Era il 2013 quando, in una conferenza stampa dopo le riprese di Si alza il Vento, Hayao Miyazaki lasciava le scene per appendere la matita al chiodo. Dopo il tentativo del 1998, si pensava a qualcosa di temporaneo. In realtà, il regista affermava parzialmente il vero. La verità, come rappresentata in Never Ending Man di Kaku Arakawa, sta nel mezzo. Un documentario per la tv giapponese, distribuito in Italia per il grande schermo e per un solo giorno: il 14 novembre. In risultato? Una serie di riprese al limite dell’amatoriale, che però sottolineano con sincera obiettività un dato chiaro: il Maestro non è in pace con se stesso.
Dopo anni vissuti sulla cresta dell’onda, in cui il suo genio incondizionato è stato osannato e celebrato, Hayao Miyazaki vive al limite tra la rassegnazione e i fantasmi del passato. Rassegnato a non riuscire a trovare un degno erede professionale; inseguito dai ricordi di un glorioso passato che lo tormenta, specie nei giorni piatti, monotoni e tediosi. Da cui lo spunto per il tentativo di un eterno ritorno, che possa portare pace e serenità a un uomo consapevole dell’età che avanza – 76 anni – ma ancora capace di ricercare la perfezione maniacale in ogni sua attività lavorativa.
Il pretesto è un cortometraggio d’animazione che un gruppo di nerd dell’informatica intendono realizzare. I conflitti generazionali – Miyazaki non ama il digitale o la tecnologia in genere – la volontà di non aspettare passivamente la morte e la voglia di affermare la propria personalità hanno il sopravvento. Il risultato è l’ennesimo ritorno di “un uomo senza fine” che rende unico ogni suo progetto, tanto da risollevare con la sua presenza un documentario – Never Ending Man – che, sia dal punto di vista della regia, che della fotografia e del montaggio, non ha i suoi punti di forza. Le riprese, quasi scostanti, sembrano rimandare ad immagini da titoli di coda, da appendice.
Dal punto di vista tecnico, Kaku Arakawa si guadagna appena la sufficienza, portando comunque a casa un risultato forse insperato: riuscire a disegnare un inedito ritratto di Hayao Miyazaki, più schietto, senza fronzoli, capace di aspre critiche verso coloro che lo circondano. La scarsa tolleranza però è ben presto scacciata dalla volontà di scendere ancora una volta in campo e giocare un’altra partita. Forse l’ultima, ma comunque sempre da protagonista