‘Good Boy’ e ‘Orwell: 2+2=5’: due visioni inquietanti del presente
Tra un horror raccontato dal punto di vista di un cane e un documentario che indaga i rischi dell’autoritarismo, il weekend americano si popola di immagini disturbanti e attualissime.
Un weekend cinematografico decisamente insolito negli Stati Uniti: mentre AMC sorprende tutti con Taylor Swift: The Official Release Party of a Showgirl, la scena indipendente esplode con titoli inaspettati. Dal soprannaturale Good Boyal documentario politico Orwell: 2+2=5, le nuove uscite offrono due diverse, ma complementari, visioni dell’inquietudine contemporanea.
‘Good Boy’: l’horror dal punto di vista di un cane
I cani sentono sempre prima di noi quando qualcosa non va. È proprio da questa intuizione che nasce Good Boy, debutto alla regia di Ben Leonberg, presentato al SXSW e distribuito da IFC Films in 1.650 sale.
Girato con il cagnolino del regista, Indy, il film adotta un punto di vista inusuale: quello dell’animale domestico di una famiglia che si trasferisce in una vecchia casa di campagna, dove presenze invisibili e ricordi sepolti iniziano a riaffiorare.
Tra tracce fantasma, spettri di cani e ombre del passato, Good Boy costruisce un racconto di terrore e fedeltà, in cui l’innocenza animale diventa filtro di una realtà deformata. Protagonista umano è Shane Jensen nel ruolo di Todd, un uomo che si lascia lentamente corrompere da una forza oscura, mentre il suo cane tenta disperatamente di salvarlo.
L’opera, inizialmente destinata a un’uscita limitata, è diventata un piccolo caso virale: il trailer, lanciato a luglio, ha superato i 100 milioni di visualizzazioni, la campagna più seguita nella storia della IFC.
‘Orwell: 2+2=5’, la realtà attraverso gli occhi del potere
Dall’horror al documentario politico, il passo è breve quando la paura si chiama autoritarismo. Orwell: 2+2=5, diretto da Raoul Peck e distribuito da Neon, debutta all’IFC Center di New York dopo i festival di Cannes, Toronto e Camden.
Prodotto da Alex Gibney, George Chignell e Nick Shumaker, il film intreccia archivi storici, letture dei diari di Orwell affidate a Damian Lewis e riferimenti cinematografici per restituire la potenza profetica dell’autore di 1984 e La fattoria degli animali.
Attraverso la lente del presente, Peck riflette su come le parole di Orwell risuonino oggi con una forza nuova, in un’epoca segnata da disinformazione, controllo e derive populiste. Il documentario si accompagna a una campagna di sensibilizzazione con proiezioni speciali, incontri con l’autore e collaborazioni con università e organizzazioni per la libertà di stampa.
Due opere, un’unica inquietudine
Good Boy e Orwell: 2+2=5 rappresentano due modi diversi di guardare la paura: uno attraverso l’istinto animale, l’altro attraverso la coscienza politica. Entrambi, però, ci ricordano quanto sia fragile il confine tra realtà e percezione, tra sicurezza e minaccia.
Un weekend americano che, tra spettacolo e riflessione, mette in scena il bisogno di guardare l’oscurità per comprenderla.