La selezione ufficiale de La Festa del Cinema di Roma si apre con Moonlight, film di Barry Jenkis. L’opera, adattamento del testo teatrale In Moonlight Black Boys Look Blue di Terrel Alvin McCraney, mantiene la divisione in atti dell’originale muovendosi tra scrittura teatrale e poesia da palcoscenico. Nelle strade e sui marciapiedi si descrive la vita di chi sta agli angoli, tra droga, bullismo e poche speranze.
Sinossi: Il giovane Chiron vive in una zona fortemente colpita dall’abuso di crack. Vittima di bullismo a scuola e distrutto da una vita domestica difficile, Chiron rischia di diventare una statistica: un altro ragazzo nero dominato e distrutto dal sistema. Nonostante la sua bassa statura e la natura taciturna, Chiron è un sopravvissuto. Quando cresce diventa chiaro che la sua battaglia non andrà combattuta per le strade. La sua lotta interiore: una resa dei conti con il profondo sentimento d’amore che prova per il suo migliore amico.
Recensione: Concentrare una vita in tre atti risulta faticoso e poco producente. La schematicità è il primo aspetto che si nota in Moonlight, ma non l’unico da rendere il film completamente sbilanciato e fuori fuoco. La lentezza, data soprattutto dai dialoghi scarni e monosillabici, risulta in più punti estenuante. Sembra come se il regista abbia preferito il “bello” alla narrazione, dimenticandosi completamente che due sguardi in macchina ben riusciti non fanno l’essenza di un film, né tantomeno bastano per assicurarne la riuscita. Il prodotto è così abbondante nelle tematiche, quasi a cozzare l’una con l’altra, da essere superficiale nel racconto delle stesse e privo di qualsiasi coinvolgimento. Si toccano temi quali l’omosessualità, la doga, il bullismo e altre terribili problematiche sopportate da un ragazzino abituato a vivere per strada. Non si scava mai a fondo lasciando il tutto sospeso ad un filo pronto a rompersi da un momento all’altro.
Pare proprio che il regista Barry Jenkis abbia voluto mettere tanta carne al fuoco senza riuscire a districarsi nei meandri della storia. Nonostante il dramma, che volente o nolente tocca lo spettatore, il tutto equivale ad una diapositiva scattata con grande occhio ma poco cuore. Il film risulta piatto e monotono nelle sue ripetizioni. C’è una confusione di fondo nascosta dalla schematizzazione in tre atti. Se la speranza era quella di creare un prodotto ispirato alla piéce teatrale il risultato parla da solo. Il protagonista stesso, in Moonlight, sembra solo essere il tramite per riportare altro. Spesso ci si smarrisce così nel racconto che è difficile mantenere l’attenzione sul film. Il prodotto se pur con buone intenzioni finisce per essere vuoto e perso nelle sue stesse strutture. Moonlight più che procedere al chiaro di luna sembra davvero andare a tastoni.
Alessandra Balla