luce. È questo L’amica geniale: un insieme di storie orchestrate per raccontarne una sola e una sola storia per raccontarne molte altre. Otto episodi calcolati per riprodurre sul piccolo schermo l’omonimo libro, primo della saga scritta da Elena Ferrante, in un crescendo sviluppato secondo il preciso ritmo letterario misurato dalla misteriosa scrittrice, con la regia di Saverio Costanzo e la forza produttiva (in particolare) di HBO, casa americana della serialità di prestigio. Otto episodi iniziati con un incipit dotato di grinta eccellente e grande capacità espositiva, capace di istruire con apparente semplicità e evidente senso della commozione alle dinamiche particolari di un mondo oscuro, infagottato in se stesso, involuto nella propria misteriosa architettura.

I primi due episodi giocano con la luminosità delle prospettive e con le metafore cromatiche. La vita quotidiana degli abitanti del rione è una scala di grigi che sembra non conoscere le proprietà di un’esistenza emozionata da bianchi maggiori. Il contesto di azione è uno spazio di totale concretezza in cui non esiste astrazione ma solo azione predefinita, come in un gioco dei ruoli senza immaginazione, denso di eventi a cui aderire per legge, una vasca di tonalità estranea alla possibilità di una profondità positiva e rivoluzionaria come alla possibilità di una tragedia nera sempre trattenuta e contenuta. Nessun movimento verso l’alto, nessun movimento verso il basso, solo un continuo contesto di immobilità da cui le protagoniste – interpretate nelle prime due ore da Ludovica Nasti e Elisa Del Genio – cercano di fuggire: immaginando di fiorire dentro all’appassita mancanza di colore, sognando vite possibili, nascondendo una possibilità di futuro nel ventre delle mura; lanciando bambole negli antri dell’ignoto per sfida, abbandonando i colori monocromatici dell’assenza di profondità per esporsi alle sfumature difficili e appassionanti del mare azzurro e giallo, blu e oro.

Il loro incontro e la loro nascente amicizia è il nucleo illuminato del racconto, quanto lo è la conoscenza reciproca vivificata dal desiderio di evadere da una realtà stretta e incomprensibile. Le bambole e I soldi sono episodi che delineano la forma di un microcosmo che tiene in cattività due protagoniste più forti del mondo in cui abitano, elementi inconsapevolmente ribelli di un’equazione fatta di sofferenza, dolore, tragedia. Lila e Lenù portano sulle spalle gli ultimi segni della bellezza folgorante di un mondo morto; i loro personaggi compiono azioni che, anche nella piccolezza dei semplici gesti infantili e quotidiani, spezzano le certezze del cinismo ed emozionano. Il racconto dei loro caratteri e le modalità con cui vengono rappresentati – tra costruzioni di senso visive ottenute tra gli influssi del neorealismo e quelli del realismo magico – è il motivo per cui L’amica geniale riesce a rappresentare i sentimenti più nascosti e indicibili. Raggiungendo una poetica fatta di contrasti cromatici e passione per il racconto della luce emotiva capace di entrare nel cuore e dilatarne un po’ i confini.

Leonardo Strano

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