Paul Currie, già regista e produttore di One Perfect Day, per il quale è stato premiato come miglior regista debuttante dalla Screen Directors Association of Australia, dirige 2:22, uno psyco-thriller in salsa romantica con incursioni tipiche del film d’azione. 2:22 parla della paura dell’amore e del passato che in qualche modo torna a tormentare il presente. Legato agli schemi ricorrenti e alla necessità di mettere sempre ordine nel caos, il protagonista Dylan riesce ad impedire che si compia un disegno di morte che sembra già scritto e imminente.
Siamo a New York, Dylan Branson (interpretato da Michiel Huisman, il personaggio di Daario Naharis in Game of Thrones) è un pilota mancato. Ha preso il brevetto, ma la sua paura di volare lo trattiene a terra a fare il controllore di volo e a gestire il traffico aereo del JFK. Sarah Barton (Teresa Palmer) sognava di fare la ballerina: da ragazzina, un incidente durante i suoi esercizi quotidiani di danza le precluse la carriera sul palcoscenico e oggi lavora in una galleria d’arte di Manhattan.
Le loro vite si incrociano per la prima volta proprio sulle piste del JFK: Dylan perde il controllo e rischia di far collidere due aerei. Teresa è su uno di quei voli. Il loro secondo e decisivo incontro è ad un balletto aereo, scelta azzeccatissima, visto che racchiude le loro passioni mancate, il volo per lui, la danza per lei.
Nel frattempo Dylan inizia a rendersi conto che le sue giornate si susseguono in una routine che non è la semplice ripetizione dei suoi gesti quotidiani. Nei giorni antecedenti il suo compleanno e quello di Sarah, nati tutti e due il 18 aprile 1986, nel percorso che da casa di Dylan porta alla Grand Central Station e all’interno della stessa stazione si ripetono le stesse tipologie di avvenimenti fino a culminare, alle 2:22, con un incidente.
Dylan, che da sempre è portato a cercare l’ordine nel caos, tema ricorrente nel film, inzia così a vivere un’ossessione che lo porta a scavare nel passato di quei luoghi, fino a scoprire che il 18 aprile del 1986 si consumò alla Grand Central Station un omicidio con movente passionale, che vedeva coinvolto un uomo, Jake, che aveva vissuto nell’appartamento dove lui vive ora, innamorato e corrisposto da una cantante, di cui però era anche innamorato un detective molto violento della polizia, che aveva tentato in tutti modi di gettare fango su Jake.
Il triangolo mortale sembra stare per ripetersi, perché Sarah lavora accanto al suo ex fidanzato, l’artista concettuale Jonas (Sam Reid), che tenta in tutti i modi di allontanarla da Dylan in un susseguirsi di eventi che porteranno i tre protagonisti alla Grand Central Station alle 2:22, esattamente trent’anni dopo il primo omicidio.
Il film si avvale anche dell’ottima scenografia di Michelle McGahey. Punto focale, sia da un punto di vista visivo che narrativo, la Grand Central Station di New York è stata ricostruita in maniera accurata e puntuale, integrandosi perfettamente con gli esterni newyorkesi.
La storia è scritta minuziosamente dagli sceneggiatori Todd Stein e Nathan Parker, sia nella costruzione dei personaggi che si rivelano e crescono scena dopo scena mandando avanti la storia, che negli innumerevoli eventi che si susseguono e si ripetono nei pochi giorni in cui questa è ambientata.