“Sono esattamente dove dovrei essere.”
L’ultima frase pronunciata da Sheldon Cooper all’inizio della sua avventura al Caltech funge da perfetta epigrafe per la settima e ultima stagione di Young Sheldon. Questa stagione non è semplicemente un congedo. È un ritorno alle origini e un ponte narrativo meticolosamente costruito per ricongiungersi con la serie madre, The Big Bang Theory. Creata da Chuck Lorre e Steven Molaro, l’ultima stagione è disponibile ora in Italia su Netflix. La narrazione procede non come un’accelerazione verso la conclusione, ma come una decelerazione ponderata. Ogni episodio è un tassello che chiude il cerchio, preparando lo spettatore al definitivo addio al genio adolescente.
Il passaggio dal sitcom al dramedy
La settima stagione abbandona parzialmente il ritmo sostenuto e leggero della sitcom tradizionale. Ora abbraccia un tono decisamente più maturo, collocandosi pienamente nel genere del dramedy. La trama si concentra su due archi narrativi principali e contrastanti. Da un lato c’è l’esperienza intellettuale e l’indipendenza crescente di Sheldon e Mary in Germania, che simboleggiano l’ascesa del protagonista. Dall’altro c’è il graduale e doloroso declino della salute di George Sr. al ritorno in Texas, che segna il crepuscolo della figura paterna. Questo dualismo stabilisce un contrasto emotivo potente. Evidenzia il divario tra la fioritura del genio e la fragilità della vita familiare. Lo stile di regia e scrittura enfatizza notevolmente i momenti di quiete e i dialoghi più intimi rispetto alle gag veloci. L’obiettivo è richiamare la sensazione di una famiglia che si sta disfacendo, pur rimanendo unita, in modi sottili prima di una rottura definitiva. Tutto prepara il pubblico all’inevitabile.
Il fantasma di George Sr. e l’omaggio agrodolce
Il punto focale emotivo e tematico dell’intera serie, a lungo preannunciato, è la morte di George Cooper Sr. Questa stagione affronta l’evento con una delicatezza sorprendente, evitando il melodramma per concentrarsi sull’impatto improvviso sulla famiglia. La gestione della perdita è rapida, fedele alla narrazione di TBBT che descriveva la morte del padre come un evento inatteso che Sheldon non aveva mai realmente elaborato. Le tematiche affrontate sono quelle universali del lutto, della memoria e della crescita forzata. L’episodio dedicato al funerale funge da catarsi non solo per i personaggi, ma anche per lo spettatore, chiudendo il conto con l’ombra della figura paterna che, in Young Sheldon, era stata dipinta in una luce molto più affettuosa e complessa di quanto suggerito dal racconto di Sheldon adulto. Si percepisce, in questa conclusione, la solitudine del giovane genio. Un sentimento che si riverbererà fino all’età adulta, quando in The Big Bang Theory confiderà a Howard dopo la perdita di sua madre:
“Quando mio padre è morto, ero solo. Tu hai i tuoi amici.”

Sheldon, Leonard, Penny e l’omaggio finale
Il valore intrinseco di questa stagione risiede nel suo ruolo di prequel definitivo. I parallelismi e le citazioni a The Big Bang Theory sono disseminati con chirurgica precisione. La preparazione per il trasferimento al Caltech e l’accettazione finale del mondo accademico sono gestiti come tappe essenziali. La scelta di far apparire gli attori originali, Jim Parsons (Sheldon) e Mayim Bialik (Amy), nel finale di serie non è un semplice fan service, ma un ristabilimento della coerenza narrativa, cementando la transizione del giovane Sheldon nel suo sé futuro. Il tocco finale è riservato al cimitero dove Sheldon osserva la tomba di George. L’omaggio al passato non si ferma qui: l’atmosfera finale suggerisce che il suo futuro sarà legato alla figura della sua vicina bionda (Penny), la cui influenza è palpabile anche senza la presenza di Kaley Cuoco. Inoltre, la scelta di chiamare il loro figlio Leonard è un omaggio chiave. Sebbene Sheldon lo giustifichi (nella terza stagione) con il nome dell’attore Leonard Nimoy, il gesto strizza l’occhio al suo migliore amico. Questo rafforza il ruolo cruciale che la “gang” di Pasadena avrà nella sua vita adulta.
Una conclusione coerente
Young Sheldon 7 riesce nel difficile compito di concludere una serie spin-off onorando sia la sua autonomia narrativa che il suo profondo legame con la serie madre, chiudendo l’arco di sette anni in modo soddisfacente. Pur essendo inevitabilmente più malinconica e drammatica delle precedenti, specialmente per come gestisce il lutto, la stagione mantiene l’intelligenza, l’arguzia e l’umorismo caloroso che l’hanno sempre contraddistinta, bilanciando perfettamente lacrime e risate. È una conclusione estremamente coerente che privilegia la chiusura emotiva dei personaggi sulla spettacolarità del finale, rispondendo a tutte le aspettative di continuità. Offre ai fan non solo un addio onorevole alla complessa figura di George Sr., ma anche un benvenuto finale al Dottor Sheldon Cooper, esattamente dove il canone richiedeva che fosse: all’inizio della sua leggenda e della sua vita adulta a Pasadena.