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Biennale del Cinema di Venezia

‘After the Hunt’: il denso thriller accademico che ha diviso Venezia

Luca Guadagnino costruisce un’opera volutamente ostile, sia formalmente che tematicamente, che trova la sua ragione di esistere nella capacità di suscitare scomode riflessioni su uno degli argomenti più spinosi e attuali del nostro tempo

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Con il suo ultimo film, presentato fuori concorso all’82esima edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Luca Guadagnino sembra aver messo tutta la sua esperienza al servizio di una causa necessaria. After the Hunt sfocia quasi nell’attivismo cinematografico, ma lo fa seguendo una prospettiva universale che tiene conto di tutti i diversi punti di vista in gioco.

La decisone di non competere per il Leone d’oro sembra unicamente responsabilità di Amazon, distributori della pellicola, ma ha comunque aperto uno spiraglio per le speculazioni sulla presunta carenza di qualità del prodotto. Se inizialmente ci si aspettava un responso variegato, proprio in virtù di quanto sia difficile (se non direttamente impossibile) incontrare l’approvazione di tutti quando si gioca sul tema del consenso, le prime recensioni del pubblico davano l’impressione che Guadagnino avesse fatto breccia ancora una volta nel cuore dei cinefili. L’arrivo dei numeri ufficiali da parte della critica ha però messo il risultato sotto una luce diversa; After the Hunt ha debuttato con una deludente media del 43% su Rotten Tomatoes e con un punteggio di 55/100 su Metacritic.

Nel bene o nel male, siamo di fronte a uno dei titoli più importanti di questa edizione, un trattato cinematografico che sfocia quasi nell’attivismo, e che è destinato a diventare uno dei progetti più chiacchierati di un regista che già non faticava ad attirare su di sé i riflettori.

After the Hunt: la trama

Una stimata professoressa universitaria di Yale, in lizza per venire promossa a preside dell’istituto, si ritrova improvvisamente intrappolata in un abisso personale e professionale quando una studentessa modello, interpretata da Ayo Edebiri, muove un’accusa di molestie contro Hank, uno dei suoi colleghi (Andrew Garfield).

A interpretare Alma Imhoff, la glaciale professoressa di filosofia in questione, è una Julia Roberts in stato di grazia, che è riuscita nell’ardua impresa di rimanere incolume dalle critiche nonostante le recensioni contrastanti del film. Roberts è il pilastro di questa discesa nei gironi infernali del me-too, ed è già quotata l’opinione che si tratti della migliore interpretazione della sua carriera.

Viviamo le vicende attraverso i suoi occhi. Ma allo stesso tempo è un personaggio che nasconde dei segreti, impenetrabile persino per gli spettatori che la accompagnano nell’intimità delle mura domestiche. Il suo crollo emotivo è inesorabile ma duro a palesarsi, trattandosi di una donna forgiata da un mondo di uomini dove è sempre stata guardata dall’alto in basso. Quando Alma affronta dolori o delusioni, la fisionomia di Julia Roberts si abbandona a una trasformazione impercettibilmente agonizzante, difficile da sostenere con lo sguardo, che si contrappone ai momenti in cui esercita brillantemente il suo acume, quando al contrario sembra impossibile immaginarla vulnerabile.

Uno scontro multi-generazionale che si consuma nell’alta borghesia

L’ambientazione accademica è terreno fertile per arricchire i dialoghi con un’alta dose di complessi di superiorità e voli pindarici di stampo intellettuale, ma soprattutto offre a Guadagnino l’occasione di agganciare alle sue tesi anche una critica tagliente all’ alta borghesia. Maggie, la protetta di Alma che più avanti denuncerà Garfield, è infatti figlia di ricchi benefattori che contribuiscono con donazioni ingenti alla causa di Yale. Ma, nonostante questo,  rinnega la bambagia di cui è circondata, preferendo ostentare gli ostacoli artificiali che si costruisce da sola intorno.

A differenza di Alma, Maggie crollerà alla prima reale difficoltà, portando tutti con sé. Ed ecco che questo elemento diventa il nucleo di un discorso più attuale che mai nella società dei nostri giorni; è giusto che i giovani pretendano sempre di sentirsi a proprio agio? Hank, Alma e Maggie; tre generazioni diverse abituate a giocare ad armi pari sulle dissertazioni scolastiche, che ora si scontrano all’ultimo sangue su un campo di battaglia dove la verità non è l’unica cosa che conta.

Quando le domande sono più importanti delle risposte

Se inizialmente sembra quasi che Guadagnino si sia lanciato in una critica alla suscettibilità della generazione Z, presto è chiaro che ne ha per tutti. Fatta eccezione per il marito di Alma, costretto ad assorbire il contraccolpo che il passato della moglie ha trasferito sul loro matrimonio, in After the Hunt non esistono personaggi positivi. La verità è una realtà ingannevole, e presto ci si vede costretti a rivalutare le proprie sensazioni iniziali a seguito di ulteriori sviluppi.

È proprio in questa remissività a concedere risposte che risiede la genialità di After the Hunt, la cui sceneggiatura rappresenta il primo lavoro sul fronte della scrittura di Nora Garrett.

Si tratta di una decisione ammirevole che aiuta il pubblico a vivere con sincerità lo stesso dubbio di Alma, dilaniata tra due persone a cui tiene profondamente e che ora si ritrovano improvvisamente ai lati opposti di un conflitto.

Eppure, per quanto il film remi per allontanarsi da questo scenario, sullo schermo non ci appare sempre tutto genuino. I dialoghi eccessivamente pretenziosi, carichi di pomposo gergo filosofico e argomentazioni involute, hanno l’effetto di far sembrare i personaggi la parodia del soffocante (e in teoria stimolante) mondo accademico, invece che una sua rappresentazione realistica.

Il film sa di camminare su questa linea sottile, e lo dimostra con sporadici segnali di ironia (“Possiamo smettere di essere intelligenti per un secondo?” dice Maggie ad Alma durante una discussione.). Unendo la consapevolezza del prodotto alla maestria di Guadagnino, alla magistrale e opprimente colonna sonora di Trent Reznor e Atticus Ross e alle sorprendenti prove attoriali, After the Hunt riesce comunque ad attirare con successo il pubblico in una trappola alienante. Sarà impossibile uscirne senza il desiderio di confronto.

After the Hunt

  • Anno: 2025
  • Durata: 134 minuti
  • Genere: Drama
  • Nazionalita: Italia, Stati Uniti
  • Regia: Luca Guadagnino