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Due vite per caso (Festival di Berlino 2010)

«Come può cambiare la vita di un ragazzo di poco più di vent´anni per una questione di pochi centimetri? Se lo domanda il regista siciliano Alessandro Aronadio, classe 1975, che con il suo primo lungometraggio, “Due vite per caso”, ha subito l´onore di presentarsi alla Berlinale nella prestigiosa sezione Panorama».

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Come può cambiare la vita di un ragazzo di poco più di vent´anni per una questione di pochi centimetri? Se lo domanda il regista siciliano Alessandro Aronadio, classe 1975, che con il suo primo lungometraggio, “Due vite per caso”, ha subito l´onore di presentarsi alla Berlinale nella prestigiosa sezione Panorama.

Matteo sta accompagnando al pronto soccorso un amico che si è procurato una leggera ferita, aprendo una lattina, durante una serata come tante trascorsa nel suo locale preferito, l’”Aspettando Godard”.Un segnale di stop, la pioggia, l’asfalto viscido e una frenata per non urtare la macchina davanti, ferma con a bordo due poliziotti in borghese.

Al termine della frenata la narrazione si sdoppia e comincia il racconto in parallelo delle due differenti direzioni che la vita del ragazzo prende in conseguenza dell’esito della frenata.

Matteo non riesce ad arrestare in tempo l’auto, e va a scontrarsi contro l’altra vettura. I due poliziotti, già noti per la loro condotta discutibile, aggrediscono i due ragazzi e picchiano a sangue Matteo, abusando delle garanzie offerte dalla loro posizione. L’episodio casuale scuote l’esistenza del ragazzo, pone fine alla sua adolescenza, e gli svela improvvisamente il mondo di violenza e di ingiustizia che lo accompagnerà nell´età adulta. Matteo precipita in uno stato di totale insicurezza e smarrimento da cui cerca di uscire voltando pagina, e rifiutando le certezze apparenti che avevano segnato la sua gioventù. Si isola dalla famiglia e si lancia a viso aperto in rapporti di amicizia e sentimentali burrascosi e precari, in cerca di qualcosa cui aggrapparsi. Il risultato però è solo quello di ingannare l´attesa di una risposta alla sua inquietudine, che non arriva mai.

Matteo riesce a fermare l’auto in tempo, ed evita l’impatto per pochi centimetri. La sua vita procede senza traumi, ma muovendo i primi passi nel mondo del lavoro e nell´età adulta, cresce in lui un senso di smarrimento angosciante. Nemmeno la famiglia e l´ingresso nell´Arma dei Carabinieri gli danno quell´equilibrio e quelle certezze che cercava e le sue giornate si consumano nella frustrazione e, anche in questo caso, nell´attesa di una risposta che non arriva.

Alessandro Aronadio ci presenta così due facce di una stessa medaglia e, attraverso le figure di Matteo, tratteggia il ritratto della sua generazione: giovani che entrano nell’età adulta in una condizione di totale smarrimento e che, come i personaggi dell´opera di Samuel Beckett (che non a caso è richiamata dal nome del locale dove Matteo è solito trascorrere le serate), aspettano Godot, un qualcosa di ignoto che dia un senso alle loro azioni ed alle loro prospettive. La società li lascia in uno stato di precarietà e non offre alcun punto di riferimento. La vita si riduce ad un susseguirsi di eventi casuali che servono solo a muovere le carte in tavola, ed alla fine portano semplicemente alla luce facce differenti dello stesso smarrimento senza soluzione, destinato a trasformarsi in frustrazione repressa con esplosioni di violenza.

Il meccanismo narrativo utilizzato da Aronadio è il medesimo del film Sliding Doors di Peter Howitt, in cui però lo sdoppiamento della vita della protagonista dava solo un tocco di fatalismo a una storia d’amore. In “Due vite per caso” non c’è alcuna traccia di fatalismo, non c’è un disegno sovraumano che giunge sempre e comunque a compimento. Qui basta una sciocchezza perché le due vite del protagonista si sviluppino irrimediabilmente su binari completamente differenti. La costante che le lega è anzi opera puramente umana, è lo sfondo culturale e sociale in cui Matteo e la sua generazione stanno crescendo abbandonati, confusi e smarriti.

Sicuramente un esordio promettente quello di Aronadio, che si distingue soprattutto per la capacità di indagare la psicologia del personaggio in modo esauriente, senza paura di fare riferimento all’attualità italiana, dai fatti del G8 ai più recenti episodi di razzismo. La sua abilità consiste nel non esprimere l´ennesimo giudizio su questi temi, ma di sfiorarli appena per ricercare piuttosto delle chiavi di lettura capaci di interpretare la realtà che i giovani stanno vivendo. La sua attenzione si concentra sull’analisi del disagio generazionale e ne coglie gli aspetti più universali e psicologici, che possono rappresentare il vero punto di partenza per reagire alla situazione di stallo che viene descritta. Anche dal punto di vista della struttura narrativa, Aronadio fornisce una buona prova di padronanza dell´intreccio, riuscendo a tenerlo in pugno, nonostante le insidie rappresentate dai continui salti temporali e dall´alternarsi dei due racconti, con le relative similitudini e contrapposizioni.

Matteo Aniello

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