La cosa, remake di La cosa dell’altro mondo (1951), è una pellicola horror diretta da John Carpenter nel 1982. Capolavoro e picco autoriale di Carpenter, l’opera indaga i rapporti umani che si vengono a creare nella miseria più nera, ponendo i personaggi principali l’uno contro l’altro. Colonna portante del body horror e della cinematografia in genere, La cosa ha creato immaginari tanto iconograficamente impattanti da risuonare in eterno nell’odeon che il cinema rappresenta. Opera che tutt’ora intriga e terrorizza per la sua natura cristallina, l’autore crea un universo dove la minaccia incombe ferina, tutto è precario, tutti sono in pericolo.
La cosa. Il terrore che divora la fiducia
Outpost 31, base di ricerca scientifica locata in Antartide, è sotto attacco. Durante un’ordinaria giornata trascorsa oziosamente nella muta quiete dei ghiacciai, un particolare fenomeno squarcia il silenzio. Un cane corre dritto verso la base, fuggendo da colpi esplosi dal fucile di un elicottero che lo insegue. I ricercatori intimoriti dalla rocambolesca visione offrono un riparo al disperato cane, respingendo gli uomini sull’elicottero, ritenuti minacce. Quello che non potevano immaginare è cosa sarebbe accaduto di lì a poco.
Il docile cane si rivela una creatura aliena in grado di assumere perfettamente sembianze, movimenti e modi di fare delle forme di vita con cui entra in contatto. Outpost 31 diviene rapidamente teatro di orrori ultraterreni, ciascun ricercatore teme per la sua vita tanto quanto teme di essersi trasformato in un essere alieno a sua stessa insaputa, isolandosi da tutto e tutti. Un’angosciosa guerra per la sopravvivenza colpirà ogni singolo personaggio, catapultandolo in un tetro abisso dove l’unica arma per tentare di scappare alle grinfie della “Cosa” è non aver fiducia in nessuno. Nell’isolamento dei ghiacciai, resistere sino a un nuovo giorno sembra un futile tentativo di fuggire dall’inevitabile. La Cosa è assetata di vite umane, la normalità sembra appartenere a un passato lontanissimo.

Il potere della paura
La cosa tramuta in forma cinematografica un terrore viscerale risiedente in ognuno di noi, l’agonizzante sensazione di non potersi fidare di nessuno. Carpenter pone ancora una volta l’essere umano come fulcro della sua opera, ricercando in esso tracce di pietà nell’abisso della miseria. L’opera esprime in forma metaforica l’indifferenza della collettività nei confronti del singolo, via via crescente in base al contesto. L’autore enfatizza al massimo il concetto di indifferenza emotiva inscenando una situazione catastrofica, ponendo i personaggi a tu per tu con un destino persino più crudele della morte stessa.
La critica sociale è cruda, esplicita, mostrando le disastrose conseguenze dell’apatia. Carpenter, dissimilmente dalle sue opere passate non incrimina le istituzioni, denunciando il comportamento del singolo uomo. Destrutturando la visione di insieme collettivo precedentemente criticata, la pellicola mette in evidenza la dubbia moralità dell’individuo, complice dello smantellamento dei principi a cuore dell’autore. Nei panni del protagonista, il pilota R.J. MacReady, un meraviglioso Kurt Russell, attore feticcio del cineasta. MacReady ha tutte le caratteristiche dell’antieroe carpenteriano, in diretta continuità con Jena Plissken di 1997: Fuga da New York. Dal carattere pungente e provocatorio, il personaggio entra immediatamente nelle grazie dello spettatore per la sua natura carismatica. La sequenza che lo introduce esprime grandemente la capacità di Carpenter nel caratterizzare i suoi personaggi. MacReady perde una partita a scacchi contro il suo pc. Innervosito, accusa la macchina di essere un baro, rompendola subito dopo.

Da questo rapido scambio si può comprendere l’animo combattivo e riluttante alla sconfitta del protagonista. L’opera è di natura corale, dipinta da quanti colori possiedono le sfumature dell’animo dei suoi personaggi. Ciascuno di essi infatti è ottimamente caratterizzato, restituendo in poche sequenze (similmente a MacReady) un quadro completo e sfaccettato del proprio carattere. Negli attimi immediatamente antecedenti alla tragedia, il gruppo dei personaggi è affiatato, ognuno vive in connessione con l’altro. L’idilliaco contesto creato da Carpenter muta in brevissimo tempo, distruggendo completamente i legami di amicizia interpersonali. Gli androni della base dove poco prima riecheggiavano risate e musica, ora sono silenti, tetri, abbandonati. La Cosa sta lentamente sostituendo tutti gli uomini, incrociare lo sguardo del prossimo può essere un errore fatale, pagato con la vita.
La minaccia invisibile
La regia in La Cosa è un eccellente esempio di maestria cinematografica. L’autore sublima le caratteristiche principali del suo cinema in ogni aspetto, confezionando un’opera che trascende lo status di pellicola, abbracciando il concetto di capolavoro. La solita costruzione della tensione emerge come mai prima d’ora. La pellicola sviluppa l’intreccio lungo un cammino pregno di paranoia sempre crescente. La capacità autoriale di smantellare ogni singola certezza costruita durante la visione colloca lo spettatore in un limbo dove tutto può essere ingannevole, chiunque può essere La Cosa.

La scelta dell’ambientazione è di primaria importanza: l’Antartide non offre alcun contatto con il mondo esterno, esaltando ancor di più l’oppressione della solitudine e l’entità della minaccia. L’utilizzo di bui e ombre dona all’essere alieno subdola impredicibilità, pronto a nascondersi in ogni pertugio appena visibile. La regia è precisa ed efficace, ogni inquadrature serve a enfatizzare il senso di pericolo costante. I movimenti di camera sono lenti, ben calibrati, al passo con la narrazione.
L’opera brilla per l’utilizzo di effetti speciali pratici, creando il mostruoso aspetto semi umanoide dell’alieno senza volto. Un altro aspetto chiave nella pellicola, firma autoriale di Carpenter, è l’utilizzo della colonna sonora. Prodotta dallo stesso autore, con l’ausilio del geniale Ennio Morricone, l’accompagnamento sonoro ricopre nella narrazione un ruolo chiave. La musica di “La Cosa” è parimenti con “Halloween Theme” la più iconica. Elettronica, minimalista, incessante, aspetti continuamente ricercati dall’autore per calcare la dose di tensione nelle sue pellicole. La Cosa a quarantatré anni dalla sua uscita si conferma un’opera maestosa della cinematografia, incoronando Carpenter come maestro assoluto dell’horror. La pellicola sorprende ogni volta che la si guarda, forse perché a ogni visione si impara sempre più su noi stessi.
La fiducia è una debolezza…non mi fido di nessuno