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Festival di Roma

‘Le mille luci di Antonello Falqui’, l’eleganza è servita

Il documentario che riaccende il varietà

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Il documentario Le mille luci di Antonello Falqui rende onore al genio che ha ridefinito la televisione italiana. L’opera, scritta e diretta da Fabrizio Corallo, è  presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma .

Il film si rivela una galleria magistrale e scintillante, degna del suo soggetto, e celebra il centenario della nascita di Falqui. La produzione è di 3D Produzioni, in collaborazione con Rai Documentari e l’Associazione Antonello Falqui. Attraverso preziosi materiali d’archivio, il film ripercorre la straordinaria carriera del regista. Il documentario eleva la sua figura a simbolo di eleganza, ritmo e qualità, offrendo un ritratto intimo e luminoso di un vero innovatore. Egli seppe unire rigore e leggerezza con il suo inconfondibile tocco. L’appuntamento in TV è fissato per il 7 novembre su Rai 3.

Il respiro colto dello spettacolo

L’intera opera di Falqui si nutrì di una profonda tensione culturale, un tratto distintivo che elevava il varietà oltre il mero intrattenimento. Non fu un caso isolato. Il padre, Enrico Falqui, era un noto critico letterario, e questo background fornì al regista una solida base intellettuale. Falqui frequentò scrittori, poeti e pittori, assorbendo una sensibilità estetica fuori dal comune. Perciò, ogni sua inquadratura e ogni coreografia possedevano un substrato colto e raffinato. Questo approccio non rendeva gli show elitari. Al contrario, il regista dimostrò che si poteva fare televisione popolare con gusto e intelligenza sopraffina. La sua capacità di unire cultura alta e linguaggio di massa ha lasciato un’eredità inestimabile, citata da chiunque abbia mai lavorato con lui.

Milano e la tela bianca

La nascita del varietà televisivo italiano è indissolubilmente legata al nome di Falqui e a un momento storico cruciale. Il padre lo inviò a Milano, sede della neonata TV sperimentale, con un compito apparentemente semplice, ma rivoluzionario. Falqui si ritrovò in un contesto dove le regole non esistevano, non c’erano, infatti, modelli predefiniti da seguire. Ebbe quindi carta bianca, una libertà creativa assoluta che sfruttò magistralmente. La sua profonda formazione cinematografica – maturata al Centro Sperimentale e con esperienze da aiuto regista – si rivelò determinante, infondendo nel varietà un taglio e una cura registica di stampo filmico. Lì, Falqui inventò letteralmente il genere, trasferendo l’eleganza del teatro di rivista sul piccolo schermo. Creò un linguaggio visivo nuovo, fatto di ritmi serrati e inquadrature dinamiche, lontano dalla rigidità della prosa teatrale filmata. Questa intuizione originaria è il fondamento di tutta la TV d’intrattenimento successiva.

L’architettura della precisione

Il montaggio di Corallo riflette perfettamente il rigore del Maestro, esaltando l’architettura della precisione. Falqui era famoso per una precisione maniacale e un rigore quasi militare, specialmente nella direzione dei corpi e del movimento. Per lui, i ballerini e i cantanti non erano semplici esecutori, ma elementi di una complessa architettura visiva. Esigeva la perfezione assoluta in ogni passo di danza, in ogni gesto scenico. Questo controllo ferreo sull’estetica garantiva ai suoi show una pulizia formale inarrivabile. Inoltre, il regista prediligeva l’austera bellezza del bianco e nero, sfruttandone magistralmente le luci e le ombre per dare profondità. Sebbene preferisse queste sfumature, dimostrò una grande abilità anche con l’avvento del colore, adattando la sua visione senza perdere il suo tocco inconfondibile.

I palcoscenici della memoria collettiva

La filmografia televisiva di Falqui è una costellazione di successi che hanno segnato il costume italiano. Il documentario di Corallo li ripercorre con grazia e rispetto, offrendo un ripasso storico emozionante. Il Musichiere (1957) fu il primo, grande quiz musicale, un successo popolare immediato che stabilì le sue credenziali. Canzonissima (dal 1958) divenne l’appuntamento irrinunciabile del sabato sera, un rito nazional-popolare. Studio Uno (dal 1961) rappresenta il suo capolavoro indiscusso: pura avanguardia estetica, un concentrato di talento, ospiti internazionali e scenografie minimali ma d’effetto. Ma anche, Milleluci (1974), condotto dalla strana coppia Mina-Carrà, celebrava la storia dello spettacolo italiano. Questi programmi, e non solo, non erano solo show, ma veri e propri eventi culturali che dettavano mode e tendenze, formando il gusto visivo del Paese.

Mina: Musa, rivoluzione e silenzio

Il rapporto tra Falqui e Mina è uno degli assi portanti del documentario, una storia di talento assoluto e profonda stima reciproca. Falqui intuì immediatamente il genio della cantante e la trasformò nella sua musa televisiva, la protagonista assoluta di Studio Uno. Sotto la sua regia, Mina sprigionò una modernità e una presenza scenica mai viste prima, elevando il ruolo della showgirl. Falqui la volle anche in Milleluci. Nonostante l’affinità artistica, dopo il ritiro di Mina, i due si allontanarono, forse per una reciproca riservatezza. Si dice che Falqui non approvasse la sua decisione di abbandonare le scene, ritenendola un talento sprecato. Il legame non si spezzò mai del tutto: per i suoi novant’anni, Mina gli inviò un messaggio vocale di un minuto, quasi un ultimo, affettuoso saluto.

L’arena delle grandi star

Antonello Falqui possedeva un fiuto eccezionale per il talento e una straordinaria capacità di gestione scenica delle dive e dei divi. Egli seppe importare il glamour internazionale nella televisione italiana con grande naturalezza. I suoi viaggi negli Stati Uniti, in Europa e in Messico lo ispirarono a portare sul palcoscenico italiano star di calibro mondiale e artiste modernissime. Le Gemelle Kessler ne sono l’esempio più celebre, portatrici di un’eleganza teutonica e un rigore coreografico senza precedenti. L’innovazione di Falqui dovette spesso scontrarsi con la censura perbenista, come accadde quando le celebri gambe delle Kessler vennero fatte fasciare da pesanti calze nere, ritenute meno scandalose. Falqui trasformò artisti già noti in icone definitive, ma portò anche volti notissimi come Totò nei suoi varietà. La sua regia creava un’aura mitica attorno ai protagonisti, trasformando la platea televisiva in un vero e proprio red carpet della popolarità.

Le Voci dei Testimoni d’Eccellenza

La narrazione del documentario è arricchita da un parterre di testimonianze d’eccellenza, voci che hanno conosciuto e amato il lavoro di Falqui. Nomi illustri come Gianni Morandi, Christian De Sica, Carlo Verdone e Renzo Arbore offrono aneddoti e analisi profonde. Corallo orchestra sapientemente queste voci, usandole come coro greco che contestualizza l’impatto culturale del regista. Aldo Grasso, esperto di televisione, fornisce la cornice critica necessaria, mentre protagonisti del varietà come Pippo Franco e Maurizio Micheli raccontano il Maestro sul campo. Questa polifonia di voci, che include anche Luca Falqui e Massimiliano Pani, costruisce un mosaico completo. Rende il film un’indagine approfondita, non solo un omaggio, ma una vera e propria lezione di storia dello spettacolo italiano.

L’intimità e l’addio maliconico

Il documentario completa il ritratto del Maestro offrendo uno sguardo inedito sulla sua dimensione umana e privata, al di là della severità professionale. Attraverso le voci del figlio e della seconda moglie, Leontine Snel, emerge la profonda romanità di Falqui, unita a un’ironia sottile e a un lato affettuoso. Tuttavia, l’intimità del racconto si lega al suo malinconico addio alle scene. L’uscita di Falqui non fu casuale, ma una lucida presa di distanza dalla televisione emergente. Egli non tollerava l’avanzare della rapidità a discapito della qualità. L’ascesa di Fininvest e del suo modello commerciale rappresentò il segnale di un declino irreversibile. Questo distacco lo condusse anche a un periodo di stato depressivo. Nonostante le lusinghe di Silvio Berlusconi, il Maestro rifiutò ogni invito, mantenendo intatta la sua integrità e la fedeltà alla Rai.

L’eredità inconfondibile dell’eleganza

L’ultima sequenza scorre via lasciando allo spettatore una sensazione di nostalgia impeccabile, ma anche la consapevolezza di un’eredità vivissima. Le mille luci di Antonello Falqui non è soltanto un documentario celebrativo. È la riscoperta di un metodo, la valorizzazione di una filosofia produttiva che ha fatto della televisione italiana un modello mondiale. Falqui ci ha lasciato il dono dell’eleganza e del rigore, dimostrando che la qualità paga sempre. Egli non cercò il successo a tutti i costi, ma la bellezza della messa in scena e l’armonia formale. L’opera di Corallo, attraverso la sua brillantezza narrativa, si impone come un appuntamento imperdibile per chiunque voglia comprendere le vere radici della nostra cultura popolare, riscoprendo un maestro inarrivabile di classe.

Le mille luci di Antonello Falqui

  • Anno: 2025
  • Durata: 60'
  • Distribuzione: 3D produzioni
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Fabrizio Corallo
  • Data di uscita: 07-November-2025