Basta un nome a Leonardo Di Costanzo per riassumere, senza dare giudizi, una vicenda ispirata a fatti realmente accaduti, seguendo gli studi dei criminologi Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali.
Si intitola, infatti, Elisa il film con protagonista Barbara Ronchi e diretto da Leonardo Di Costanzo in concorso nell’edizione 82 della Mostra del cinema di Venezia.
Prodotto da Tempesta, Amka Films Productions, Rai Cinema, RSI Radiotelevisione Svizzera, Elisa è distribuito da 01 Distribution.
La sinossi di Elisa di Leonardo Di Costanzo
Elisa, trentacinque anni, è in carcere da dieci, condannata per avere ucciso la sorella maggiore e averne bruciato il cadavere, senza motivi apparenti. Sostiene di ricordare poco o niente del delitto, come se avesse alzato un velo di silenzio tra sé e il passato. Ma quando decide di incontrare il criminologo Alaoui e partecipare alle sue ricerche, in un dialogo teso e inesorabile i ricordi iniziano a prendere forma, e nel dolore di accettare fino in fondo la sua colpa Elisa intravede, forse, il primo passo di una possibile redenzione. (Fonte: La Biennale)
La recensione di Elisa di Leonardo Di Costanzo
La responsabilità del colpevole va cercata nella sua umanità.
È questo l’insegnamento che, dopo i primi minuti, viene fuori dal film di Di Costanzo. Una panoramica prima su un parco semi innevato, poi su una strada che si interseca e, infine, un interno molto più buio e cupo rispetto all’esterno. Si tratta di un’aula nella quale il prof. Alaoui sta tenendo una interessante conferenza che vede coinvolta un fitto pubblico suddiviso in studiosi e/o interessati alla materia e donne che si scopre, solo al termine della lezione, essere delle detenute all’interno di una particolare struttura di sicurezza che dà maggiore libertà personale rispetto a un comune carcere.
Sono, quindi, sufficienti le prime immagini per comprendere l’intento di Leonardo Di Costanzo per il suo Elisa: concentrarsi ancora una volta sul tema del carcere e su tutto ciò che ne deriva ponendo l’accento, però, sulle motivazioni che spingono, in questo caso, la responsabile ad agire e successivamente a comportarsi in un certo modo.
Un vero thriller?
Se l’inizio fa ben comprendere la differenza tra libertà e oppressione, con l’illusione che ciò che si vede sia quanto di più ameno possibile, rivelandosi, invece, un’ulteriore prigione, esso dà anche un fondamentale contributo a comprendere il punto di vista dell’intera vicenda. Ciò che tenta di spiegare il prof. Alaoui nella sua conferenza è poi ciò che si vedrà all’interno del film, nello sviluppo della narrazione, soprattutto per come essa viene costruita dal regista che la dipana a suo piacimento, ponendoci di fronte al fatto compiuto e andando a ritroso nel tempo.
Tutto doveva essere perfetto.
Questa sembra una delle tante frasi che innescano la reazione di una Barbara Ronchi nel ruolo della glaciale Elisa a compiere il fatto, come lo definisce lei stessa. Con pochi dialoghi e molta introspezione veniamo assorbiti dalla sua storia, da come abbia pensato di agire e da come le conseguenze abbiano coinvolto non soltanto lei, ma anche le persone che le ruotano attorno, una su tutte il devoto padre. Nella sua mente tutto doveva essere perfetto, ma di una perfezione che poteva concepire probabilmente solo lei. Una perfezione talmente alta da non farla riuscire nemmeno ad esprimersi se non con l’ausilio della scrittura. E una perfezione che non sempre risulta di facile comprensione nemmeno allo spettatore che talvolta sembra perdersi nell’apparente immensità del parco innevato che circonda la prigione e che sembra non avere dei limiti e dei confini, così come le numerose porte fisiche e astratte che vengono aperte e poi solo socchiuse.
Elisa di Leonardo Di Costanzo: una prigione nella prigione
Da sempre il regista ischitano ha posto la sua attenzione sul tema della prigionia, sotto diversi aspetti. Qui, ancora più del solito, siamo di fronte a una continua reclusione, una prigione nella prigione. Esplicative in tal senso tutte le scene nelle quali il volto della protagonista si riflette sulle superfici a disposizione, siano esse uno specchio o il bancone del bar dal quale serve la colazione e un caffè alle altre detenute o alle guardie.
Questo pone l’accento sul suo non essere in pace con sé stessa, sul suo vedersi non in maniera chiara, come le ripete più volte e in più occasioni il professore, interpretato da Roschdy Zem.
A volte le parole non esistono. Restano solo i fatti.
O i film, come nel caso di Elisa di Leonardo Di Costanzo.
Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli