In concorso al Sedicicorto, da poco concluso, il cortometraggio di Lorenzo Nuccio Notturno, frutto di una collaborazione tra Scuola di Cinema Gian Maria Volonté e Dispàrte. Il regista e Chiara Benedetti curano la sceneggiatura dello short interpretato da volti noti del calibro di Elena Radonicich (Berlinguer – La grande ambizione) e Michele Eburnea (Il sol dell’avvenire).
Sinossi – Notturno
Nel quartiere EUR di Roma, dove la notte riecheggia la scomparsa di una bambina, due sconosciuti si incontrano su un autobus notturno. Francesco (Michele Eburnea), sognatore ai margini con una bottiglia nello zaino, e Carlotta (Elena Radonicich), violoncellista avvolta in una pelliccia che nasconde una vita segreta, vivono un incontro fugace, intimo ed esistenziale.
La vita che non volevo – Notturno
È raro trovare nei Festival dei cortometraggi che mirano ad essere tali senza nascondere, con grande difficoltà, pretese che vanno oltre il proprio formato. È il caso del bel corto di Lorenzo Nuccio, Notturno, un’opera che non vuole essere ambiziosa dal punto di vista autoriale ma che, anche per questo, denota una fattura e una rilevanza di alto spessore.
C’è una bambina scomparsa in una Roma periferica in cui la vita scorre, e due sconosciuti che si incontrano, per varie notti, nei classici autobus romani: freddi, spogli, quasi senz’anima. L’obbiettivo di Nuccio è palesemente di creare un mini-film d’atmosfera in un’unica location, l’autobus, generando un conflitto tra i personaggi che diventa conoscenza e poi fiducia. Francesco e Carlotta sono diversi nella propria verità della realtà, eppure entrambi ricercano qualcosa oltre lo spazio-temporale della vita in cui sono confinati. Notturno, nome che rappresenta anche una splendida sintesi dello short, frappone due personalità ai margini distinte dalla menzogna su chi siano davvero.
Esistere nell’indifferenza romana – Notturno
Se Carlotta finge di essere una famosa violoncellista che va spesso in televisione quando invece è una comune prostituta da strada, Francesco, un sognatore-medicante, non teme la propria verità, vivendo il sogno di chi è, senza per questo rincorrere ambizioni più o meno utopistiche. È in questo contrasto che i due emarginati si avvicinano, battibeccano, si fidano l’uno dell’altro, in un autobus notturno che grazie al loro calore interiore allontana la realtà cruda dell’Eur, mentre la presenza della bambina scomparsa è onnipresente nell’algida e alienante notte romana.
Il merito della non commedia romantica
Seppur l’impianto relazione tra Carlotta e Francesco suggerisce una dinamica da rom-com, Nuccio non commette l’errore di farlo, o di propendere solo verso questo versante, alzando l’asticella verso la capacità della realtà di essere idealizzata in un sogno ad occhi aperti. Dobbiamo pensare a Notturno come un film di Linklater ma senza elemento romantico o ad un film di Sean Baker in cui il degrado sociale prende una propria anima, costruendo un mondo separato dal contesto esterno. I due protagonisti parlano di qualcosa che non c’è per tutto il corto ma che implicitamente esplicitano: il sogno di una vita che vorrebbero. In questo Notturno evince una certa emotività della relazione, in cui gli interpreti danno sfoggio ad un’ironia dissacrante che impreziosisce la messa in scena della narrazione.
L’imprevisto di due segni mobili
Sono due solitari, che grazie all’appuntamento dell’autobus si scoprono meno soli, con un’evoluzione non scontata ma evidente. Carlotta impara ad essere ciò che è, una prostituta e a non mentire sul suo vissuto, e Francesco ad avere finalmente qualcuno accanto nel suo giramondo quasi eterno nelle strade suburbane romane.
La bambina scomparsa appare come un macguffin hitchcockiano, quasi ininfluente nel mondo creato da Francesco e Carlotta.
Un elemento a suo modo centrale a livello tematico. Il suo ipotetico non ritrovamento, a cui lo short-movie tende, è la panoramica su una città grande quanto crudele e pericolosa, metafora dei sogni spezzati e di una vita che deve scorrere senza interruzioni o benaltrismo. È in quest’ottica che un oggetto umano, la bambina, onnipresente ma che non si vede, costituisce una presenza fissa per Francesco e Carlotta. Sprona i protagonisti a resistere alla loro realtà e, come diranno nel climax risolutivo finale, ad avere quella speranza che solo l’unione tra due eroi marginalizzati e metropolitani può produrre.
Per Nuccio, il suo Notturno è l’esaltazione dell’individualità, del bene inaspettato e condiviso che mette in ombra, attraverso la forza delle relazioni, l’ecosistema romano che tutto muove affinché nulla si muova. Un cortocircuito spaziale che ha il suo senso nella conoscenza, e nell’esasperata illusione, per Carlotta e Francesco, di non essere solo due numeri sulla giostra dell’autobus ma qualcosa di più. Due segni mobili che abbracciano l’imprevisto, quindi la vita.