Resurrection è la nuova odissea visionaria di Bi Gan, il progetto più ambizioso finora di uno dei maestri contemporanei del realismo magico. Presentato a ridosso del termine della 78esima edizione del festival di Cannes, questo film-evento ha ricordato a tutti gli avventori della Croisette il piacere di immergersi in una storia per il semplice gusto di divorarne le atmosfere.
Un film che ci ricorda che siamo creature in balia delle sfuggenti illusioni del cinema, senza possibilità di salvezza, ma altrettanto sprovvisti di alternative. Resurrection unisce i virtuosi piani sequenza dei precedenti lungometraggi del regista, Kaili Blues e Un lungo Viaggio nella Notte, alla narrazione poetica di A Short Story, il cortometraggio dove un gatto si imbarca in un viaggio alla scoperta della cosa più preziosa al mondo.
Questo omaggio al cinema e alla potenza rigenerante delle storie ha diviso l’opinione della critica, rivelandosi facile da rispettare ma altrettanto difficile da amare incondizionatamente.
Il mosaico di Resurrection: cinque sogni per cinque sensi

In un mondo in cui l’uomo ha perso l’abilità di sognare, seguiamo un mostro che si abbandona ancora alle illusioni del suo inconscio. Il suo indugiare in questa pratica, logorante per l’anima, attira le attenzioni di una donna determinata ad aiutarlo. Lo aspetta un viaggio alla scoperta del vero significato che si cela dietro ai suoi sogni, grazie al quale rinascerà e morirà più volte.
Questa l’accattivante premessa, tuttavia è difficile parlare di una vera e propria trama, considerato che i sogni che compongono il mosaico di Resurrection sono narrativamente parlando dei vicoli ciechi che non si supportano a vicenda. Cinque sogni per cinque sensi, ognuno col suo stile distintivo, introdotti da una sequenza iniziale e che congiungono in un finale catartico (di facile immedesimazione per chi fruisce del film in sala).
Quello che è davvero sensazionale è però l’espediente con cui Bi Gan riesce a rilegare assieme tutte le illusioni racchiuse all’interno della pellicola, conferendo una ragione di esistere a questo esercizio grazie alla magistrale sequenza iniziale. Veniamo introdotti a Resurrection con quella che con ogni probabilità è la scena più chiacchierata di tutto il festival. Un capolavoro a sé stante che omaggia il teatro e il cinema muto, in cui seguiamo la donna dare la caccia al mostro, sfruttando la propria abilità peculiare che le permette di percepire le tracce lasciate dai sogni, per poi penetrare al loro interno. Scenografie teatrali, giochi di ombre e colori, interstizi testuali che ci guidano nella comprensione di questa distopia arguta e delirante.
Tutto perfetto, fin troppo perfetto, tanto da porre le basi per un’amara delusione una volta realizzato che Bi Gan non intende proseguire in questa direzione stilistica. Il film soffre il processo di transizione dall’introduzione ai sogni, altrettanto impeccabili a livello registico, ma non altrettanto stupefacenti nell’originalità della forma.
Il piano sequenza dell’anno

L’entusiasmo decolla nuovamente con l’ultimo sogno, un virtuoso piano sequenza di 36 minuti che ci trascina da un porto fino a un locale di karaoke gestito dalla criminalità organizzata, il tutto passando per un time-lapse e una spiazzante modifica nel registro della fotografia. Una storia di vampiri e al contempo un’abbozzata fuga d’amore, che ancora una volta ci porterà a rimpiangere che la portata di questa ambizione non si estenda agli altri sogni.
Se gran parte delle prime storie rappresentano il tipo sogno che si dimentica in fretta una volta svegli, una metafora che ben si abbina all’esperienza di visione del film, altre meritano di rimanere nell’immaginario collettivo del cinema. Di quest’ultimo gruppo fa parte anche il finale, il punto di arrivo perfetto di un film che si propone come uno dei più grandi elogi all’arte cinematografica degli ultimi tempi.
Non possiamo prevedere il futuro, ma a soli 35 anni Bi Gan potrebbe aver già girato un film destinato a venire ricordato a lungo. Le voci lo danno già annunciato prematuramente come vincitore del premio alla miglior regia di questa edizione.