Fiori Cadono, esordio alla regia di un cortometraggio di Ludovica Galletta, è in concorso al festival cinematografico internazionale Alice nella città 2025 nella sezione Onde corte – Panorama Italia. Il film è scritto da Galletta e Daniele Razzicchia, autore della colonna sonora originale e accreditato come D’Amore.
Fiori Cadono
Betty (Daria Deflorian) è la proprietaria del Grand Capitol Hotel, un’elegante struttura dal fascino retrò. Un “gioiello” che Betty non vuole veder invecchiare con sé, e per questo ha deciso di venderlo. Prima di lasciare l’albergo, contatta sua nipote Emme (Sofia Conti) per trascorrere con lei gli ultimi giorni al Capitol, e dire addio all’Hotel con una festa a bordo piscina. Quando Emme arriva al Capitol, nei suoi texani rossi, non sembra particolarmente entusiasta di raggiungere sua nonna e, con un atteggiamento a metà tra l’indolenza e l’irresolutezza – apparentemente una ricerca estetica più che una “deformazione” emotiva – si lascia sfuggire pochi dettagli su di sé e sulla sua vita.
Nello scrittoio della sua stanza d’albergo, un cassetto a doppio fondo apre uno spiraglio sulla sua adolescenza: un vecchio iPod, un lucchetto, un profilattico, una sigaretta e un accendino, e qualche bigliettino. Emme – come rivelerà poco dopo a Betty dallo sgabello del bar deserto – quando era piccola aveva l’abitudine di disseminare le sue “liste” in giro per l’albergo, elenchi delle cose che le piacevano: il gelato al melone, ascoltare stando sott’acqua e tante altre “piccole gioie” che le ricordano di non aver avuto soltanto ricordi tristi. Non è un caso che quegli stessi elementi compaiano, di quando in quando, in alcuni momenti del film: il gelato che Emme ordina al suo arrivo, il suono delle cicale e il suo “ascoltare stando sott’acqua” mostrato attraverso un oblò della piscina.
L’estetica retro-futurista
Quando Emme chiede a Betty cosa scriverebbe in una di quelle liste, lei risponde così:
“Solo fiori. Sono colorati, belli, irresistibili anche se poi cadono – questa è la loro poesia.”
Come quelli che sbocciano nel loop mesmerizzante del TV retrò poggiato sul bancone del bar – schermo ornamentale che contribuisce all’effetto di sospensione temporale accentuato dall’intera scenografia e, in particolare, da alcuni dettagli da “capsula del tempo” come il TV arancione Algol di Brionvega sullo scrittoio della stanza di Emme.
Dalla sequenza successiva, quando Betty chiede a sua nipote se stia “preparando qualcosa di nuovo”, si apprende che Emme è una musicista, in una fase di sperimentazione: “La musica è un organismo che cambia continuamente, e anch’io sto cambiando”. Con la risposta di Betty: “Che bello, il punto è proprio questo: cambiare”, si ha un primo effettivo punto di incontro tra le due; un momento di apertura in cui il dialogo assume finalmente una forma bidimensionale.

Se da un lato Betty – intrappolata nell’immobilità estetica pervasiva del Capitol – considera l’Hotel come uno specchio che riflette il suo “appassimento” e da cui vuole allontanarsi, Emme sembra attingervi per trovare ispirazione e significato. Questo aspetto richiama, in parte, il fenomeno di rinascita dell’estetica Y2K, riemersa durante la pandemia di COVID-19. Non è il solo fenomeno estetico riapparso durante il periodo della pandemia; è infatti probabile che, in un periodo di incertezze e di impossibilità di guardare al futuro come la pandemia, la tendenza a voltarsi verso il passato sia più forte che in altre circostanze. Sia la scelta degli arredi – dall’estetica retro-futurista – sia il sottotesto che emerge dal rapporto tra Emme e la sua ricerca estetica, suggeriscono quel processo di scoperta, nostalgia e reinterpretazione che caratterizza la Gen Z o, al limite, i Millennial più giovani.
Fiori che si aprono
Da questa prospettiva, Fiori Cadono è l’espressione di questo processo di recupero, appropriazione e reinvenzione; un approccio già evidente nel cinema indipendente americano degli ultimi anni ’90 e dei primi anni 2000. L’esordio alla regia di Sofia Coppola con il cortometraggio del 1998 Lick the Star – girato in bianco e nero in pellicola 16 mm – assume una funzione metatestuale a cui si accosta anche Fiori Cadono: in Lick the Star, un gruppo di adolescenti si lascia suggestionare dalla lettura del romanzo gotico del 1979 Fiori senza sole di Virginia Andrews; Coppola reinventa l’estetica dell’adolescenza attraverso un gruppo di ragazze, che a loro volta riadattano un romanzo gotico al loro contesto.
In Fiori Cadono, la regista reinterpreta le tendenze del design degli anni ’70 e costruisce un personaggio, Emme, che reinventa la sua personale estetica dell’adolescenza – permeata dall’atmosfera del Capitol – per trovare un senso estetico e ricavarne un significato. Il tema della giovinezza, anche nella sua dimensione idealizzata – leitmotiv della filmografia di Sofia Coppola – in Italia è vagliato con la delicatezza propria del cinema di Alice Rohrwacher.
Nel finale, durante la festa a bordo piscina, Betty – Daria Deflorian è luminosa in questa breve incursione cinematografica – confida alla nipote di aver scritto una sua lista di piccole gioie:
“Gli stivali rossi, la vodka ghiacciata, i segreti degli altri, fiori che cadono, fiori che si aprono.”
