“Soldini immagina un’impiegata e un cameriere qualunque travolti da un’irresistibile passione: una storia d’amore in un contesto sociale ed economico ostile”.
Cosa voglio di più, senza punto interrogativo e in un grassetto progressivo, è il titolo del nuovo film di Silvio Soldini, che campeggia nelle locandine distribuite in tutta Italia, appena sotto i corpi nudi di Alba Rohrwacher e Pierfrancesco Favino. Presentata fuori concorso al Festival di Berlino, la pellicola racconta la storia della passione amorosa che si accende tra un uomo e una donna, sullo sfondo dell’hinterland e della periferia milanese. Soldini sfrutta la sua esperienza da documentarista e si muove di nuovo nella direzione già aperta dal precedente Giorni e nuvole, che abbandonava i colori saturi da cartoon di un film come Agata e la tempesta, per abbracciare sguardi e tematiche “più vicini alla realtà”.
Lontano dal replicare l’attenzione di certo nostro cinema nei confronti di amori, tradimenti e crisi esistenziali della medio/alta borghesia italiana, e distante dai toni da ritratto sociologico che colorano spesso le pellicole dedicate alla periferia più profonda del Belpaese, Soldini immagina un’impiegata e un cameriere qualunque travolti da un’irresistibile passione. Li segue, spesso con camera a mano, districarsi tra le gioie e i dolori di un amore travolgente che, irrimediabilmente, cozza con la vita di tutti i giorni fatta di conviventi, mogli e figli. È qui il vero cuore del film: il contrasto irreparabile tra una passione assoluta e la vita pratica senza soldi in banca, e senza un posto in cui vedersi per fare l’amore. Il film così rilancia l’evolversi di una storia d’amore travagliata in un contesto sociale ed economico che necessariamente la condiziona, ma in modi e tempi che difficilmente si vedono al cinema.
Soldini firma una regia asciutta, fatta spesso di piani ravvicinati, in cui i personaggi sono sempre più grandi del paesaggio cittadino, che difficilmente si intravede, ma che pure pesa come una zavorra nella loro vita. Chiaro che in una pellicola di questo tipo gli attori e le loro interpretazioni sono l’impalcatura necessaria per reggere il tutto, ed il cast di Cosa voglio di più di certo non delude: Alba Rohrwacher si conferma ottima anche in un ruolo così diverso dai suoi precedenti, esattamente come Favino, il quale sfoggia qui un credibilissimo accento calabrese. A Giuseppe Battiston tocca invece il ruolo del convivente di lei, inconsapevolmente cornificato. Su di lui si concentrano, com’era prevedibile, intenzioni comiche che pure affiorano inaspettatamente qui e là, ma riescono solo in parte a mitigare la vena (melo)drammatica di fondo che, soprattutto verso l’ultima parte, finisce per rendere faticoso il film, anche per via dell’eccessiva lunghezza. Ciò nonostante, l’”ossessività” del film è, in fondo, un elemento di fervida coerenza, sporcato ed esaltato da un montaggio grezzo ed efficace.
Viviana Eramo
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