« Perché realizzare un’opera quando è bello sognarla soltanto? »
(Pier Paolo Pasolini nel ruolo dell’allievo di Giotto)
Il Decameron è un film del 1971 scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini, tratto dal Decameron di Giovanni Boccaccio. È il primo episodio della cosiddetta Trilogia della vita, proseguita con I racconti di Canterbury (1972) e completata da Il fiore delle Mille e una notte (1974). Ebbe diversi problemi con la censura che sequestrò e dissequestrò il film, ed aprì anche un processo, che alla fine vide giudicati non colpevoli gli imputati (tra cui il regista stesso). In Germania e in gran parte dell’Europa invece il film ebbe notevole successo e vinse l’Orso d’argento al Festival del Cinema di Berlino. Dal 2000, il film è vietato ai minori di 14 anni.
Pier Paolo Pasolini ispirandosi al Decameron di Giovanni Boccaccio, trae alcune delle novelle più importanti e caratterizzanti. Infatti riadattandole alla sua maniera in un’atmosfera completamente napoletana, il regista intende esaltare i piaceri e i momenti decisivi della nostra vita, caratterizzati nella maggior parte dal sesso e dalla cupidigia, ma anche dall’amore e dal dolore.
Nel 1975 Pasolini spiega così le ragioni che lo hanno spinto a comporre la trilogia, e soprattutto a dare tanto rilievo: “alla rappresentazione dei corpi e del loro simbolo culminante, il sesso”. In primo luogo quella rappresentazione si inseriva nella lotta per la democratizzazione del diritto di esprimersi senza divieti e censure e per la liberalizzazione dei costumi sessuali, che erano stati “due momenti fondamentali della tensione progressista degli anni Cinquanta e Sessanta”. In secondo luogo, in un momento di “crisi culturale e antropologica” come la fine degli anni sessanta, in cui il trionfo “della sottocultura dei mass-media” cancellava le antiche forme di vita della civiltà contadina e proletaria italiana, introducendo un’omologazione che appiattiva e spersonalizzava ogni suo aspetto e toglieva ogni autenticità della vita, sostituendovi realtà falsificate e inautentiche, l’innocenza dei corpi popolari, insieme con “l’arcaica, fosca, vitale violenza” del sesso, sembrava allo scrittore-regista l’ultimo baluardo per difendere l’autenticità minacciata.
Per questo Pasolini si volge al Decameron (come poi a I racconti di Canterbury di Chaucer e a Le mille e una notte) come fonte di una visione innocente del sesso, piena di immediata vitalità: donde il titolo complessivo, Trilogia della vita. L’operazione cinematografica si inseriva nell’aspra polemica che lo scrittore conduceva nello stesso periodo, attraverso saggi, articoli, poesie, romanzi, contro la mutazione antropologica e l’omologazione prodotte dalla trasformazione neocapitalistica della società italiana e dal dominio dei mezzi di comunicazione di massa. Tuttavia, se si “legge” attentamente il Decameron pasoliniano, si può constatare come l’ispirazione e la sensibilità dell’autore siano lontanissime da quelle di Boccaccio.