La dolce vita è un film del 1960 diretto da Federico Fellini, vincitore della Palma d’oro al 13º Festival di Cannes e vincitore dell’Oscar per i costumi.
Tra i più celebri film della storia del cinema. Viene solitamente indicato come il punto di passaggio dai primi film neorealisti di Fellini ai successivi film d’arte.
La dolce vita è un film del 1960 diretto da Federico Fellini, vincitore della Palma d’oro al 13º Festival di Cannes e vincitore dell’Oscar per i costumi.
Tra i più celebri film della storia del cinema. Viene solitamente indicato come il punto di passaggio dai primi film neorealisti di Fellini ai successivi film d’arte.
La dolce vita è una produzione italo-francese. Fu girato tra la primavera e l’estate del 1959.
Il produttore iniziale de La dolce vita fu Dino De Laurentiis, che aveva anticipato 70 milioni di lire. Tra il produttore e Fellini avvenne però una rottura e il regista dovette cercare un altro produttore che ripagasse anche l’anticipo di De Laurentiis. Dopo varie trattative con diversi produttori, furono Angelo Rizzoli e Giuseppe Amato a diventare i nuovi produttori della pellicola.
Il rapporto tra Fellini e Rizzoli è tranquillo e gli incontri fra i due sono cordiali, nonostante il budget venga sforato, anche se di poco; Kezich riporta che secondo fonti ufficiali il film non costò più di 540 milioni, una cifra non esagerata per una produzione impegnativa come quella de La dolce vita.
La sceneggiatura fu curata da Fellini, Tullio Pinelli ed Ennio Flaiano. Uno dei motivi della rottura tra De Laurentiis e Fellini fu proprio la sceneggiatura, ritenuta troppo caotica dal produttore. Il copione, provvisorio come spesso accadeva alle produzioni di Fellini, subisce notevoli metamorfosi in corso d’opera, spesso rimodellandosi intorno ai personaggi e alle situazioni. Due scene (assenti dalla sceneggiatura originale) vengono completamente “improvvisate”: la festa dei nobili al castello, girata nel palazzo Giustiniani-Odescalchi di Bassano Romano (all’epoca Bassano di Sutri) in provincia di Viterbo, e il “miracolo” dei bambini con concorso di una folla di fedeli, di forze dell’ordine e di militari. Tullio Kezich racconta che Fellini era contrario alla pubblicazione della sceneggiatura appunto perché del copione originale rimase ben poco; Fellini affermò che infatti il film avrebbe trovato la sua fisionomia soltanto sullo schermo. Si lasciò convincere con l’osservazione che la sceneggiatura sarebbe stata indubbiamente interessante perché avrebbe mostrato la base da cui il regista era partito.
Fellini prese molti spunti dai servizi del reporter Tazio Secchiaroli e lo stesso personaggio di Paparazzo fu ispirato al reporter romano. Altro esempio è l’episodio del falso miracolo, che fu ispirato da un servizio del reporter romano del giugno 1958: l’oggetto del servizio era l’apparizione a due bambini della Madonna in una località a pochi chilometri da Terni. Secchiaroli partecipò alle riprese della scena del falso miracolo e disse che l’atmosfera dell’episodio nel film era come quella che vide il fotografo una volta arrivato nella piccola località umbra.
Nel film non sono stati inclusi due episodi previsti nella sceneggiatura: uno avrebbe avuto l’ambientazione a una festa su motoscafi a Ischia[12], mentre l’altro vedeva il protagonista Marcello che fa leggere il suo romanzo alla scrittrice Dolores. L’episodio di Dolores fu tagliato poiché Fellini lo ritenne un doppione del personaggio di Steiner: Marcello avrebbe fatto leggere il suo romanzo all’amico letterato e il personaggio della scrittrice sarà contenuto implicitamente nella sequenza di casa Steiner. A convincere Fellini di questo taglio alla sceneggiatura furono le difficoltà del contratto con Luise Rainer, che doveva interpretare Dolores. Il “picnic nautico”, come veniva chiamato dal regista, fu accantonato già prima dell’inizio delle riprese del film (infatti non era presente nemmeno nella sceneggiatura distribuita alla troupe) nonostante l’idea piacesse molto a Fellini, che contava anche sull’amore del produttore Rizzoli per Ischia; il regista però non voleva girare un nuovo episodio molto costoso avendo già sforato il budget concessogli da Rizzoli, al quale però non dispiaceva l’idea e non si era mai opposto esplicitamente. Fellini considerò infine l’episodio come non più essenziale; inoltre la sequenza includeva una ragazza che brucia nella nafta e questo episodio drammatico, secondo il regista, avrebbe scaricato nella prima metà del film la tragicità della fine di Steiner, rivelandosi quindi una “nota anticipata”, come la definì lo stesso Fellini.
Fu girato anche un finale alternativo in cui Marcello, all’uscita della villa dell’orgia, viene lasciato solo e ubriaco dagli altri partecipanti alla festa. Se Fellini avesse montato questo finale, avrebbe dovuto tagliare l’incontro tra Marcello e Paola, che non avrebbe avuto più significato.
Il distributore affermò che il film non avrebbe incassato una lira perché troppo pesante per il pubblico, e invece La dolce vita riuscì solo nei primi quindici giorni di proiezione a coprire gli 800 milioni spesi dal produttore. Al successo commerciale della pellicola contribuì l’intensa campagna pubblicitaria e il clima incandescente delle critiche. Secondo Pier Marco De Santi il successo del film è però da attribuire anche al “risveglio del pubblico e della sua intelligenza critica”.
Dopo quindici giorni di proiezione il film aveva già coperto le spese del produttore. Dopo tre o quattro settimane era in vista il miliardo di lire e dopo due mesi di programmazione gli incassi superarono il miliardo e mezzo. IMDb riporta un incasso negli Stati Uniti di 19.571.000 di dollari più 8.000.000 derivanti dal noleggio. Alla fine della stagione cinematografica 1959-60 risultò il maggior incasso dell’annata in Italia.
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