‘All the Walls Came Down’: il trailer del docu sull’incendio di Eaton
Il nuovo documentario di Ondi Timoner racconta la distruzione dell’Eaton Fire ad Altadena e la resilienza di una comunità segnata dalla catastrofe climatica.
Con All the Walls Came Down, Ondi Timoner non si limita a raccontare un dramma privato, ma offre uno sguardo potente sulle conseguenze dei cambiamenti climatici e sulla capacità di una comunità di reagire unita. Il 7 gennaio 2025 l’Eaton Fire ha devastato il quartiere di Altadena, a Los Angeles, riducendo in cenere migliaia di case ed edifici. Tra queste anche l’abitazione della pluripremiata regista Ondi Timoner e di suo fratello, il produttore David Timoner.
Da quell’esperienza nasce il documentario All the Walls Came Down, che intreccia la tragedia personale della cineasta con la storia di una comunità colpita in pieno da una catastrofe climatica.
Dal dolore alla resilienza: la genesi del film
Al momento del disastro, Ondi Timoner si trovava in Europa con la moglie, la compositrice Morgan Doctor, impegnata su un set cinematografico. Tornata a Los Angeles, dopo essersi riunita con la madre Lisa (salvata dall’incendio da David), la regista ha iniziato a filmare i resti di un quartiere distrutto e la forza dei suoi abitanti.
Il documentario mostra il difficile percorso di ricostruzione e la solidarietà della comunità, guidata dall’attivista Heavenly Hughes e dall’associazione My TRIBE Rise. Come recita la sinossi: “La comunità, legata dal fuoco, è determinata a proteggere se stessa e a resistere al rischio di essere cancellata dall’unico luogo che abbia mai chiamato casa.”
Uscita e prime proiezioni di All the Walls Came Down
Il film ha debuttato in anteprima al Telluride Film Festival, ricevendo grande attenzione da pubblico e critica. Da questa settimana è in sala al Laemmle Glendale, a pochi chilometri da Altadena, dove le proiezioni risultano già sold out fino a lunedì.
Ondi Timoner e parte del cast saranno presenti per Q&A con il pubblico dal 12 al 15 settembre, offrendo uno spazio di confronto diretto sulle tematiche del film. La regista ha definito il progetto “una storia intensamente personale di perdita, ma anche un racconto di resilienza collettiva”. In un’intervista a Deadline, ha aggiunto: “È stato inquietante tornare ad Altadena per girare questo film, ma anche incoraggiante. Abbiamo capito che, come artisti, potevamo creare qualcosa nonostante la distruzione. E purtroppo, non saremo gli ultimi rifugiati climatici: questa è solo l’inizio dello sgretolamento del pianeta.”