Transformers: L’ultimo Cavaliere segna il quinto capitolo della stupefacente saga robotica Hasbro diretta da Michael Bay, con un cast formato da Mark Wahlberg, Anthony Hopkins e Laura Haddock. Il cuore pulsante delle rocambolesche vicende dei mastodontici androidi è certamente Michael Bay, in grado di rendere il dinamismo filmico il suo marchio di fabbrica, fruibile e sfruttabile in modo esponenziale, proprio per quelle pellicole in cui il ritmo deve essere in perpetuo sincrono con lo spettatore. Bay emerge come il regista internazional-popolare dedito ad un pubblico desideroso di evadere dalla realtà per tuffarsi nel mare magnum di effetti visivi colossali, fino ad addentrarsi nel cuore della scena e magari sentirsi parte integrante del contesto spettacolare.
Ma sfortunatamente l’ultimo Transformers vacilla a causa di una trama fin troppo intricata. Una storia fatta di viaggi medioevali con tanto di Tavola Rotonda e mago Merlino, il Pianeta Terra minacciato ed intervallato dall’alleanza con una professoressa di Oxford che potrebbe riportare la pace tra i Transformers e gli umani: un calderone di ingredienti che messi insieme formano un decoupage alla fine insipido e poco eloquente.
Nonostante ritroviamo nel cast i volti di Cade Yeager (Mark Wahlberg) e dell’Agente Simmons (John Turturro), insieme a tantissime new entry come Sir Edmund Burton (Anthony Hopkins), Vivian Wembley (Laura Haddock) e la piccola Izabella (Isabela Moner), ciò non basta a far si che il film spicchi un entusiasmante volo come successo in passato per gli altri capitoli. La fonte del problema per tutta la durata del film è il caos che regna sovrano dal punto di vista narratio, imponendo personaggi immolati, e di conseguenza svalorizzati, alla magnificenza dei Transformers, valorosi guerrieri le cui gesta hanno segnato tappe mitologicamente e storicamente fondamentali. La spettacolarizzazione di un tempo di Bay sembra aver lasciato spazio ad una ceratura cinematografica stopposa e monotona. Si è ricaduti nel misero errore del voler a tutti i costi riproporre i fasti di una saga che ha brillato precedentemente per la sua matrice fantastica, ma che oggi farebbe meglio a chiudere il sipario congedandosi dal pubblico con un bell’inchino.