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Personaggi

Addio a Ermanno Olmi, un grande autore che, dopo il Neorealismo, seppe elaborare uno stile personalissimo

Ermanno Olmi era una colonna del cinema italiano e portava sulle sue spalle il magnifico peso di una carriera immensa all’interno del mondo dello spettacolo

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Si è spento ieri Ermanno Olmi, il regista lombardo per eccellenza. Ricoverato d’urgenza lo scorso venerdì all’Ospedale di Asiago, Olmi aveva 86 anni ed era malato da tempo, spossato da quella Sindrome di Guillaime-Barrè che lo aveva reso via via sempre più instabile. Ermanno Olmi era una colonna del cinema italiano e portava sulle sue spalle il magnifico peso di una carriera immensa all’interno del mondo dello spettacolo.

Cinema, teatro, televisione: un microcosmo dove il regista camminava in realtà in punta di piedi, schivando sapientemente le luci della ribalta (eppure facendo incetta di premi, come la Palma d’Oro a Cannes nel 1978 per L’albero degli Zoccoli o il Leone alla Carriera nel 2008), senza mai dimenticare le proprie umili origini. Nato a Bergamo nel 1931, il regista fece della Lombardia un po’ il proprio vessillo, ambientandovi spesso le proprie opere e stabilendosi definitivamente ad Asiago, dopo avervi girato il film per la televisione I Recuperanti (1970).

Attentissimo scrutatore della realtà umana, dopo il suo primo lungometraggio – Il Posto (1961) – Olmi valicò il concetto stesso di Neorealismo approdando a uno stile personalissimo, intimista, quand’anche crudo. L’unicità delle sue opere risiede soprattutto in quella lettura antropologica della società che, nei suoi primi anni di carriera, risaliva stancamente la china di un faticoso dopoguerra. I protagonisti dei suoi primi film vengono dal nulla, eppure la poetica dei loro umili gesti o della loro parlata dialettale (come ne L’Albero degli Zoccoli, dove tutti recitano nel dialetto della campagna bergamasca) sono frutto di quel rigore filologico che poi coincideva con l’ordine unitario tipico del cattolicesimo popolare al quale Olmi aderiva con fervenza.

Fortemente antifascista (come suo padre, licenziato per questo motivo dal mestiere di ferroviere), il regista lombardo mise in evidenza le aspirazioni borghesi del popolo italiano all’indomani del boom economico dei decenni ’60-’70. Da questo desiderio di rivalsa nacquero film come I fidanzati (1963), Un certo giorno (1969) e Durante l’estate (1971).

Giulia Anastasi

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