Al Mente Locale Film Festival, We Are Inside segue il ritorno della regista Farah Kassem a Tripoli, dopo quindici anni trascorsi all’estero, per vivere (o rivivere) il rapporto con il padre, Mustapha, poeta libanese di 82 anni, vedovo, che vive con lei e con la domestica Nana (originaria dello Sri Lanka).
Il legame tra padre e figlia, e le aspettative che da esso derivano, diventa il fulcro narrativo. Fin da subito, la voce del padre, il suo ruolo culturale, il suo vissuto, la memoria condivisa, il giudizio tradizionale sul ruolo femminile, si intrecciano con la rielaborazione intima di Farah.

La regista porta avanti un cinema lento, misurato: molte inquadrature sono statiche, spesso vuote o poco animate, dove lo spazio diventa metafora e presenza silenziosa (pareti, mobili, ambienti “di mezzo”).
Verso l’ultima parte del film, il dispositivo cinematografico di linguaggi visivi, suono, ritmo si apre e culmina in una sorta di esplosione emotiva, che rompe la quiete controllata delle prime due ore.
We Are Inside: analisi e temi
Uno degli aspetti più riusciti del film è l’equilibrio che Kassem riesce a costruire fra dimensione personale e dimensione politica. Essere figlia di un uomo arabo, vivere tra diaspora ed esilio, affrontare le aspettative sociali legate al genere, al matrimonio, al ritorno.
Allo stesso tempo, però, We Are Inside non è un pamphlet politico: la poesia (soprattutto quella del padre) è presente come contemplazione, come forza che lavora internamente i conflitti. In questo legame fra parola poetica e riflessione sociale, il documentario emana una tensione sottile ma costante.
Memoria e silenzi
Il ritmo è volutamente meditativo, con momenti di apnea. Le inquadrature che non mostrano direttamente i personaggi, spazi “vuoti”, le attese: tutto contribuisce a far sentire il peso del tempo della memoria, dei silenzi che si accumulano tra padre e figlia, tra passato e presente.
Il film richiede pazienza: nei primi due terzi, l’intensità emotiva è soft, quasi velata, spesso implicita. Lo spettatore è invitato a guardare con lentezza, a cogliere i gesti e le omissioni, più che le parole dichiarate.

Il principale rischio di un film di quasi 3 ore con un andamento meditativo è la dispersione: per molti spettatori, il passo lento e le riflessioni interiori potrebbero risultare faticosi, specie se non si è abituati ai documentari contemplativi. Tuttavia, Kassem riesce spesso a tenere alta l’attenzione grazie a una costruzione visiva curata e a un crescendo finale che ribalta l’inerzia iniziale.
Un altro punto critico è che alcune digressioni poetiche o discorsive potrebbero risultare criptiche per chi non conosce il contesto libanese o non ha familiarità con la lingua, la cultura, le tensioni socio-politiche della regione. Ma forse questo è anche parte dell’intenzione del film: dare lo spazio perché lo spettatore porti il proprio interrogativo.
Rilevanza per Mente Locale – Visioni sul territorio
Mente Locale si propone come festival del documentario legato ai territori, alle comunità, al racconto del luogo e dell’identità.
In questo contesto, We Are Inside offre vari punti di connessione. Tripoli non è soltanto sfondo, ma presente come spazio vivido, memoria urbana, luogo di assenze e presenze, che dialoga con il “territorio identitario” della regista. Il legame familiare, il rapporto col padre, il ritorno dopo la diaspora sono microcosmi che riflettono questioni più grandi di appartenenza e radicamento.
Il modo in cui il film lavora gli interni (spazi domestici, muri, oggetti) si lega al senso di “territorio interiore”, quanto l’ambiente, l’architettura della casa, il vuoto abitato, contribuiscono a definire il racconto umano.
Molti festival documentari che si occupano di territorio pongono al centro la mobilità, l’esilio, il ritorno. Kassem offre una versione non epica ma intima di tutto ciò, che può stimolare riflessioni sulle modalità individuali dell’abitare, del rientro, del confronto col passato.
Quindi We Are Inside può essere inserito alla perfezione in un programma che mira a esplorare il territorio non solo come spazio geografico, ma come luogo della memoria, dell’identità e delle relazioni.
Mente Locale Young: un giovane sguardo sui territori italiani.