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Pasolini: La verità

Si è tenuto martedì sera presso il Teatro Vittoria della Capitale lo spettacolo Pasolini: La verità, opera fortemente satirica promossa dall’associazione La Quarta Parete in collaborazione con Cittadinanzattiva. Lo spettacolo, scritto, diretto e interpretato da Claudio Pierantoni, alterna monologhi teatrali a documenti audiovisivi e registrazioni radiofoniche a lettere private, per ricostruire, fotogramma dopo fotogramma, parola dopo parola, la grandezza di un uomo scomodo

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Si è tenuto martedì sera presso il Teatro Vittoria della Capitale lo spettacolo Pasolini: La verità, opera fortemente satirica promossa dall’associazione La Quarta Parete in collaborazione con Cittadinanzattiva. Lo spettacolo, scritto, diretto e interpretato da Claudio Pierantoni, alterna monologhi teatrali a documenti audiovisivi e registrazioni radiofoniche a lettere private, per ricostruire, fotogramma dopo fotogramma, parola dopo parola, la grandezza di un uomo scomodo, schietto e politicamente troppo corretto per essere accettato da una società conformista come quella italiana.

L’attore, dopo aver mostrato le immagini del corpo tumefatto di Pierpaolo Pasolini, inizia a leggere estratti degli Scritti Corsari, necessari a evidenziare la rischiosa operazione di denuncia che lo scrittore e giornalista aveva intrapreso. Perché “Pasolini era un uomo dolcissimo – ricordano i suoi amici Anna Magnani e Alberto Moravia – ma sapeva anche ferire con la penna più di quanto avrebbe mai potuto fare con un coltello”. Difatti lui, come lo stesso Pierantoni, non hanno avuto paura di gridare la loro indignazione nei confronti di un governo e di una Chiesa incapaci di ammettere le proprie colpe e riconoscere le proprie responsabilità nei confronti della morte di un uomo talmente dedito al proprio lavoro da averlo trasformato nella propria ragione di vita.

Il suo omicidio, mascherato per molto tempo dietro alla facciata del “rituale necessario ad estirpare l’omosessualità dal mondo”, è stato attribuito prima agli stessi “Ragazzi di vita” che lui tanto amava, poi a Pelosi, un ragazzo troppo giovane e gracile per essere davvero l’unico fautore di un delitto così brutale. Pasolini era “forte come un pugile ma fragile come una bambina” e, per questo, è stato picchiato, accoltellato e ridotto a un cencio infangato nel corpo e nell’anima. I colpevoli erano numerosi, probabilmente collaborazionisti della Banda della Magliana o di Cosa Nostra, o, semplicemente, politici di destra preoccupati di occultare i propri misfatti.

Pierantoni, attraverso un monologo che ha la lunghezza e la retorica di un vero e proprio soliloquio, dichiara lucinianamente che lo stato italiano usò “parole oscure per stuprare la sua memoria e la nostra coscienza”. Attraverso un costante chiasmo di accuse e mediante l’artificio dell’anafora “Io so”, l’attore ricostruisce l’ambiente dell’idroscalo di Ostia, scenario scelto per ospitare l’esecuzione di Pierpaolo Pasolini, l’uomo che scandalizzò le coscienze chiedendo “Se un uomo è uguale a un altro uomo tanto da essere lo stesso, allora, chi è quello vero?. Nessuna risposta è valida perché non sarebbe accettata dalla società. Basta omissioni, basta bugie, basta retorica. A quarant’anni di distanza dalla sua morte, Pierpaolo Pasolini merita giustizia e verità, senza altre artificiose mistificazioni.

Martina Calcabrini