Nel 1962 esce in America What ever happened to Baby Jane diretto da Robert Aldrich, dal romanzo omonimo (di Henry Farrel). Entrambi, film e libro, di una potenza e di una tensione fortissime. Genere: thriller psicologico, horror sottolineato dal bianco e nero, dramma e melodramma insieme. Sono passati due anni da Psyco di Alfred Hitchcock, con cui condivide le atmosfere e le perversioni della mente.
La storia, brevemente. Le sorelle Jane (Bette Davis) e Blanche (Joan Crawford) Hudson sono state due attrici, ora relegate nella loro casa alquanto sinistra. Jane era famosissima da bambina, un fenomeno di massa che il padre avidamente incoraggiava: bionda e boccolosa come Shirley Temple, ma piena di capricci e intemperanze. Blanche invece diventa una diva da adulta, oscurando il successo della sorella il cui talento si rivela, col tempo, del tutto inesistente. Ora, ciascuna chiusa nel proprio livore, rimpiangono il passato sul palcoscenico: Blanche apparentemente più tranquilla, ma costretta alla sedia a rotelle per un incidente nel quale, non si sa come, Jane pare coinvolta; Jane, figura grottesca, scivola sempre più nell’alcolismo e in una follia senza ritorno. Una aggressiva, l’altra aggressivo-passiva. Jane tiene Blanche in ostaggio, la isola dal mondo esterno, le fa dispetti che diventano via via più intollerabili, in un crescendo di angoscia che paralizza il lettore o lo spettatore, soggiogato dalla paura (e dal fascino) dei labirinti mentali (e relazionali), nei quali le due vivono prigioniere.
Pare, anzi è oramai sicuro, che le due interpreti delle sorelle Hudson fossero rivali tra loro anche nella vita. Entrambe premi Oscar (la Davis ben due volte, con Paura d’amare nel ’36 e Figlia del vento nel ’39, la Crawfort con Il romanzo di Mildred nel 1945) non si sopportavano l’un l’altra, si odiavano e neanche tanto amabilmente. Dei loro risentimenti parla la serie televisiva Feud: Bette and Joan di Ryan Murphy (Studio Universal), andata in onda tra marzo e aprile in America del’17 (da noi su Mediaset Premium il prossimo gennaio), con candidature plurime ai premi più significativi. La seconda stagione, che verrà trasmessa a febbraio del 2018, sempre in America, prevede la narrazione dei dissapori tra Diana e Charles. Ogni stagione racconterà i dissidi tra due personaggi famosi, andando incontro alle curiosità umane e psicologiche del pubblico, oltre a quelle del pettegolezzo reso sullo schermo.
Feud, cioè faida.
Ma un personaggio di Feud – Bette and Joan, mentre parla delle due star (sono state inserite delle interviste imitando il documentario) dice che la faida non nasce dall’odio, bensì dalle ferite, e già dalla prima puntata Susan Sarandon (Bette) e Jessica Lange (Joan), nel recitare un divismo fuori tempo, e l’ostinazione di chi vuole mantenere a tutti i costi il ruolo di primissima donna, si mostrano come due persone molto deboli, che vedono l’una nell’altra l’ombra di se stesse.
In fondo, racconta Maurizio Porro alla presentazione milanese di Feud – Bette and Joanrivalità, le dive hollywoodiane non avevano una vita brillante come si potrebbe pensare. Vivevano asservite al sistema dell’industria cinematografica e non erano affatto ricche. Nel film e nella serie si capiscono i seri problemi economici di due attrici così famose, e corrisponde al vero, quando non avranno più chissà che contratti . Mentre erano sulla ribalta, invece, non potevano godere neanche di una vita privata, in molti casi un disastro dal punto di vista affettivo. Sicuramente il film è anche una metafora della decadenza di Hollywood, e non può non ricordare Viale del tramonto per le atmosfere e la confusione tra recitazione e vita. Ci sono le bizze, le stravaganze, le frivolezze; i dispetti, il cinismo, l’umorismo nero e soprattutto la solitudine che traspare.
Non sappiamo se la scelta di mandare in onda il film Che fine ha fatto Baby Jane alla fine della serie sia vincente. Averlo visto prima dà modo di ammirare meglio la trasformazione di Susan Sarandon in Bette Davis (quando si veste e trucca da Baby Jane, una maschera stralunata) e la performance di Jessica Lange (Joan Crawfort, mentre guarda se stessa in un vecchio film). Di conoscere i caratteri nel privato e dietro le quinte, e fa capire quanto i loro ruoli di vittima e carnefice, alla fine interscambiabili, non fossero condizionati dalla relazione delle sorelle Hudson, ma fossero antecedenti.
Robert Aldrich (qui Alfred Molina), anche lui un po’ in disarmo dopo il fiasco del suo ultimo lavoro L’occhio caldo del cielo, sapeva quanto sarebbe stato difficile girare con due giganti così fragili, ma corse il rischio sperando che l’astio tra loro avrebbe dato grande energia al film e aveva ragione.