In attesa di partecipare gli EFA 2025 nella categoria nella categoria European Young Audience Award, un premio speciale dedicato al cinema per i giovani, La Vita da Grandi di Greta Scarano ha appena vinto il premio del pubblico alla 24esima edizione del Festival del Cinema di Porretta Terme 2025. De La vita da grandi abbiamo parlato con la regista Greta Scarano.
Foto di copertina di Daniele Barraco
La Vita da Grandi è prodotto da Groenlandia e distribuito nelle sale da 01 Distribution. Diretto da Greta Scarano vede impegnati nei ruoli principali Matilda De Angelis e Yuri Tuci.

La vita da Grandi di Greta Scarano
Vita da Grandi si pone per molti versi sul solco tracciato dal corto – Feliz Navidad – con cui hai esordito alla regia. L’aver scelto ancora una volta la commedia come forma espressiva conferma la tua predilezione verso un genere che sembra appartenerti.
Sì, assolutamente. Ne sono molto attirata. Come attrice ho fatto fatica a trovare ruoli più leggeri ma è stato solo un fatto contingente perché da sempre sono interessata alla commedia e ammiro i tempi comici dei colleghi che invece la frequentano con assiduità. Non faccio distinzione tra quella sofisticata alle altre rivolte alle famiglie tanto che Mamma ho perso l’aereo è un dei miei titoli preferiti. In entrambi i casi trovo sempre dei motivi di interesse perché poi quello che conta è riuscire a far ridere le persone. Quando è capitato con i miei film è stata un’emozione indimenticabile. Penso che sia la cosa più appagante anche come attrice rendendomi conto che strappare una risata è una delle cose più difficili. Oggi con la mediazione della mdp e grazie a un lavoro sulla scrittura durata diversi anni sono riuscita a trovare il canale giusto per arrivare alle persone. De La Vita da Grandi il pubblico ha apprezzato anche l’ironia e questo per me è stato il riconoscimento più bello anche perché la storia tocca corde emotive diverse tra di loro.
Nella cameretta di Irene ci sono tra gli altri il poster di Tre Uomini e una gamba e di Enzo Jannacci. Mi chiedevo se questo era anche un modo per manifestare una sorta di debito verso la commedia milanese, ovvero verso un tipo di comicità basata non solo sulla parola ma anche sul corpo. Te lo dico perché anche in La Vita da Grandi il divertimento scaturisce da un linguaggio che tiene molto in considerazione i corpi degli attori.
Il fatto è che sono cresciuta con Aldo, Giovanni e Giacomo. La mia infanzia e l’adolescenza sono state scandite dai loro film più che dai lavori di Jannacci che è di una generazione più lontana dalla mia e che comunque ho avuto modo di apprezzare in età più adulta.
Jannacci è collegato a Renato Pozzetto che il personaggio di Omar mi ha ricordato per mimica e modo di parlare.
Yuri è un grande ammiratore di Jannacci e probabilmente anche di Pozzetto quindi non mi dici niente di nuovo. Ad ogni modo nel corso del film abbiamo dialogato molto con Jannacci proprio perché con Yuri abbiamo trovato questa connessione che a lui piaceva moltissimo. Lui è un suo fan: conosce tutte le sue canzoni. Io invece mi considero un’allieva tardiva della scuola milanese perché essendo più giovane i miei riferimenti erano Aldo, Giovanni e Giacomo. La connessione con Jannacci è servita a realizzare una commedia intelligente, aspetto molto calzante con il personaggio di Yuri e con quello di Irene che da piccola voleva fare la comica in Emilia Romagna avendo come riferimento la scuola milanese. Quello di Irene è un tratto appartenente alla ragazza alla quale ci siamo ispirate, Margherita Tercone che ora fa spettacoli assieme al fratello facendogli da spalla comica.

Richiami e riferimenti
Nel personaggio di Irene ho intravisto aspetti della tua personalità soprattutto per quanto riguarda lo scarto tra la tua immagine pubblica, seria e riservata, e quella privata in cui invece ti piace ridere e scherzare.
Quello di cui parli è un aspetto al quale non avevo mai pensato in questi termini. È vero che Irene ha tanto di me così come delle altre sceneggiatrici tanto che mentre scrivevamo ci siamo ritrovate come in uno specchio per il modo in cui Irene nasconde la sua timidezza. La verità è che sono solo riservata mentre nella vita di tutti i giorni amo ancora divertirmi con gli amici del liceo. Nel privato penso di essere una persona affidabile, ma allegra e sorridente.
Dalla commedia italiana La Vita da Grandi prende in prestito la centralità della famiglia che, per numero e temperamento, assomiglia al modello allargato presente in Feliz Navidad. Il film dimostra come la si possa ancora raccontare andando oltre gli stereotipi con una narrazione diversa da quella dominante.
Io sono cresciuta in una famiglia simile a quella del film perché dopo la separazione dei miei genitori ad allevarmi sono stati i miei nonni. Questo per dire che era qualcosa che conoscevo molto bene anche perché ho frequentato amiche e amici con famiglie molto più numerose della mia. Ad affascinarmi di questo tipo di nucleo è la possibilità di sviluppare dinamiche relazionale su vari livelli. Anche da spettatrice sono molto affascinata dai film che esplorano queste tipologie di rapporti. Amo film come Il Calamaro e la Balena di Noah Baumbach in cui le dinamiche familiari ti costringono a fare i conti con quello che sei veramente.
Infatti La Vita da Grandi è costruito su uno dei topos più frequentati dalla commedia americana, quello del ritorno a casa dopo anni di incomprensioni e di lontananza. Penso al film di Jodie Foster, A Casa per le Vacanze.
Sì, certo. Il cinema americano mi ha influenzato non poco. Penso a film come Little Miss Sunshine ma anche a Beginners di Mike Mills.
Luci e colori
Anche l’uso di una fotografia per molti versi documentaria e con colori slavati mi ha ricordato quella utilizzata dal cinema indie e per esempio da Alexander Payne in Sideways.
Sì, infatti le reference erano in parte quelle dei film di cui abbiamo appena parlato. Poi ce n’è anche un’altra che non centra nulla con le cose che ci siamo detti e cioè Ulrich Seidl e di Rimini che è stato il titolo a cui mi sono maggiormente ispirata.

La luce di quel film è molto simile alla tua considerando che anche La Vita da Grandi è girato nella cittadina romagnola.
Proprio così. Tutti i reparti avevano in mente quel tipo di immaginario. Ne sono stata così influenzata che non ho potuto fare a meno di inserire dentro il film varie citazioni. Per esempio siamo andati a cercare lo stesso albergo dove ha girato Seidl per scoprire che in realtà si trattava di un bar, lo stesso in cui Omar e l’amico si fermano per mangiare un panino. Anche la stazione dove arriva Irene è la stessa presente in Rimini anche se l’inquadratura è un po’ differente.
Crescere ne La vita da Grandi di Greta Scarano
La Vita da grandi sembrerebbe un titolo relativo alla necessità di crescere da parte di Omar mentre invece riguarda anche Irene, anche lei alle prese con aspetti irrisolti della sua infanzia. La prima sequenza è esplicativa. L’animazione realizzata per la presentazione del prodotto della società per cui lavora tradisce la dimensione fanciullesca del personaggio interpretato da Matilda De Angelis.
Hai colto qualcosa che è più di una sfumatura perché il fatto che entrambi devono crescere è una cosa molto importante. In questo tipo di film di solito la persona con disabilità viene trattata un po’ come un elemento salvifico per il protagonista mentre nel nostro era assolutamente necessario che entrambi si aiutassero in un percorso di crescita comune. Omar ci riesce quando vede la sorella per com’è veramente, il che per una persona autistica è un grandissimo passo in avanti. Così succede a Irene che diventa grande grazie all’azione del fratello.
La Vita da Grandi racconta questo scatto di consapevolezza riproponendo la scena iniziale in cui Omar da dentro l’armadio osserva la sorella. All’inizio del film Irene gli appare nella versione adulta; in quella conclusiva invece si palesa ancora bambina, rivelando le fragilità che Omar finalmente riconosce. Il film sintetizza questo cambiamento nel passaggio dall’iniziale incomunicabilità tra Irene e Omar alla successiva comprensione. Uno scarto evidenziato dal significato della canzone di Jannacci – Perché ci Vuole Orecchio – dapprima cantata solo da Irene e nel finale da entrambi i fratelli a suggello della raggiunta intesa.
La canzone di Jannacci è stata d’ispirazione per sottolineare la crescita dei personaggi e la loro progressiva intesa. Perché ci vuole orecchio ha molti significati. Per Jannacci era un invito agli artisti a ribellarsi ai compromessi della società mentre noi l’abbiamo fatta nostra ricollegandola alla necessità dell’ascolto come viatico di una crescita comune.
A differenza di altre commedie nella tua la musica interviene come elemento narrativo che fa progredire la storia. Succede con la canzone di Jannacci ma anche con Stavo Pensando a te di Fabri Fibra così come nelle altre che compongono la colonna sonora del film.
Assolutamente. Mettere insieme queste canzoni è stato uno sforzo collettivo per creare la playlist giusta per il film. Devo dire che è stato un lavoro molto importante perché per me la musica è il 50% di una scena sia in positivo che in negativo. Anche come attrice sono abituata a fare delle playlist per i personaggi per cui questa cosa me la sono portata dietro anche da regista. Nel film mi sono sforzata tantissimo per cercare delle canzoni che parlassero dei personaggi e cioè che fossero in qualche modo tematiche e avessero la forza di arrivare alle persone com’è capitato a te.

Greta Scarano dietro la mdp de La vita da grandi
L’equilibrio del toni dipende anche da quello della messinscena. Nella sequenza dell’incubo di Irene la tua presenza dietro la mdp è evidente. Da questo punto di vista potevi essere tentata di intervenire nella storia con sequenze ad effetto mentre la tua è una regia che si mette al servizio della storia evitando virtuosismi.
Anche in quel frangente il risultato è stato il frutto di una lunga ricerca. Seidl mi ha influenzato anche nella messinscena. Spesso mette la mdp in un punto fisso e lascia che gli attori riempiano lo spazio con le loro interpretazioni. Io non sono stata così estrema sebbene ami molto questo tipo di regia perché mi piace vedere gli interpreti seguire il flusso senza che ci siano tagli. Nel mio caso però c’era anche un ragionamento sull’autismo da cui non volevo deragliare. Io non sono interessata ai virtuosismi di regia. Come da attrice il mio proposito è quello di scomparire dentro il personaggio, così da autrice preferisco mettermi al servizio della scena evitando tutto ciò che può distrarre le emozioni di chi sta guardando il film.
La linearità della messinscena si sposa alla perfezione con il punto di vista di Omar.
Assolutamente. Lui vive ogni giorno la stessa routine. Questo gli dà tranquillità per cui è importante che non venga scossa in nessun modo. Con l’arrivo della sorella ovviamente le cose cambiano un po’, ma non fino al punto di mettere in discussione ciò che gli dà sicurezza. Per quanto mi riguarda sono stata estremamente attenta alla messa in scena. Ne ho studiato ogni aspetto e questo ha fatto sì che arrivassimo sul set sapendo sempre cosa fare. Era impossibile che iniziassi a girare senza sapere cosa doveva succedere. Essendo istintiva mi sono fatta guidare dalla mia indole senza farmi troppe paranoie su come gli altri potevano considerare la mia regia.
In molte scene gli ambienti sono ripresi con una prospettiva che valorizza la profondità di campo. Quando succede uno dei motivi è quello di segnalare una situazione anomala o il disagio di uno dei protagonisti.
Questo è uno dei motivi. L’altro è che volevamo valorizzare l’ambientazione e per esempio la vista del mare che a Rimini d’inverno è meravigliosa. Tieni conto che abbiamo lavorato con uno dei più bravi, anzi che dico, con il migliore scenografo italiano, per cui volevamo a tutti costi valorizzare il suo lavoro attraverso inquadrature che non perdessero nessuno particolare degli ambienti in cui giravamo. Lo stesso dire è capitato con gli altri reparti seguendo il principio di realizzare immagini che mi piacessero anche come spettatrice.
I personaggi
La coerenza del film si vede anche nei dettagli. Uno di questi è la tipologia fisica del compagno di Irene. Sapendo che lei è una comica mancata il suo compagno non è il classico adone, ma un uomo buffo e divertente.
La presenza di Adriano Pantaleo è una citazione di Ci hai rotto Papà con Elio Germano, uno di quei film con cui sono cresciuta quando ero bambina. Adriano l’ho scelto perché, come dici, lui porta nel film una simpatia davvero contagiosa. Lui è napoletano ma ho immaginato che il suo personaggio fosse salernitano in omaggio a mio marito che è un grande tifoso della Salernitana. Inoltre Adriano con la sua ironia mi permetteva di normalizzare la coppia. Se avessi messo accanto a Irene un tronista non ci avrebbe creduto nessuno.
Nel ruolo di Irene Matilda De Angelis porta nel film una carica energetica che le consente di essere credibile in un personaggio che deve rompere gli schemi.
Matilda era nei nostri pensieri fin da quando scrivevamo la sceneggiatura. È un’attrice da sempre nei miei radar per il suo talento e per come si mette a disposizione dei progetti a cui aderisce. In questo caso lei è stata un po’ la mentore di Yuri Tuci. Lui a sua volta le ha dato tantissimo come attrice perché l’ha costretta a mettersi esclusivamente in ascolto dimenticandosi di sé. Come interprete questo ti permette di tirare fuori cose che altrimenti resterebbero inesplorate. Yuri l’ha obbligata a stare, come dire, nel qui e ora. Lui l’ho conosciuto attraverso il trailer di dello spettacolo autobiografico – Autismi – che ha portato in vari teatri d’Italia. Non è stato facile trovarlo. Abbiamo fatto provini ad attori neurotipici bravissimi a cui però mancava quella dose di realtà dovuta al fatto di non essere autistici. Allo stesso tempo gli attori neurodivergenti erano tutti molto giovani anche perché è solo da poco che la società ha permesso a queste persone di integrarsi e di potersi esprimere.
È di qualche giorno fa la notizia che La Vita da Grandi è stato nominato agli Oscar Europei 2025 nella categoria European Young Audience Award.
È stata una notizia pazzesca. Essere invitati a Berlino in una manifestazione così prestigiosa è stato solo l’ultimo dei regali che ci ha fatto questo film.