Vi è un protagonista silenzioso e invisibile, da qualche anno a questa parte, al Trieste Film Festival. Si chiama Corso Salani. Protagonista lo è per il ricordo che ha lasciato come persona. Per la rotta tracciata attraverso i suoi film. E per quel premio a lui intitolato, che ogni anno ci permette di scoprire qualche nuova opera cinematografica davvero meritovele, intensa, quale è per esempio Karenina & I di Tommaso Mottola.
Documentario camaleontico e decisamente sui generis, Karenina & I si avventura nella tundra facendosi di volta in volta meta-teatro, cinema on the road, indagine letteraria, biopic dall’accentuato retrogusto esistenzialista.
Ad ogni modo è come se ci fossero sempre due eroine in scena. Una è la Anna Karenina del capolavoro di Tolstoj. L’altra è una sensibilissima e intensa attrice scandinava, Gørild Mauseth, che tempo fa ha accettato la sfida di interpretare tale personaggio in una lingua che non conosceva ancora, il russo per l’appunto; e che per questo si è ritrovata a viaggiare attraverso quello sterminato paese in treno (guarda caso…), così da sfruttare le lunghe giornate sulla Transiberiana per approfondire lo studio della lingua russa, prima ancora di arrivare nella remota Vladivostok dove, ad attenderla in vista delle prove e del successivo debutto, avrebbe trovato il prestigioso Gorky Drama Theater.
Quanto mai lost in translation, ma presente a se stessa, Gørild vedrà modificarsi in corso d’opera l’impegno e gli orizzonti interpretativi relativi allo spettacolo, ma al contempo sentirà riaffiorare frammenti importanti del proprio passato, di un percorso formativo che scopriremo essere stato molto più delicato e complesso di quanto si immagini. Ed è anche lì che un regista così empatico, accorto, quale si è rivelato nella circostanza Tommaso Mottola, ha dato prova di conoscere bene i tasti su cui spingere. Ne consegue che Karenina & I prende forma kilometro dopo kilometro, prova dopo prova, incontro dopo incontro, secondo un affascinante teorema cinematografico in cui la profondità dei contenuti ha tanto valore quanto ne ha la cura dell’aspetto visivo. E quell’ultima ripresa fissa, stupefacente, che enfatizza gli ipotetici binari tracciati dagli sci della protagonista su un paesaggio innevato, sta lì a testimoniare l’armonico e calibratissimo sovrapporsi di forma e contenuto.