In queste nostre giornate triestine ci è capitato sovente di elogiare il Concorso Documentari, per la media qualitativamente alta delle opere selezionate. Non era pertanto agevole decretare quale fosse la migliore. Il pubblico del Trieste Film Festival ha dimostrato comunque di possedere un palato fine, decretando la vittoria dell’eccellente documentario di Arūnas Matelis sul mondo del ciclismo, Wonderful Losers – A Different World. Innanzitutto due parole sull’autore. Matelis, lituano, non è certo nuovo al ricevere premi. La sua ricerca documentaria viene anzi apprezzata da parecchi anni, come dimostra anche l’accoglienza straordinaria che ricevette nel 2005, presso svariati festival, Before Flying Back to Earth, intenso lavoro capace di confrontarsi con situazioni eticamente delicate mettendo in campo una sensibilità rara e qualche folata di mai compiaciuto o sdolcinato lirismo. Non sorprende neanche, a questo punto, che il suo nuovo film (come ha ricordato anche uno dei produttori, al momento di ritirare il premio per conto del cineasta baltico) abbia ricevuto numerosi e importanti sostegni a livello europeo, tant’è che risulta co-prodotto da Lituania, Italia, Svizzera, Belgio, Lettonia, Regno Unito, Irlanda, Spagna.
Ciò che ha stregato un po’ tutti, di un documentario come Wonderful Losers – A Different World, è il saper fare emergere con naturalezza il fattore umano, dando al contempo una forma armonica e un sapore quasi inedito alle riprese in strada, tecnicamente brillanti, visivamente magnetiche. Sia i veri appassionati di ciclismo che coloro i quali conoscono solo superficialmente tale sport possono rimanerne suggestionati. Dietro ciò vi è ovviamente un lavoro pazzesco: Arūnas Matelis e la sua troupe, prima di approdare a un minutaggio conciso e a una struttura così snella, veloce quanto uno sprint, hanno seguito il Giro d’Italia per ben sette anni. Si sono innanzitutto integrati col suo linguaggio sportivo, coi suoi tempi, con le sue regole scritte e non scritte. L’autore ha poi optato per il metterne in evidenza aspetti poco trattati, quali possono essere le cure mediche dopo cadute e infortuni, la lunga ripresa in ospedale degli atleti infortunati, gli interventi delle auto di appoggio al seguito delle diverse squadre, il rifornimento dei corridori in strada, il ruolo dei gregari. Soprattutto quest’ultimo è un tema proposto dal film-maker lituano ricorrendo a intuizioni notevoli. Perché tanto le interviste personali che le riprese del loro contributo in gara, così importante ma forse poco noto agli spettatori meno attenti, hanno buon gioco nel restituire alla figura del gregario quella grandezza umana e sportiva, quella dedizione, quell’immenso spirito di sacrificio, quella capacità di tollerare immani fatiche senza avere poi le gratificazioni dei loro capitani al traguardo, che anche nell’ambiente in questione ci si dovrebbe sforzare di ricordare più spesso.